Avete presente Dark Souls? La serie di giochi che ha realizzato From Software e che ha riscosso un non indifferente successo negli ultimi anni? Ecco, questo articolo non è una recensione di un gioco appartenete a questa saga, come deducibile dal titolo. Mi rendo conto però che parlare di Salt and Sanctuary senza chiamare in causa l’universo creato da Hidetaka Miyazaki sia virtualmente impossibile o comunque sarebbe da ipocriti far finta che i giochi di From Software non abbiano influenzato il lavoro degli Ska Studios, il team che ha posto la sua firma su questo gioco. Tuttavia il web ha dato una notevole risonanza mediatica a questo titolo (anche per via delle goliardiche traduzioni in italiano maccheronico delle quali parlerò più avanti) e molto spesso l’appellativo più comune riferito a Salt and Sanctuary era quello che lo voleva semplicemente come “un Dark Souls in 2D”, ma tale espressione denota un’analisi del gioco molto riduttiva. In questa recensione cercheremo di dissipare questa nebbia di superficialità e tireremo fuori tutto quello che rende Salt and Sanctuary non un semplice soulslike.
Che vuol ch’io faccia del suo Google Translate?
Come detto poco fa nell’incipit, sarebbe poco professionale parlare di Salt and Sanctuary senza mettere in luce le analogie con Dark Souls: il lavoro fatto da From Software è stato talmente importante per il panorama videoludico e talmente apprezzato dalla comunity da aver delineato nel tempo alcune caratteristiche peculiari dei suoi giochi tali da creare un vero e proprio sottogenere dell’action RPG e tutti i giochi che fanno proprie queste caratteristiche sono definiti soulslike. Salt and Sanctuary appartiene a questo sottogenere e lo si può notare sin dai primi minuti nei quali ci verrà introdotta la trama di fondo del gioco: dopo aver creato il nostro personaggio tramite editor, dotato di poche scelte estetiche ma di un buon numero di classi, ci risveglieremo su una nave che sta compiendo una traversata con l’obiettivo di portare la principessa della nostra nazione dal principe di uno stato rivale per sugellare con il matrimonio dei due promessi un periodo di pace fra i due popoli, ma l’imbarcazione sarà attaccata da diverse entità celate nell’ombra prima che possiate arrivare a destinazione. Gli sforzi che compieremo per sconfiggere le figure misteriose saranno vanificati dalla presenza di un enorme mostro sul ponte della nave che con pochi colpi ci farà perdere i sensi (qualcuno ha detto Demon’s Souls?) e ci risveglieremo naufraghi su un’isola misteriosa. Senza altre indicazioni sul nostro obiettivo, ci ritroveremo a vagare per lugubri luoghi infestati da creature non morte e l’unico modo che avremo per sapere cosa stia accadendo intorno a noi consiste nel comprendere i misteriosi messaggi sparsi per i livelli e racchiusi all’interno di bottiglie.
Tutti i messaggi ed i (pochi) dialoghi del gioco saranno in lingua inglese. No, non è vero, stavo semplicemente cercando di dimenticare della presenza di una localizzazione in italiano. I due membri di Ska Studios (sì, due) hanno infatti voluto tradurre i testi del gioco in diverse lingue, ma a causa del budget limitato pare che lo studio abbia deciso di affidare il lavoro di traduzione a Google Translate. Faticherete a comprendere quel poco di trama presente, così come la descrizione delle varie abilità ed i messaggi in bottigila: vi consigliamo vivamente di selezionare la lingua anglosassone a meno che non siate degli amanti del trash e vi entusiasmiate nella lettura di frasi come “In mancanza di questa missione sarebbe sicuramente ci immergersi in giorni più scuri”.
Quando Dracula si trasferì a Lordran
Una volta immersi nell’oscuro mondo di Salt and Sanctuary ci renderemo conto dell’ottima fattura del gameplay e della sua profondità paragonabile a quella di un titolo ad alto budget. Di base siamo di fronte ad un Metroidvania, altro sottogenere dal quale questo gioco eredita l’ossatura, le fasi platform ed il backtracking, offrendo un mondo diviso in aree non lineari e liberamente esplorabili. Il platforming non è quasi mai troppo difficile al punto da rappresentare un ostacolo all’interno del gioco, ma allo stesso tempo il level design è ben congegnato e l’esplorazione delle aree decisamente divertente e non fine a sé stessa in modo da non rendere queste fasi noiose e prolisse. Cuore pulsante dell’intero gioco è però il combattimento: Salt and Sanctuary estrapola dai Souls alcune caratteristiche del battle system della serie e le applica alla sua struttura da Metroidvania, rendendo più complesso il gioco rispetto ad un semplice Symphony of the Night ma senza che la comprensione dei rudimenti del combattimento diventi troppo ardua. Tali rudimenti constano in un attacco leggero ed uno forte caricabili, l’immancabile rotolamento che ci permetterà di evitare la maggior parte degli attacchi leggeri, il salto che copre un ruolo non indifferente e la possibilità di effettuare due tipi di parate, una con scudo ed una offensiva che assorbirà solo una parte dei danni ma che ci permetterà di contrattaccare con un danno critico. Ogni area esplorata sarà una palestra che ci spingerà ad affinare le nostre abilità in combattimento e ci preparerà alla sfida con il boss che consta in uno scontro decisamente impegnativo. Il pattern di attacco di ciascun boss non sarà formato da una singola combo di mosse eseguita ciclicamente, ma l’intelligenza artificiale del gioco reagirà in base alle nostre azioni e la maggior parte di questi devastanti nemici avrà un attacco per prevenire ogni tipo di situazione, sia che lo stiate attaccando da vicino che vogliate mantenere le distanze per studiarlo: ovviamente ogni attacco potrà essere evitato con la corretta mossa evasiva e quindi sarà importante studiare le mosse del nemico e come agisce prima di scagliarsi contro di noi in modo da eludere il colpo e quindi il danno. Non sarà raro morire durante una boss fight, ma ogni volta che affronteremo una sfida e falliremo non dovremo scoraggiarci ma fare tesoro di quello che avremo appreso dallo scontro. A proposito di boss, questi sono una ventina e sono molto spesso imponenti e spaventosi e sempre rappresentati con uno stile in sintonia con quello dell’area nel quale lo incontrerete.
Il sistema di crescita del livello si basa sulla raccolta di sale che potremo ricevere dai nemici sconfitti e che, in modo del tutto simile alle anime in Dark Souls (o agli echi di sangue di Bloodborne), dovrà essere speso all’interno di santuari per aumentare di livello, santuari che fungono anche da punto di respawn e da hub per armaioli e mercanti della zona. Una nostra sconfitta significa perdere tutto il sale guadagnato e non speso, sale che potrà essere recuperato solamente prendendoci la nostra rivincita sulla creatura che ci ha privato del minerale. Ad ogni aumento di livello guadagneremo una perla nera che potrà essere incastonata sul nostro albero delle abilità: particolarità di questo sistema di potenziamento riguarda la possibilità di percorrere qualsiasi strada ci aggradi maggiormente, indipendentemente dalla classe scelta all’inizio dell’avventura. Le classi determinano infatti solo il vostro punto di partenza all’interno dell’albero, ma niente vi impedisce di selezionare il cuoco al momento della creazione del personaggio (sì, il cuoco è una classe giocabile) per poi virare bruscamente verso il ruolo di paladino. Tale sistema, ispirato allo skill tree di Path of Exile e che a qualcuno potrebbe ricordare la sferografia di Final Fantasy X, permette una capillare personalizzazione del personaggio e conferisce ancora una volta la prova che siamo di fronte ad un gioco dalla forte componente ruolistica e dove nulla è stato lasciato al caso.
Il fascino dell’oscurità
Artisticamente il lavoro compiuto dal’art director Shelldragon, pseudonimo di Michelle Silva, difficilmente poteva essere migliore: a parte il mio poco apprezzamento per la realizzazione del volto dei personaggi, fattore troppo insignificante per poter influenzare il giudizio sul gioco, Salt and Sanctuary ci immergerà sin da subito in scenari lugubri, ognuno dei quali è in grado di trasmettere un diverso livello di inquietudine ed insicurezza. Le fitte e gelide nebbie che contraddistinguono la spiaggia, scenario del naufragio iniziale, sono in grado di trasmettere sensazioni diverse dalle buie vie del borgo, illuminato solo da qualche candela, così come dai muri di fiamme presenti sullo sfondo di alcuni interni. Il bestiario, sebbene non raggiunga il livello di “bruttezza” di alcune mostruosità delle creature di Miyazaki come Queelag di Dark Souls o Ludwig di Bloodborne, è composto comunque da entità mostruose di tutto rispetto, ispirate forse più ad alcuni dei boss di Castlevania che a quelli dei vari Souls. Il comparto audio si sorregge più grazie ai pregevoli effetti sonori che alla soundtrack, completamente assente durante le fasi esplorative e poco incisiva all’interno dell’economia del gioco. Nel complesso il gioco si dimostra piuttosto impegnativo e longevo: la prima volta che affronterete la campagna il gioco vi terrà impegnati per circa 30-35 ore per non scendere mai sotto le 25 nelle partite successive. Il livello di difficoltà nel complesso non è paragonabile a quello proposto dai Souls, ma alcuni boss vi daranno sicuramente filo da torcere.
PRO
- Gameplay profondo
- Sviluppo delle abilità eccezionale
- Impatto visivo lodevole
CONTRO
- Localizzazione aberrante
- Colonna sonora marginale