Fire Emblem: Awakening è stato un punto di svolta per la serie di RPG tattici di Intelligent System: da brand di nicchia caratterizzato da una difficoltà piuttosto punitiva per l’utente che si approccia per la prima volta e con il permadeath come marchio di fabbrica, Fire Emblem ha dovuto reinventarsi per evitare di dover essere abbandonata da Nintendo, aprendosi quindi ai neofiti inserendo nuove modalità atte a rendere il gioco potenzialmente interessante ad un più vasto pubblico, dai novizi della serie e del genere agli hardcore. Ogni volta che parlo di Fire Emblem, specialmente gli ultimi Fire Emblem, mi trovo a fare sempre questa premessa per far capire cosa cerchi da un Fire Emblem, quali siano i punti ai quali do maggior peso quando valuto un titolo di questa saga. Ho amato Fire Emblem soprattutto per l’esperienza di gameplay che la saga mi ha sempre offerto più che per la trama ed è per questo che in passato ho tanto lodato Fire Emblem Fates nel suo episodio Conquista, titolo dove la storia (sebbene partisse da buone basi, ovvero quello di dover scegliere se schierarsi dalla parte della nostra famiglia di sangue o di adozione) veniva raccontata tramite twist di trama non sempre azzeccatissimi ed abbondava il fanservice, ma sotto questa patina fin troppo stereotipata si nascondeva un gioco ben curato dal punto di vista del level design e delle mappe di gioco per il suo target di riferimento, con invece l’episodio Retaggio dedicato ad utenti meno esperti o non alla ricerca di un gioco dalla difficoltà elevata. Da Three Houses, il nuovo capitolo della saga in uscita oggi, mi aspettavo due cose: che mantenesse una certa cura nel gameplay atta a soddisfare tutti i palati e che riuscisse a mettere una pezza alle brutture narrative del precedente gioco. Sarà riuscito nell’impresa?
UN AIUTO VERRÀ SEMPRE DATO A HOGWARTS A CHI LO RICHIEDERÀ
Partiamo proprio a parlare della trama del gioco, iniziando dal protagonista: interpreteremo un avatar la cui personalizzazione a questo giro sarà piuttosto limitata dato che ci è concesso di modificare unicamente il nome (quello di default è Byleth) il sesso e la data di nascita. Byleth è il/la figlio/a di un mercenario che in passato servì la Chiesa di Seiros come uno dei generali del corpo militare. La Chiesa di Seiros è un’istituzione religiosa che si trova nel monastero di Garreg Machal centro di Fòdlan, un continente suddiviso in tre regni che stanno vivendo un periodo di relativa pace. Per mantenere questo equilibrio fra i vari regni, i giovani più promettenti di ciascuno Stato vengono mandati al monastero per allenarsi all’interno dell’Accademia degli Ufficiali. Byleth si fa notare per le sue doti di combattimento quando salva da un’imboscata da parte di banditi i tre studenti più promettenti dell’Accademia nonché (guarda caso) i tre eredi di ciascun regno che quest’anno stanno (guarda caso) frequentando contemporaneamente la scuola. Conosciamo quindi la principessa Edelgard, legittima erede al trono dell’Impero Adrestiano, Dimitri, figlio del re del Sacro Regno di Faerghus, e Claude, nipote dell’attuale reggente dell’Alleanza del Leicester. Dopo la battaglia raggiungeremo il monastero di Garreg Machal dove l’arcivescova della Chiesa di Seiros, notata la nostra abilità in combattimento e le nostre abilità di leadership, ci chiederà di unirci in veste di professore e mentore di una delle tre Case dell’Accademia dove gli alunni sono suddivisi in base al Regno di provenienza. Niente cerimonia di smistamento, niente cappello parlante, la scelta della Casa ci sarà posta nelle primissime fasi di gioco ed inizialmente potrebbe sembrare che tale decisione sia irrilevante ai fini della trama, ma man mano che procederemo nel gioco ci renderemo conto che siamo di fronte ad una situazione agli antipodi, dove ognuna delle tre Case vivrà una trama differente: ben tre campagne sono quindi contenute nel gioco, ciascuna delle quali mette in gioco tutti i membri di ciascuna casa che diventano parte attiva dell’interazione fra avatar, storia e personaggi. A dirla tutta però i personaggi mi hanno convinto solo parzialmente: certo, i tre eredi al trono sono stati ben realizzati sia a livello di design che di caratterizzazione, ma è sugli altri membri delle Case che ho qualche riserva dato che da una parte alcuni di essi si distingueranno per il loro carattere, mentre per la maggior parte di essi avremo una scrittura dei dialoghi che ruota sempre intorno a quei 2-3 elementi che dovrebbero delineare la loro personalità ed un character design che mi ha lasciato interdetto, ma che tutto sommato ha il vantaggio di ridimensionare drasticamente i livelli di fanservice visti in Fates. La trama a questo punto si può dividere in due parti nette: nella prima, comune a tutte e tre le Case, la vita all’interno del monastero prosegue scandita dall’incessante avanzare dei mesi durante i quali gli studenti seguiranno i corsi, intraprenderanno missioni affidate loro dall’arcivescova e si dedicheranno a diverse attività extra-scolastiche, oltre a rafforzare il rapporto di amicizia con gli altri studenti e con il loro mentore, tuttavia sin dalle prime missioni si coglie che dietro alla spensieratezza della vita dentro le mura del monastero si cela una minaccia che si insinua nel continente e che ha come bersaglio la Chiesa di Seiros. Il rovescio della medaglia lo avremo però solo nella seconda parte dell’avventura dove, a seguito di un salto temporale di cinque anni, il delicato equilibrio che permetteva al continente di vivere in pace si rompe e ci ritroveremo a dover spalleggiare il regno da noi scelto inizialmente in una guerra che lo vede dover scontrarsi con gli altri due: ciò significa che non solo dovremo affrontare i personaggi secondari che abbiamo avuto modo di conoscere durante la nostra permanenza all’Accademia, ma giocare una seconda o una terza run scegliendo Case differenti significa dover sconfiggere i nostri compagni d’arme della partita precedente ai quali ci eravamo affezionati. La prima parte di gioco non brilla per ritmo, risultato piuttosto frastagliato a causa dell’esplorazione del monastero e delle diverse attività secondarie effettuabili, ma man mano che ci avviciniamo al finale lo scorrere degli eventi comincia ad essere sempre più travolgente ed i temi trattati diventano sempre più maturi, liberando il gioco di quegli elementi da film adolescenziale presentati nelle prime battute: non mancheranno quindi i risvolti di trama ed una grossa digressione sulla componente emotiva che trainerà l’agire dei protagonisti.
MA A SCACCHI È COSÌ, BISOGNA PUR SACRIFICARE QUALCHE COSA
Passando invece al gameplay, Fire Emblem: Three Houses introduce alcune importanti novità atte ad offrire una personalizzazione pressoché assoluta di ognuno dei personaggi da noi controllati: sebbene ogni personaggio abbia le sue statistiche di base e le sue percentuali di crescita atte a favorire una o l’altra classe (un personaggio con più magia che attacco difficilmente potrà diventare un lottatore) ed ad una predisposizione naturale che determina quali armi possono essere dominate più facilmente e quali meno, teoricamente dato che a nessuna unità è precluso l’utilizzo di una certa tipologia di arma e che il sistema delle classi è basato sui livelli di abilità con le stesse, ogni personaggio può accedere ad un vastissimo numero di classi, alcuni di essi addirittura a tutte quelle presenti nel gioco ad eccezione delle classi speciali. Inoltre il sistema è molto flessibile ed una volta effettuato una promozione di classe non saremo obbligati d intraprendere obbligatoriamente quel brench evolutivo, ma potremo sbloccare più classi di uno stesso livello ed assegnarle liberamente all’inizio di ogni nuova battaglia, un po come accade nei capitoli di Final Fantasy Tactics con il loro job system. Come però queste abilità vengano potenziate è forse il punto che mi ha entusiasmato meno di tutto il gioco: oltre al miglioramento delle proprie abilità con un’arma tramite l’utilizzo di quella specifica arma sul campo di battaglia, tutta la parte di gameplay relativa all’Accademia ed alle lezioni è stata pensata per poter allenare ciascuno dei personaggi su specifiche competenze, oltre a rafforzare il livello di supporto con l’avatar e gli altri studenti. All’inizio di ogni settimana si possono selezionare gli obiettivi di studio dei propri allievi, ovvero le abilità che vorremo accrescere per quella settimana, mentre la domenica potrà essere dedicata a svariate attività secondarie quali seguire insieme alla classe seminari organizzati da altri professori, gettarsi in battaglie opzionali oppure esplorare il monastero e dedicarsi ad una delle tante attività secondarie. Proprio l’esplorazione rappresenta il difetto maggiore: se le attività secondarie sono essenziali per poter accrescere il potere delle unità e per poter ottenere importanti ricompense, gli eventi proposti atti a raggiungere tali obiettivi falliscono nel loro scopo principale, ovvero divertire, a causa di una banalità e di una ripetitività disarmanti e forse un minor numero di attività meglio curate con un focus sull’allenamento delle unità piuttosto che sui supporti sarebbe stato meno tedioso rispetto a questo emulo delle fasi diurne di Persona. Fortunatamente il focus del gioco rimangono le battaglie, gestite tramite il sistema a turni consolidato e rinnovato con caratteristiche che portano un po’ di freschezza alla saga: il grosso della novità consiste nei battaglioni, un manipolo di truppe assegnabili a ciascuno dei membri del party che permettono di effettuare attacchi speciali di massa contro gli avversari detti stratagemmi, capaci di infliggere alterazioni di status o conferirci bonus durante la battaglia, oltre a poter aumentare di livello e conferire punti extra alle statistiche del giocatore a seconda della tipologia di battaglione equipaggiato. Per il resto il gameplay rimane piuttosto familiare: la scacchiera lungo la quale si muovono i personaggi per un numero predefinito di passi è composta da vari tipi di terreni che possono influire su movimento e probabilità di colpito. A turno ognuna delle fazioni muove le sue pedine in combattimenti che, grazie all’interfaccia di gioco sempre più user friendly, possono essere pianificati mossa dopo mossa in maniera semplice. Chi ha dimestichezza con Fire Emblem potrebbe rimanere spiazzato da un paio di cambiamenti radicali nel sistema di combattimento, ma dopo un’attenta riflessione si capisce la necessità di effettuare queste scelte in termini strategici: la prima riguarda la rimozione del triangolo delle armi dalle variabili di combattimento, triangolo che ha sempre voluto le armi bianche divise in tre categorie (lance, spade e asce) le quali davano all’utilizzatore bonus o malus a seconda delle armi impugnate dai due contendenti. In Fire Emblem Three Houses questo trinagolo, presente in moltissimi capitoli della saga, viene a mancare, ma la scelta è giustificata dalle caratteristiche delle armi: le asce sono sempre state armi potenti ma molto lente e poco precise, mentre le spade hanno da sempre avuto caratteristiche contrarie e le lance hanno rappresentato le armi bilanciate: spezzare il trinagolo delle armi è un modo per poter dare una valenza strategica a tutte le armi indipendentemente da quelle impugnate dall’avversario, focalizzandosi sulle debolezze di classe più logiche da concepire (bestie alate agli archi, unità corazzate a certe armi). L’altra modifica riguarda i tomi magici che adesso non si possono rompere come le armi (del resto il sapere non può deteriorarsi) ma possono essere usate per un numero di volte molto limitato a battaglia, come a rappresentare una riserva di mana che non può essere usata tutto in una volta nell’immediato ma necessita riposo per essere rigenerata. Per il resto siamo di fronte ad un prodotto in linea con l’ottima qualità della serie: il level design delle mappe è convincente, il mio timore di trovare livelli poco interessanti da affrontare o poco originali si è dissipato dopo una decina di ore di gioco rendendomi più che soddisfatto dal profilo del gameplay. Ci sono poi tutta una serie di elementi di gameplay minori, quali i segni, le abilità uniche e di classe che sommate insieme permettono di catalogare Fire Emblem: Three Houses come uno dei titoli più versatili della serie.
Se dal punto del gameplay nel complesso ci attestiamo su ottimi livelli, Fire Emblem: Three Houses delude dal punti di vista tecnico: nonostante il passaggio da Nintendo 3DS a Switch, il gioco presenta un accennato aliasing , la cura posta nella realizzazione degli scenari è stata piuttosto scarsa e le texture degli ambienti appaiono piatte, poco definite e ricordano molto i vuoti e spogli scenari dei Musou, in contrasto con l’attenzione dedicata ai modelli poligonali ed alle animazioni dei protagonisti. Non si tratta di niente che possa in qualche modo rovinare le partite del giocatore dato che il titolo non presenta elementi action (se non per qualche minigame come la pesca), ma danneggia l’immersività con il mondo che risulta brutto a vedersi e leva enfasi alle ottime cutscenes in stile anime che costellano il gioco. Grande lavoro sul doppiaggio dei personaggi: il parlato (disponibile sia in inglese che in giapponese) accompagna la totalità dei box di dialogo, facendo fare un salto in avanti alla qualità del comparto audio, afflitto solo da qualche voce non proprio convincente. Anche le musiche danno grande prova della qualità del titolo, con una sublime reinterpretazione del main theme della serie ed un’orchestrazione delle tracce degna delle grandi produzioni Nintendo, capaci di evocare tutta una vasta gamma di emozioni e donare epicità agli scontri.
PRO
- Uno dei sistemi di customizzazione più flessibili della serie
- Importanti novità al gameplay
- Ottima longevità e tre campagne in un singolo gioco
- Musiche eccezionali
CONTRO
- Le attività disponibili nel monastero sono noiose
- Speravo in un salto più grande nel comparto tecnico
- La prima metà della trama decolla molto lentamente
- Diversi compagni non proprio memorabili
Voto: 9
Fire Emblem: Three Houses è disponibile in esclusiva su Nintendo Switch dal 26 luglio