È innegabile che il primo The Division non fosse partito esattamente con il piede giusto. La nuova IP di Ubisoft all’inizio stupì i giocatori con un’ambientazione incredibile ed un sistema di gioco che metteva in competizione i giocatori con uno dei più brutali e scoraggianti PVP mai congeniati, salvo poi lasciare molto a desiderare nell’Endgame, fulcro di ogni MMO che si rispetti. Anni e svariati DLC dopo, la creatura di Massive è riuscita a stabilizzarsi e a guadagnare una discreta fetta d’utenza grazie ai tantissimi feedback della comunità, fino a ad approdare all’inevitabile seguito, uscito la scorsa settimana su tutte le piattaforme. The Division 2 raccoglie l’eredità del suo predecessore ma lo fa con una risoluzione invidiabile, entrando di diritto nell’olimpo dei migliori sequel finora realizzati, trasformando un tiepido MMO in qualcosa che possa effettivamente durare per tantissimi anni a venire. Parole esagerate? Forse, però tutte con un fondamento, soprattutto a fronte delle ore passate a macinare proiettili su proiettili in una Washington post apocalittica che se inizialmente ci aveva lascito indifferenti, successivamente ci ha letteralmente stregato. Ma cerchiamo di saltare qualsiasi tipo di introduzione e dedichiamoci direttamente a quello che è il gioco, data la mole di cose da dire, al netto di quanto abbiamo assaporato.
Il virus era solo l’inizio
The Division 2 parte esattamente dove ci eravamo lascia: New York è collassata a causa del virus del Venerdì Nero, un’infezione geneticamente modificata del vaiolo, che in pochissimo tempo si è estesa a tutto il mondo, devastando la civiltà così come la conoscevamo. I pochi sopravvissuti sono protetti non senza fatica dai coraggiosi membri della Divisione, una task force di agenti speciali super addestrati che entrano in azione quando la civiltà collassa. Mesi dopo l’infezione, New York non esiste più, ma i superstiti sono riusciti a trovare una flebile pace nell’inverno senza fine della costa orientale americana. Tutto procedeva abbastanza liscio finché un attacco improvviso non fa collassare la rete Shade, il network che mette in comunicazione e rende operativi di fatto gli agenti della Divisione, accompagnato da una richiesta di soccorso inviata da Washington DC, la capitale degli stati uniti d’America, pesantemente sotto assedio da parte di forze sconosciute e bande sanguinarie che hanno preso il potere dopo l’epidemia. È qui che entra in azione il nostro agente, inviato in fretta e furia a Washington per scoprire cosa stia effettivamente provocando l’attacco EMP e perché la capitale ha così bisogno d’aiuto. Con questo incipit si srotola poi la matassa che è la trama di The Division 2, mutuata con una copia ed incolla da quello che è il primo capitolo e che non riesce ad offrire nulla di più che un pretesto flebile per sparare e lootare qualsiasi cosa sia presente sulla mappa. Le missioni sono banali, le storie di tutti quelli che incontreremo sanno di già visto e nulla potrà letteralmente stupirvi. Non che sperassimo al miracolo chiaramente, ma di certo un po’ di verve non avrebbe guastato. Poco male, perché la narrazione passiva risulta comunque molto più interessante di quella attiva, con tantissimi collezionabili, audiolog e i vari ECHO sparsi per il mondo di gioco che risultano decisamente più interessanti della trama stessa. Se pensate di scegliere The Division 2 per la sua narrativa, orientatevi decisamente su qualcosa di diverso.
Mad Max DC Road
Questa premessa non risulta certo molto incoraggiante, soprattutto in base a quanto scritto nell’introduzione. Abbiamo però voluto togliere subito di torno il punto più debole dell’intera produzione, per concentrarci invece su tutto il resto, nettamente superiore in termini qualitativi. The Division 2 parte dalla base solida del primo capito, ampliandolo a dismisura e consolidando quanto già visto in precedenza, soprattutto in base a due fattori fondamentali: il gameplay e le attività. Partendo da un semplice shooter in terza persona, arriviamo ad avere tra le mani uno sparatutto decisamente tattico ma al tempo stesso super adrenalinico, dove ogni singolo scontro sarà una costante lotta per la vita. Tutti, ma proprio tutti i combattimenti in The Division 2 richiederanno la massima concentrazione al giocatore, grazie all’introduzione di un’IA nettamente più aggressiva e ad alcune chicche ideate da Massive per tenere i giocatori sempre sul filo del rasoio. I nemici in campo saranno nettamente superiori numericamente, cambieranno spessissimo tattica e sono sempre aggressivissimi, facendovi adottar strategie sempre nuove evolvendo il combattimento in ogni frangente. Lo avevamo anticipato anche nella nostra anteprima di qualche settimana fa, Ubisoft ha spinto al massimo l’acceleratore sugli scontri a fuoco trasformando Washington in un vero e proprio campo di battaglia, con esplosioni, tempeste di proiettili e diavolerie elettroniche che pioveranno da ogni dove. Tutto questo si trasforma in un’esperienza incredibile per il giocatore, dove ogni esito non è assolutamente scontato. L’aumento degli effetti e dei nemici a schermo ha anche diminuito il TTK delle armi e dei nemici, annullando di fatto l’eccessiva resistenza dei soldati ai nostri colpi, uno dei difetti principali del primo The Division. Ottimo anche il gunplay, dove l’aumento delle bocche da fuoco è stato coadiuvato da un feeling maggiore su tutte le armi, ora davvero pesanti, sporche e in qualche modo, riconoscibili.
Endgame
L’altro aspetto incredibilmente curato è la quantità di attività che il giocatore sarà portato a svolgere, sia in termini di missioni che di endgame. Se infatti per arrivare al level cap saremo costretti a svolgere tutta una serie di missioni anche abbastanza banali, la qualità degli scontri e l’incredibile level design delle location rende tutto questo decisamente più appetibile. Ottima l’introduzione degli avamposti da conquistare, che diventano un antipasto prima dei raid veri e propri, le Roccaforti, tutte decisamente ostiche e soddisfacenti da completare. Qualsiasi cosa in The Division 2 vi fornirà loot, tanto che in pochissimo tempo avrete un quantitativo spropositato di oggetti da smaltire, tutti altamente personalizzabili e adattabili a qualsiasi build. Per quanto riguarda l’Endgame, Massive ha fatto le cose in grande: dopo aver raggiunto il level CAP e conquistato tutti i quartieri, il gioco si resetterà a causa dell’arrivo in città di una nuova fazione, I Black Tusk, decisamente più aggressivi e meglio equipaggiati rispetto ai nemici precedenti, che vi obbligheranno a riconquistare centimetro per centimetro la capitale USA. Se questo vi sembra un inutile orpello per allungare il brodo, sappiate che la qualità degli scontri e dei nemici è incredibile, tanto da spingervi a ricominciare nuovamente il gioco. Una volta completata per cinque volte la riconquista, si sbloccherà il raid finale, una delle sfide più incredibili a livello videoludico degli ultimi anni, quasi (ma solo quasi) a livello dei raid del signore degli MMO, World of Warcraft.
L’estetica del collasso
A livello tecnico, oltre alla già citata IA rinnovata, ci sentiamo di citare l’incredibile lavoro svolto sui particellari e sulla definizione dell’ambiente di gioco. In pieno stile Ubisoft, Washington DC rivive sui nostri schermi con un fascino post apocalittico decisamente intrigante, che fa superare dopo i primi minuti il distacco da New York, facendoci rimpiangere di non aver avuto prima la possibilità di visitare la Casa Bianca e tutti i sui altri spettacolari monumenti. Ogni dettaglio è fedele alla realtà, tanto da rasentare la perfezione, e tutto questo influisce ovviamente sul level design delle missioni, tanto da far dimenticare a volte l’eccessiva ripetitività di quello che si sta facendo. La nostra prova con Xbox One X e PC non ha evidenziato particolari problemi, se non fosse qualche leggero calo di frame rate su console e qualche bug/glitch non invalidante ma comunque fastidioso, nulla che una patch non possa risolvere. Ne evidenziamo comunque una stabilità invidiabile al netto della mole di oggetti, effetti e nemici portati a schermo, ma siamo comunque ben lontani dai picchi raggiunti da Anthem ad esempio.
Una menzione sulla Zona Nera non poteva mancare. Abbiamo bazzicato poco nell’area PvP per due motivi principali: il primo è che dovevamo portar a termine questa review cercando di ottenere il miglior equipaggiamento possibile in poco tempo, il secondo, strettamente interconnesso, è che la Dark Zone è ancora il posto più brutale e punitivo che possiate frequentare. Nonostante siano evidenti alcuni miglioramenti del matchmaking, viaggiare nella zona di quarantena vi lascia alla mercé di traditori, troll, giocatori senza scrupoli che per il loot farebbero qualsiasi cosa, con il solo risultato di avervi fatto perdere tempo e denaro in una caccia che si concluderà solo con una morte, la vostra. È questo il fascino e la dannazione della Zona Nera, ma che consigliamo comunque di provare, proprio per l’adrenalina che riesce a regalare.
PRO:
- Washignton DC incredibilmente affascinante
- Migliorato sotto quasi tutti gli aspetti
- Tantissime attività e un endgame degno di tale nome
- Gunplay eccellente
- Ottimo level design
CONTRO:
- Zona nera ancora sbilanciata
- Narrativamente inesistente
- Qualche bug qua e là
Versione disponibile: PC, Xbox One, PS4
Versione testata: PC, Xbox One X
Voto: 8.5