Nell’estate del 1998, avevo 9 anni, e come moltissimi di noi, avevo già il mio bel daffare con i videogiochi. In quell’epoca per il sottoscritto i videogame erano sinonimo di luci colorate, musiche elettroniche, personaggi buffi che saltavano da un livello all’altro e poco altro, finché un giorno il padre di una mia amica dell’epoca decise che fosse arrivato il momento di farci capire cosa potevano essere veramente i videogiochi, facendoci assistere insieme a lui alle prime sequenze di Resident Evil 2. Il Biohazard che ne seguì tormentò le mie notti per i mesi a seguire, afferrandomi dal profondo con un misto tra paura e curiosità che qualche anno dopo mi avrebbe portato a recuperarlo di mia spontanea volontà. Anche un più cresciuto però, i mostri di Raccoon City continuavano a minare il mio coraggio, mentre coltivavo la vana illusione che più fossi andato avanti nel gioco, meno paura avrei provato. Nel 2019, alle soglie dei 30 anni e con l’arrivo di Resident Evil 2 remake, ho finalmente accettato la verità: gli incubi, quelli che ti segnano da bambino, non finiscono mai. Questa doverosa introduzione, inusuale per il sottoscritto, è per marchiare a fuoco un concetto: Resident Evil 2 è un incubo, sia per chi non ha mai avuto a che fare con l’Umbrella, sia per chi ne è stato vittima per gli anni passati.
Per me si va tra la perduta gente
Il remake del leggendario titolo di Capcom parte da una base semplicissima, restituire lo stesso identico gioco del 1998 ma con meccaniche degli anni moderni, facendosi apprezzare contemporaneamente sia dalle nuove che dalle vecchie generazioni. La storia rimane praticamente identica anche se con alcune interessanti variazioni; Raccoon City, due mesi dopo l’incidente alla villa laboratorio dell’Umbrella Corporation, si ritrova coinvolta in un’apocalisse zombie, che ha distrutto la città e trasformato tutti i suoi abitanti in mostri affamati di carne umana. In questo scenario prenderemo il controllo di Leon Kennedy, recluta al suo primo sfortunatissimo giorno di lavoro, e Claire Redfield, studentessa alla ricerca del fratello Chris, agente speciale di stanza a Raccoon City, protagonista del primo Resident Evil. All’inizio del gioco ci verrà chiesto con quale personaggio vorremmo cominciare, mostrandoci così i diversi incipit e le motivazioni che spingono i protagonisti ad affrontare l’inferno in terra. Le due storie si intrecciano in pochissimi punti e cercano di prendere strade diverse, nonostante in entrambe le storyline si percorrano gli stessi luoghi e le stesse situazioni. Le differenze sostanziali si riscontrano nei personaggi secondari incontrati, come Ada Wong per Leon e Sherry per Claire. A proposito di questi ultimi due nomi, Resident Evil 2 approfondisce rispetto al passato le loro figure, donandogli una storia ed un background del tutto inediti. Sherry ad esempio avrà una propria parte esclusivamente dedicata in un orfanotrofio abbandonato, mostrandoci un nuovo lato oscuro dell’Umbrella Corp, del tutto inaspettato. Anche Claire e Leon sono stati resi per certi versi più umani e verosimili, oltre che nelle motivazioni, anche e soprattutto nelle reazioni: mostrano paura, cercano di farsi coraggio durante gli scontri a fuoco, si sfogano sui mostri che incontrano, esattamente come fa il giocatore in queste situazioni. Una chicca aggiuntiva per questo remake è quella di aver reso l’incipit del gioco effettivamente giocabile, e non più solo tramite video, facendoci viverein prima persona l’orrore che hanno provato i protagonisti la prima volta. A proposito dell’orrore, Capcom con questa operazione ha deciso di divertirsi, forse memore dell’incredibile successo di Resident Evil 7, sbattendo in faccia al giocatore tutto il sangue e il gore che è possibile mostrare a schermo con un titolo del genere, sfruttando anche la moderna telecamera in terza persona, dietro le spalle del protagonista.
Salire in cattedra
La novità più esaltante di Resident Evil 2 è ovviamente l’abbandono della struttura a telecamere fisse e mira automatica in favore di una più moderna e fluida da tps, equiparandolo a quanto visto da RE 4 in poi. Il risultato, neanche a dirlo, è strabiliante. Se infatti in origine l’atmosfera e le ambientazioni riuscivano ad accentuare l’opprimente presenza degli zombi, che a conti fatti erano anche abbastanza lenti e facilmente evitabili, ora tutto viene stravolto a causa della necessità di mirare per poter sparare, con i nemici che hanno la tendenza a non seguire alcun tipo di pattern fisso e il vizio di rialzarsi una volta stesi a terra. La tensione che ne consegue si taglia con il coltello, soprattutto quando ci si trova con le spalle al muro e con pochissimi colpi rimasti. Resident Evil 2 infatti rimane un survival purissimo, dove centellinare le munizioni e fuggire piuttosto che combattere è la chiave per la sopravvivenza. Lo stesso inventario è rimasto limitatissimo, ampliabile nel corso del gioco ma che resta comunque contenuto, costringendoci di volta in volta a scegliere con cura quanti oggetti o munizioni portare con noi; il risultato è decisamente anacronistico ma tremendamente efficace. Anche dal punto di vista degli enigmi, altro grande fulcro di RE2, ci sono stati dei netti miglioramenti sotto tutti i punti di vista. Innanzi tutto sono stati modificati e snelliti, di modo da rendere il remake un’esperienza nuova per tutti i giocatori. In secondo luogo, abbiamo apprezzato tantissimo la loro rinnovata complessità, che ci porta a ragionare ma non raggiunge mai il frustrante, cosa che invece accadeva nei primi anni duemila.
Ascoltare l’abisso
Come se non si fosse capito abbastanza, Resident Evil 2 migliora se stesso sotto quasi tutti gli aspetti, raggiungendo vette incredibili però nella costruzione della tensione, soprattutto durante le prime fasi del gioco. La claustrofobica ed ormai leggendaria stazione di polizia, un incubo barocco immerso nel buio e riempito di mostri, ci assale forse più degli stessi non morti, lì dove i passi del Tyrant si fondono con i versi dei Licker e i battiti d’ansia del nostro cuore. E’ qui che forse abbiamo uno degli usi dell’audio migliori degli ultimi anni, come non se ne vedevano dai tempi di Dead Space, dove ogni singolo rumore è in grado di farci sudare freddo, dove il silenzio dovuto all’assenza di colonna sonora risulta più assordante di qualsiasi esplosione. Questa sensazione va a scemare verso il finale del gioco, vuoi per una rinnovata consapevolezza di star affrontando qualcosa di non più ignoto, vuoi anche per l’asetticità (si fa per dire) del laboratorio Umbrella.
Se proprio vogliamo trovare un difetto a Resident Evil 2 è il suo essere troppo Resident Evil 2. Il titolo di Capcom, nonostante migliori praticamente tutto quello che c’èra da migliorare, non brilla esattamente di luce propria, ma diventa capolavoro proprio perché la base da cui parte è un capolavoro. Avrei preferito per certi versi vedere qualcosa di nuovo, ad esempio qualcosa mutuato dal mai troppo celebrato Resident Evil 7. Nel precedente capitolo, il capofamiglia dei Baker prendeva un po’ le veci del Tyrant, aggiungendo però dei pattern decisamente più intriganti e verosimili al proprio incedere. Distruggere mobili, abbattere muri, tutto per trovare il povero giocatore, mentre sostanzialmente Mister X è rimasto esattamente com’era nel 1998: enorme, inquietante ma con la profondità reattiva di un armadio. Forse questo avrebbe snaturato troppo le cose, ma chissà se effettivamente una spruzzata ulteriore di modernità non avesse giovato al titolo.
Tecnicamente, la nostra prova su Xbox One X ci ha lasciato sbalorditi: il gioco in 4K rasenta la perfezione, mantenendo stabile il frame rate e con una fluidità impressionante. Nessun caricamento (addio maledette porte), animazioni quasi perfette, tralasciando alcune espressioni dei protagonisti, e un livello di dettaglio davvero incredibile. Del sound design del gioco ne abbiamo già tessuto le lodi, ma resta un filo d’amarezza per il doppiaggio in italiano, lievemente (ed inspiegabilmente, visto chi è coinvolto) sottotono. Volendo parlare della longevità, entrambe le campagne per protagonista tornano ad essere presenti, con piccole differenze (come il finale) tra la prima e la seconda run. Resta disponibile anche la modalità 4th Survivor, dove nei panni dell’Hunk, un soldato scelto dell’Umbrella Corporation dovremmo affrontare una quantità spropositata di nemici con un numero di munizioni decisamente non all’altezza.
PRO:
- Il miglior remake mai realizzato
- Alcune interessanti divergenze dal prodotto originale
- Tecnicamente superlativo
- Ancora il terrore allo stato puro
- Audio eccezionale
CONTRO:
- Qualche meccanica innovativa non sarebbe guastata
- Doppiaggio lievemente sottotono
Versioni disponibili: PC, Xbox, Playstation
Versione testata: Xbox One X
Voto: 9