Dopo una lunga e profonda analisi in quella che si è dimostrata la mappa più grande mai proposta in un universo targato Ubisoft, siamo usciti vittoriosi dalla Bolivia di Ghost Recon: Wildlands e abbiamo potuto tirare le somme di un titolo molto controverso che non solo stravolge il concetto del suo genere ma che getta uno sguardo all’esperienza multigiocatore preferendola all’esperienza in singolo. Ghost Recon:Wildlands è un titolo dalle molte sfaccettature, le abbiamo analizzate per voi nella nostra recensione.
Plomo o Plata
Qualche giorno fa vi avevamo proposto un piccolo speciale atto a far luce sullo stato dei “lavori” della nostra recensione per quanto riguarda Ghost Recon: Wildlands. Come vi avevamo accennato, il titolo si è dimostrato molto più profondo di quanto immaginassimo e abbiamo dunque preferito dare come prima cosa un giudizio sommario, basato su circa quindici ore di gioco, durante le quali è comunque possibile carpire il valore di un titolo ma, al fronte della mole di contenuti, era necessaria un’analisi molto più approfondita per decretare un vero e proprio giudizio.
Dopo aver trascorso tantissime ore all’interno del massiccio mondo di gioco di Ghost Recon: Wildlands, siamo pronti finalmente a parlarvi in modo più approfondito dell’ultima fatica di Ubisoft che, dopo l’uscita di For Honor e l’ultimo aggiornamento di The Division, sembra non volersi fermare e continua a proporre esperienze di gioco differenti e variegate. Ghost Recon: Wildlands è il prodotto di un lavoro mastodontico che ha coinvolto diversi studi interni del Publisher francese, è possibile infatti notare il tocco e l’ispirazione proveniente dai titoli Ubisoft più blasonati come Rainbow Six: Siege, The Division e Far Cry.
Sebbene, così come anticipato nel nostro speciale, Ghost Recon: Wildlands non faccia particolarmente leva sulla componente narrativa, il titolo si propone come interamente doppiato in italiano e, grazie al fantastico lavoro svolto da Luca Ward, anche El Sueno, ovvero il Boss del cartello Santablanca, riesce a costruirsi un’identità in un mondo di gioco che non lascia spazio al caso. La prima nota dolente di Ghost Recon: Wildlands colpisce il più grande pregio del titolo, infatti la sua enorme vastità è tale da poter disorientare il giocatore, proponendo un ventaglio di attività troppo ampio e gettandolo nella mischia sin dall’inizio. Perché, diciamocelo, ai giocatori piace essere presi per mano, soprattutto nelle fasi iniziali di un titolo talmente complesso da poter confondere e disorientare ma, nonostante la presenza di tutorial, spesso abbastanza ovvi, Ghost Recon: Wildlands lascia sin da subito carta bianca al giocatore e lascia che la Bolivia sia scoperta, regione dopo regione in tutta la sua bellezza.
Come vi avevamo accennato, è possibile affrontare la quest-line principale senza necessariamente seguire un ordine preciso, smantellando pezzo per pezzo l’organizzazione narco-terroristica del Santa Blanca fino ad arrivare ai pesci grossi, ovvero a boss finali. La totale apertura nei confronti della componente multigiocatore rende, per forza di cose, la vita difficile a quella che sarebbe stata una storyline più avvincente ma che finisce per risultare a tratti monotona e priva di carattere. Analizzando Ghost Recon: Wildlands da un punto di vista puramente narrativo, si nota subito l’assenza di mordente, di carattere da parte non solo dei personaggi non giocanti ma anche dello stesso protagonista che, creato dal giocatore prima di iniziare la partita, non ha nessun background e spende soltanto poche parole durante l’esperienza di gioco. Se siete dunque in cerca di una storia avvincente ed emozionante, Ghost Recon: Wildlands probabilmente non è il titolo che fa per voi, se invece avete tre amici e tanta voglia di divertirvi, adesso viene il bello.
Operazione Kingslayer
La Bolivia riprodotta in Ghost Recon: Wildlands vede El Sueno, il capo di un cartello narco-terroristico, come il signore della droga che, attraverso una scalata al potere ha reso lo stato sud-americano un vero e proprio narco-stato in mano alla criminalità organizzata. Dopo aver comprato, minacciato e demolito le istituzioni e l’esercito Boliviano, la figura di El Sueno rappresenta certamente un pericolo non solo per il sud-america ma per il mondo intero, è qui che entrano in gioco gli Stati Uniti che per mezzo dell’operazione Kingslayer hanno come obiettivo l’eliminazione di El Sueno. Ovviamente siamo molto lontani da quella che potrebbe essere la realtà e, nonostante esista un fondo di verità riguardante il narco-traffico e la presenza anche massiccia di organizzazioni criminali in sud america, gli scenari mostrati in Ghost Recon: Wildlands abbracciano una fantasia quasi distopica.
Come spesso accade nel mondo dei videgiochi, toccherà ad una squadra di soli quattro uomini smontare pezzo per pezzo quello che è reputato il cartello più pericoloso del pianeta, armato di un vero e proprio esercito che conta migliaia e migliaia di seguaci, ma è un videogioco quindi va bene. La totale assenza di un coinvolgimento narrativo in Ghost Recon: Wildlands apre le porte ad un esperienza multigiocatore aperta, dinamica e soprattutto divertente. Il titolo si rivela infatti una piacevole sorpresa se affrontato con gli amici e rappresenta una vera e propria sfida di strategia e tattica alle difficoltà più elevate. La Bolivia riprodotta in Ghost Recon: Wildlands conta ben 21 regioni, tutte ben caratterizzate da ambientazioni e caratteristiche differenti che si intrecciano fino a formare un vero e proprio stato da smontare pezzo per pezzo. Ogni regione ha una sua storia, un boss del cartello e un traffico differente, insomma, si tratta di un’organizzazione pensata al dettaglio dallo smercio della droga allo smaltimento dei cadaveri. La presenza massiccia del cartello del Santa Blanca su tutto il territorio Boliviano ha creato un vero e proprio disastro socio-finanziario fino a spingere gli abitanti ad unirsi e costruire quello che viene definito il Kataris 26 ovvero l’unica resistenza alle forze armate ed al cartello e unico vero aiuto che potremo ricevere durante le missioni.
Ghost Recon: Wildlands conta un totale di 106 missioni principali da svolgere in singolo o in multigiocatore e una mole enorme di attività costituita principalmente da missioni secondarie e collezionabili sparsi per il mondo. La longevità del titolo va dunque ad assestarsi intorno al centinaio di ore in media con qualche ora in più per i completisti. Una delle peculiarità legate all’indipendenza narrativa di Ghost Recon: Wildlands sta nella possibilità di completare il gioco, ovvero affrontare El Sueno, senza necessariamente sconfiggere tutti i miniboss. Sarà infatti possibile arrivare alla missione finale sconfiggendo soltanto due su quattro boss secondari. Attenzione, ciò non vuol dire che è possibile completare il titolo in poche ore, infatti per accedere ai boss secondari sarà necessario eliminare tutti i caporali dei suddetti boss per un totale di sei in sei diverse regioni. Una scelta dettata forse dalla possibile ripetitività del titolo che tarda ad innovarsi nelle fasi più avanzate e che rischia di portare alla noia a lungo andare.
La mia arma, i miei soldati
Una delle tante influenze dai titoli Ubisoft arriva proprio nella gestione delle armi. Ghost Recon: Wildlands propone un vastissimo arsenale fatto di ben 80 armi differenti, ognuna di esse totalmente personalizzabile nelle componenti, nei colori e nelle funzioni in base alle esigenze del giocatore. Questo rappresenta forse uno dei pregi più grandi del titolo e, direttamente da Rainbow Six, l’attenzione al dettaglio e la fedeltà con la quale sono riprodotte le armi da fuoco costituiscono un vantaggio non da poco in termini di pianificazione ed organizzazione. Sarà possibile sbloccare le varie armi soltanto una volta trovate nelle casse sparse per il gioco, così come tutti gli accessori che vanno a costituire un motivo in più che spinge il giocatore ad esplorare la mappa anche dopo aver sconfitto il boss di turno.
Conoscere il proprio equipaggiamento e il modo migliore per sfruttarlo può cambiare radicalmente l’esperienza di gioco. È infatti giusto precisare che Ghost Recon: Wildlands non è un semplice TPS nel quale si spara a casaccio, si tratta infatti di uno shooter molto più pensato, più tattico che richiede pazienza e pianificazione e proprio per questo è necessaria, soprattutto nelle fasi più avanzate del gioco, una padronanza degli strumenti a disposizione. Uno tra i principali e più utili strumenti a disposizione è il drone da ricognizione che, oltre a fornire una panoramica dettagliata dell’area, vi permetterà di marcare i nemici e seguirne le pattern in modo da pianificare nel migliore dei modi l’azione. Sarà inoltre possibile, sia tramite il drone che il binocolo, pianificare la sequenza delle uccisioni grazie alla funzione Uccisione Sincronizzata che permette di ordinare ai compagni di squadra l’eliminazione di un determinato nemico, automatico in caso di partita in giocatore singolo, da coordinare a voce in caso di multigiocatore. Il sistema di leveling presenta in Ghost Recon: Wildlands si divide in diverse tipologie e va ad influire sull’esperienza di gioco attraverso molteplici soluzioni, che sia il potenziamento del proprio personaggio, dei compagni oppure delle armi e degli strumenti. Per assegnare i vari punti abilità tuttavia non sarà necessario accumulare semplicemente punti abilità, ogni singolo perk ha infatti un costo in risorse, tali risorse sono accumulabili tramite le missioni secondarie o, in minor parte, tramite un sistema di collezionabili sparsi nella mappa di gioco che permettono di marcare le risorse necessarie per sbloccare determinate abilità.
Il fattore ripetitività
Sebbene l’esperienza di gioco di Ghost Recon: Wildlands si sia rivelata dopotutto divertente e stimolante, gli elementi principali che costituiscono il titolo hanno sviluppato una certa ridondanza durante la nostra esperienza di gioco. Ghost Recon: Wildlands propone infatti un’esperienza di gioco quasi ciclica fatta di raccolta di informazioni ed elminazione del boss, spostandosi per un mondo che, inizialmente meraviglioso ed affascinante, perde, man mano che si procede verso la fine del titolo, il suo appeal e lascia il giocatore in un’atavica indifferenza. Spostarsi per il mondo di gioco rappresenta già di suo una difficoltà, non tanto per le lunghe distanze da percorrere quanto per il sistema di guida dei veicoli che risulta essere poco curato ed estremamente scomodo nonché impreciso e molto fastidioso, spingendo il giocatore ad optare per i mezzi aerei, molto più rapidi e veloci, quando se ne presenta la possibilità.
Per raccontare una partita tipica in Ghost Recon: Wildlands bastano poche righe, in quanto ogni regione, tranne nelle missioni dei boss più importanti, propone un’esperienza di gioco estremamente simile alle altre. Innanzitutto sarà necessario raccogliere le informazioni relative al boss di turno, dopodichè sarà necessario svolgere le missioni atte a stanare il suddetto boss dal suo nascondiglio e solo dopo aver interrogato, danneggiato e minacciato i vari sicari o i capitani della zona, sarà possibile accedere alla missione che ci porterà all’eliminazione di tale boss. Dopo aver compiuto questa sequela di azioni, spesso fredde, sterili e prive di mordente, sarà necessario rifare la stessa cosa nella regione successiva. Siamo di fronte al più grande difetto di Ghost Recon: Wildlands che, nonostante riesca in qualche modo a diversificare di un minimo le missioni proposte, non cambia la formula in un titolo che propone un centinaio di missioni simili, non uguali ma non abbastanza diverse rischiando di far cadere un mondo meraviglioso in un vortice di ripetitività noioso e poco coinvolgente che spinge i giocatori ad agire in automatico, senza creatività. Un vero peccato considerando le potenzialità di un mondo tanto vasto e vario che rimane chiuso in una sorta di cupola di cristallo, bello ma intoccabile, che si allontana dal concetto di Sandbox in quanto non permette al giocatore di intervenire direttamente sulle caratteristiche del mondo di gioco.
Un mondo da ammirare
Passando ad un’ultima analisi più tenica di Ghost Recon: Wildlands, durante la nostra prova, nella versione PC del titolo, ci siamo resi conto di quanto il titolo renda dal punto di vista grafico. Nonostante qualche problema di ottimizzazione ed un V-Sync che non sempre svolge il suo lavoro, il titolo propone una splendida rappresentazione del sud-america, in particolare della Bolivia, proponendo degli scorci mozzafiato in un’ambientazione che varia dalle spiagge quasi tropicali ai paesaggi innevati di montagna. Ghost Recon: Wildlands è un titolo molto dispendioso in termini di risorse ma, una volta trovato il giusto bilanciamento, è possibile godere di un’esperienza di gioco molto gradevole per gli occhi mantenendo il frame-rate stabile per la maggior parte del tempo. Anche il comparto sonoro lascia la sua impronta, riproducendo in modo molto fedele il suono delle varie armi e dell’ambiente circostante in una Bolivia fatta di flora e fauna nella quale manca però uno scorcio urbano particolarmente curato che andrebbe a costituire uno stacco evidente, spesso gradito, dalla natura selvaggia o dal degrado dei minuscoli villaggi di periferia. Siamo di fronte ad un titolo che tutto sommato propone un’esperienza di gioco divertente e gradevole ma che manca l’obiettivo verso il capolavoro e va ad affermarsi come gioco “buono” ma non immancabile, senza macchia e senza gloria, Ghost Recon: Wildlands fallisce forse nell’imporre la sua identità ma mette sul piatto una concezione di Open World molto interessante che darà sicuramente fiato a produzioni future di maggior spessore.
PRO:
- Mondo di gioco enorme e variegato
- Ricco di contenuti
- Gunplay buono
- Divertente in co-op…
CONTRO:
- …molto meno in single-player
- Personaggi e trama privi di mordente
- Sistema di guida da dimenticare
- Fin troppo ripetitivo
Versione Provata: PC