All’inizio avevamo parlato di Song of Horror in una nostra precedente recensione come un gioco di nicchia, in netto miglioramento nel tempo, episodico ovvero “a capitoli” come dice la parola. Soverchiati da innumerevoli altri giochi dallo stesso format, alcuni che funzionavano (The Long Dark) e altri no (Life is Strange 2), avevamo messo da parte le scommesse a proposito del futuro di questa saga che comunque, con la sua complessità negli enigmi e la sua varietà tra personaggi e ambientazioni attirava e, nel giro di poco, acquisiva sempre più seguito. Ma adesso che finalmente è uscito il quinto e ultimo capitolo del gioco, spostato da marzo a maggio a causa di forze maggiori, e Song of Horror Complete Edition è tra le nostre mani posso dirlo: lo aspettavo con ansia. Anzi, a dire il vero non vedevo l’ora di averlo tra le mani per vedere cosa sarebbe successo davvero.
Chi dice che gli episodici hanno fallito non ha capito una cippa.
Song of Horror episode 1 e 2 avevano costruito un’atmosfera unica, prendendosi il tempo necessario ad elaborare la trama. La ricordiamo per gli smemorati, senza andare troppo nello specifico: il famoso scrittore Sebastian P. Husher è scomparso assieme a tutta la sua famiglia, e preoccupato dalla sua assenza il suo editore manda il povero Daniel, classico assistente con più sfortuna che anima, che in tre giorni non si fa vivo. Gli amici e conoscenti di Daniel ovviamente un po’ si allarmano e vanno a cercarlo nella villa: il povero Daniel è vivo ma un’entità senza nome che viene chiamata “la Presenza” abita la casa ed ogni posto da cui sembra sia passato uno strano carillon. Da qui in avanti, negli episodi 3, 4 e 5 o nel nostro caso in Song of Horror Complete Edition, visiteremo a ritroso i vari ambienti in cui anche il carillon è passato, lasciando segni più che visibili: sparizioni, fantasmi, ombre che ci inseguono e questa Presenza oscura che continuerà a perseguitare ognuno dei personaggi con cui proseguiremo, nel caso di Daniel anche di più. Con ogni personaggio si può morire, e la morte con Daniel (che è il protagonista) termina il capitolo facendolo riniziare da capo, ma attenzione attenzione, sono state introdotte delle modifiche nella versione completa rispetto agli episodi a sè stanti: una modalità “facile” pensata per quel permadeath che a qualcuno dava tanto fastidio ma che, effettivamente, faceva parte della struttura del gioco. Niente più scarto dei personaggi quindi; una volta morti si potrà ricaricare dall’ultimo salvataggio e finalmente scampare alla morte, ancora e ancora, con qualsiasi personaggio ci abbia particolarmente intrigato. Un’introduzione che rende solo più piacevole il gioco senza nulla togliere agli appassionati che non vorranno perdere la possibilità di esplorare la rosa dei personaggi a disposizione ed i loro differenti punti di vista davanti alle strane cose che succedono nell’ombra.
Il gradino più alto
Dopo la villa e il negozio di antichità di Farber, Song of Horror Complete Edition ci mette a disposizione il resto delle ambientazioni dei vari capitoli, tra cui la tanto agognata ambientazione finale. Avremo quindi la possibilità di visitare un istituto universitario in cui sembra lavorasse Husher; un’antico monastero avvolto nel mistero di un incidente d’orchestra e infine un manicomio. Avremo come sempre a disposizione tutte le dinamiche che Song of Horror ci ha offerto fin’ora: oggetti monouso che aiuteranno a calmare i personaggi e limitare gli attacchi della Presenza, enigmi ben congeniati che ci faranno andare un po’ ovunque e lavorare parecchio col cervello, piccoli quick-time event sempre più spaventosi e ansiogeni e, nel caso decideste per la versione a difficoltà normale della partita, una piccola chicca: alcuni dei personaggi più legati tra loro, una volta ingoiati dall’ombra, appariranno randomicamente al nuovo personaggio come fantasmi all’oscuro del loro destino, consegnandoci i loro oggetti di conforto. Inoltre come sempre la ricchissima mappa, già molto chiara fin dal primo episodio, ci viene in soccorso in ogni punto del gioco, indicandoci porte chiuse senza chiave, porte chiuse a chiave (in caso di chiavi particolari, potrebbe anche suggerirci la forma di quale potrebbe funzionare), presenza di enigmi in una stanza o interruttori e perfino nascondigli che ci serviranno quando la Presenza deciderà di fare la sua comparsata infestando gli ambienti e tentando di prenderci per il rotto della cuffia. Oltre a questo, la dinamica delle porte rimane sempre la stessa: meno faremo rumore, meno l’ombra verrà a romperci le scatole, e se lo farà basterà poggiare l’orecchio alla porta per sentire oltre se c’è silenzio (oltre al battito del nostro cuore) ed è sicuro passare oppure se ci aspettano brutti scherzi. Non fidatevi di clangori, suoni di vento che passa ed altro: tutto è fatto per ingannare il giocatore inizialmente, battezzandolo virtualmente prima con le batoste e poi con le soddisfazioni. Se infatti è necessario procedere a rilento e meticolosamente nelle varie stanze per trovare e sbloccare anche l’impossibile, farcela a monte di enigmi molto cervellotici sarà una soddisfazione senza pari. E per gli amanti dell’horror un po’ più spinto? Anche noi avremo il contentino in questa nuova Complete Edition: niente jump-scare come vuole la tradizione (i quick-time bastano e avanzano a far saltare due reni e tre polmoni), ma piccole chicche non presenti nei singoli episodi. Il nostro personaggio difatti alle volte trasalirà per il freddo improvviso che l’ombra si porterà dietro, o il giocatore potrebbe vedere sullo sfondo presenze spiritiche improvvise come un monaco scheletrico che trascina con una catena un sacco un po’ troppo vivo, luci fatue. Personalmente la sorpresa più apprezzata è stata quella di risolvere un enigma, voltarmi tranquillamente per andare a far altro e vedere delle mani d’ombra ragnesche (tante mani d’ombra…) ritirarsi da dentro lo stipite della porta davanti alla luce della candela. Una cosa assolutamente innocua per il personaggio ma assolutamente divertente, innovativa e sopratutto, totalmente randomica! Si, queste cose succederanno su base regolare, senza programmazione, senza avvertimenti e senza passaggi scriptati, il tutto gestito dall’ottima AI che oltre a non mollare mai il colpo saprà adattarsi al nostro stile di gioco. Siete dei corridori casinari che vanno in giro col trombone spianato a suonare l’inno britannico? Vedrete come la Presenza vi concerà per le feste in continuazione.
Non c’è solo questo ovviamente. Nel corso degli episodi è stata sempre introdotta una meccanica nuova che si andava ad aggiungere ai quick-time precedenti, ogni volta sempre diversa e interessante: se nel primo episodio dovevamo semplicemente chiudere in faccia la porta all’ombra o nasconderci da essa, controllando il battito del nostro cuore con i trigger del pad a tempo (o con i tasti, nel caso di uso a tastiera), nel secondo avevamo in più la Presenza mummificata e orripilante, cieca, con cui trattenere il respiro sempre usando i due grilletti, cercando di riempire i bordi di un tondino che si ingrandisce o rimpicciolisce a tempo. Nel terzo si aggiunge la marea, un’orda di mani che tenteranno di farci affondare nel pavimento; nel quarto il requiem dove dovremo eliminare le ombre con l’aiuto del riflesso di uno specchio e nel quinto… no, non ve lo dirò ovviamente. Sappiate solo che queste cose si andranno a sommare in scene sempre più complesse e movimentate che ci faranno temere costantemente per la vita del nostro burattino preferito.
Convinto ha convinto, eccome
Si vede che i ragazzi della Protocol Games ci hanno preso la mano, perchè di capitolo in capitolo Song of Horror Complete Edition è andato migliorando, un passo alla volta, il linea con ogni uscita e l’esperienza che guadagnavano. Con Song of Horror Complete Edition i capitoli sono stati resi un po’ più uniformi tra loro, sebbene si veda ancora la sproporzione tra i dettagli del primo e dell’ultimo. L’Unreal Engine fa comunque un ottimo lavoro: dagli effetti luce al dettaglio degli ambienti, si arriva alla fine con qualità da vendere, modelli ben fatti e animazioni estremamente migliori rispetto alle precedenti. La prosgressiva esperienza si vede anche dal taglio degli ultimi episodi, decisamente più cinematografici e ricchi di cutscene in gioco, nonostante rimangano le introduzioni disegnate, ormai diventate un’impronta caratteristica e autoriale di questo gioco.
Dal punto di vista della responsività dei controlli, anche qui si è andati a crescere. Da tastiera rimane ancora ostico muovere correttamente i personaggi alle volte, ma non esistono più i limiti di responsività del primo episodio. Da pad, il tempo di reazione dei personaggi è praticamente immediato, i movimenti sono stati snelliti e resi più credibili e i quick-time events rispondono che è un piacere. Il sonoro rimane dall’inizio alla fine straordinario, tra momenti di silenzio-attesa, ma anche effetti aggiunti e credibili – il lieve picchiettare della pioggia, il k-way di Erica che fa un lieve “squek!” ogni volta che ci appoggiamo ad una porta, facendoci prendere un infarto o due, i passi pesanti di Daniel mentre cammina nel corridoio, il “toc” dei tacchi di Sophie sul legno – ben pensati. Persino lo scheletrino con la catena faceva effettivamente venire una certa strizza grazie al rumore secco della catena trascinata sul selciato e al lieve tintinnio delle ossa traballanti, per non parlare di porte che sbattono all’improvviso, delle urla di un trapassato bruciato in un forno (ancora solo un fantasma innocuo, ma pur sempre una chicca) con tanto di scena del fornelletto che si chiude di scatto, della superfice che si scalda, delle fiamme e delle scintille che si sprigionano e delle urla agghiaccianti che ne escono per pochi secondi. Poi il silenzio. Ancora una volta i dialoghi sono ben azzeccati, vari e ben interpretati dai vari personaggi, sopratutto dal nostro Daniel che ci suggerisce sempre più pesantemente la gravità della situazione e la sua paura. Un vero peccato che al titolo manchi la localizzazione italiana; tuttavia a quanti vorranno comunque goderselo in inglese il mio consiglio è di provarci in quanto i termini usati sono stati largamente corretti e semplificati per un’utenza più ampia e per una fruizione più semplice e immediata degli enigmi.
La recensione in breve
Se l'episodio due alzava leggermente l'asticella, il resto di Song of Horror Complete Edition è un incalzare continuo per vedere fin dove si andrà a parare, con una curiosità che non lascia spazio a nient'altro. Avrete voglia di giocarlo e rigiocarlo, di provare tutti i personaggi in tutte le salse e vedere tutte le morti più fantasiose e violente. Unica pecca potrebbe essere il finale, che lascio comunque al vostro giudizio: in qualsiasi modo la pensiate, sappiate che il viaggio vale da solo tutto il prezzo del gioco. Quello che all'inizio era un timido, piccolo approccio al genere horror si è evoluto dal niente in un lavoro godibile e affascinante che non ha bisogno dell'attrattiva dei titoli da tripla A per attirare l'attenzione.
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Voto Game-Experience