Respawn Entertainment è un team di sviluppo relativamente giovane ma che negli anni ha saputo dimostrare il proprio talento: dopo i due Titanfall, mai abbastanza apprezzati, ed un Apex Legends che ha saputo dire la sua nel panorama dei battle royale, al team degli ex-Infinity Ward Jason West e Vince Zampella è stato affidato un franchise spinoso da trattare come quello di Star Wars. Spinoso perché non solo il fandom di Guerre Stellari è estremamente esigente, ma anche e soprattutto perché il publisher (ovvero EA) aveva bisogno di ripulirsi dall’onta di Battlefront II, un gioco molto criticato per l’invasiva presenza di lootboxes che hanno pesantemente minato il gameplay del gioco. Messo quindi al lavoro su un gioco action game unicamente single-player, lo studio californiano ha prodotto Star Wars Jedi: Fallen Order, ovvero quello che dovrebbe essere il titolo destinato a riportare l’equilibrio nella Forza: nella nostra recensione vedremo se il talentuoso team sarà riuscito nel suo intento
Provare no. Fare o non fare, non c’è provare.
Vorrei partire parlando della caratteristica che più mi ha entusiasmato di Star Wars Jedi: Fallen Order, ovvero il gameplay, ma per farlo dovrei prima fornire un minimo di contesto narrativo: nel gioco impersoniamo Cal Ketsis, un sensibile alla Forza allevato dai Jedi e scampato all’Epurazione voluta dall’Imperatore Palpatine. Il gioco si ambienta cinque anni dopo l’Ordine 66 ed il protagonista ha trascorso questo lasso di tempo nascondendosi sul pianeta Bracca per sfuggire agli Inquisitori Imperiali, dei sensibili alla Forza alle dipendenze di Darth Vader (o Fener se siete fedeli al primo adattamento italiano) addestrati per scovare ed uccidere i Jedi sfuggiti all’epurazione. Cal non ha mai completato il suo percorso di addestramento, pertanto di fatto egli è un Padawan, un aspirante Jedi che però non ha ancora padroneggiato tutte le discipline che si confanno ad un cavaliere Jedi. Questa scelta nella creazione del background del personaggio si amalgama perfettamente con le fasi di combattimento del gioco e lo sviluppo di nuove abilità si lega con il percorso di crescita interiore che Cal percorrerà durante l’arco narrativo di Star Wars Jedi: Fallen Order. Partiamo dal principio: Star Wars Jedi è un action game che prende largamente ispirazione dall’attuale mercato di giochi appartenenti a questo genere e sin da subito possiamo distinguere il gameplay in due fasi e le relative ispirazioni; da una parte abbiamo delle sezioni marcatamente platform che richiamano alla mente del giocatore gli Uncharted di Naughty Dog ma ancora di più la trilogia reboot di Tomb Raider di Crystal Dynamics, dall’altra gli immancabili richiami alle meccaniche dei souls-like durante i combattimenti. La componente platform pervade gran parte dell’esplorazione dei diversi pianeti che potremo visitare man mano che avanziamo nel gioco: i livelli sono strutturati come dei corridoi che si aprono in aree più estese, con bivi e zone segrete che cercano di mascherare la linearità intrinseca del gioco, in maniera anche piuttosto ben riuscita. Il platforming si basa su meccaniche provenienti dalle già citate fonti di ispirazione: arrampicate, salti, oscillazioni con la corda, spostamenti lungo funi tese; tutti elementi che paiono estremamente familiari ma che in Star Wars Jedi: Fallen Order sono eseguiti con una fluidità invidiabile e che possono essere inanellati per permetterci di coprire ampie zone della mappa in poco tempo. Vi è anche del backtracking, legato perlopiù ad aree contenenti collezionabili alle quali si potrà accedere solo una volta ottenuta una determinata abilità Jedi sopita. Se proprio vogliamo trovare un difetto nelle fasi platform di questo titolo, è da ricondursi nella spettacolarizzazione di alcune arrampicate che però non corrispondono ad una reale situazione di pericolo per il giocatore; nelle scene in cui Cal si arrampica su sostegni non stabili come nella scena del treno ad inizio film (perché se un gioco si ispira ad Uncharted il livello sul treno in corsa non può mancare) essi sono scriptati per “saltare via” poco dopo aver afferrato il sostegno successivo di fatto non portando quasi mai ad una caduta libera nel vuoto ed anche se essa dovesse avvenire non sarà un problema dato che in pochissimi secondi Cal verrà riportato al checkpoint più vicino dopo aver subito un danno irrisorio. La morte intesa come il Game Over non è quasi mai contemplata nelle parti platform di Star Wars Jedi: Fallen Order, facendo perdere quel brivido che si prova quando un salto che sembrava destinato a farci precipitare rovinosamente viene corretto all’ultimo centesimo di secondo permettendoci di arrivare sani e salvi alla meta. Tutt’altro discorso per quanto riguarda il combattimento: trattandosi di un Padawan, nei primi livelli di gioco Cal accusa anche i colpi dei blaster degli assaltatori più comuni e, a meno che non scegliate la modalità più facile, un paio di distrazioni di troppo sono sufficienti per arrivare velocemente al game over. Chi ha giocato a Sekiro noterà una certa affinità con Star Wars Jedi: Fallen Order, sebbene il titolo di Respawn Entertainment non mostri lo stesso dettaglio nella realizzazione del combat system del gioco di From Software: Cal non è lo Starkiller de Il Potere della Forza e non può andare in giro a falciare con la sua spada laser tutto ciò che incontra sprezzante del pericolo, ma deve studiare l’avversario, comprendere quando esso apre uno spiraglio nella sua difesa per poterlo colpire nel momento opportuno, saper gestire gli attacchi multipli provenienti da più fronti. Parata, schivata e soprattutto contrattacco saranno elementi che dovranno essere per forza padroneggiati per poter proseguire nell’avventura: il livello di difficoltà influisce non solo sull’ammontare di danni ricevuti ad ogni colpo subito e sull’aggressività dei nemici, ma anche sull’intervallo di tempo entro il quale dovremo attivare la parata per poter eseguire un contrattacco e vi posso garantire che l’impegno necessario non ha nulla da invidiare a quello di altri souls-like. Altri elementi in comune con i giochi di From Software è la presenza di punti di meditazione che fungono da punto di salvataggio e, se attivati, innescano il respawn dei nemici sconfitti, l’impossibilità di autorigenerare la propria salute che potrà essere curata solo ai punti di meditazione e tramite le fiaschette di Estus gli stimpack custoditi dal nostro fido aiutante, il robottino BD-1. Star Wars Jedi: Fallen Order presenta qualche caratteristica da gioco. Presenta una caratteristica da gioco di ruolo che però ormai ritroviamo nella maggior parte degli action game, ovvero lo skill tree che potrà progredire quando avremo ottenuto abbastanza esperienza per sbloccare punti esperienza, ma in caso di game over perderemo tutta l’esperienza accumulata e non spesa e dovremo tornare dal nemico che ci ha sconfitto e colpirlo (basta un singolo attacco, non serve sconfiggerlo) per poter recuperare ciò che avevamo smarrito. Un po’ come in Sekiro. Insomma, avrete capito che Star Wars Jedi: Fallen Order in termini assoluti non introduce nulla di nuovo nell’attuale mercato, ma come già dissi per Days Gone, spesso il gioco è più della somma delle sue parti e la commistione di più elementi presi da altri titoli non è necessariamente qualcosa di negativo se il mix derivante è ben realizzato e bilanciato.
Solo un Sith vive di assoluti.
Ciò che c’è di negativo in Star Wars Jedi: Fallen Order (o comunque di meno entusiasmante) ve lo spiego adesso, parlando della storia: abbiamo detto che Cal è un Padawan sfuggito all’Epurazione Jedi che per anni non ha usato la Forza per poter non essere individuato dagli Inquisitori. Per salvare la vita ad un suo collega ed amico, Cal utilizza le sue abilità Jedi, ma ciò mette la Seconda Sorella dell’ordine Inquisitorius sulle tracce del Padawan: Cal sarà tratto in salvo da Cere Junda, una ex-componente dell’Ordine Jedi che a seguito di un evento che l’ha scossa nel profondo (e che scopriremo nel corso dell’avventura) ha deciso di chiudersi alla Forza ed ora è alla ricerca di un sensibile alla Forza al quale chiedere aiuto per trovare l’Olocrone nascosto dal suo maestro Eno Cordova contenente una lista di Jedi sopravvissuti e poter rifondare l’Ordine distrutto dall’Impero. Il compito di Respawn Entertainment è stato quello di creare una storia coerente con l’universo di Star Wars (vi ricordo che la trama di questo gioco è da considerarsi canonica), ma la sensazione che ho provato è stata quella di avere a che fare con un gioco che, pur di soddisfare a tutti i costi le richieste di Disney sulla scrittura della trama per poterla renderla aderente al canon, abbia sacrificato una scrittura soddisfacente e d’intrattenimento, specie quando a giocarlo non è un fan accanito interessato alla suddetta aderenza al canon. Il risultato finale è una trama che, ad eccezione di qualche momento azzeccato, si dimentica del suo ruolo primario ovvero quello di emozionare e di fungere da sprono per il giocatore nel prosieguo dell’avventura e si focalizza sul mostrare personaggi e riferimenti provenienti dai film di Star Wars ai quali si rifà il gioco, in particolare Rogue One. La narrazione è debole, in alcuni frangenti quasi superflua e la caratterizzazione dei personaggi non è particolarmente brillante né come scrittura e dialoghi né come character design: di fatto l’unico personaggio che centra il punto al primo sguardo è BD-1, l’adorabile robottino compagno di viaggio di Cal che ispira simpatia sin dal primo incontro. Altalenante anche la realizzazione complessiva del gioco: dal lato artistico Star Wars Jedi: Fallen Order mostra bellissimo scorci e scenari che riescono ad evocare le atmosfere dei film, accompagnando il tutto con musiche che calcano le magnifiche orchestrali composte da John Williams per gli episodio cinematografici. Dal lato tecnico invece il gioco presenta diversi bug e glitch che avremmo preferito non vedere in una produzione del genere: durante la prova non ho mai incontrato nulla di particolarmente grave come i game-breaking bug che costringono il giocatore a ricominciare l’avventura, ma non è stato difficile imbattermi con hit-box delle piattaforme non perfette, compenetrazione dei modelli ed una concatenazione delle animazioni dei diversi attacchi tutt’altro che fluida. Poco convincente anche il doppiaggio italiano, caratterizzato da un’interpretazione appena passabile dei personaggi principali e da dimenticare per gli NPC secondari, capaci di far rimpiangere il famigerato “No” di Darth Vader di Episodio III.
PRO
- L’art direction e la colonna sonora evocano le atmosfere dei film
- Combat system solido e impegnativo
- Fasi platform e level design ottimamente curati
- Sfrutta a dovere la licenza di Star Wars
CONTRO
- Narrativa debole e trama poco interessante
- Notevole presenza di glitch e bug di varia entità
- Il doppiaggio italiano è appena sufficiente
Versione provata: PlayStation 4 Pro
Versioni disponibili: PlayStation, Xbox, PC