Era il 1993 quando l’incubo iniziò. Era l’epoca delle prime macchine, dei primi amori e dei primi divertimenti quando un giorno Carmack decise di regalare al mondo il primo sparatutto della storia: Doom. Parlare ora della storia di Doom o degli fps in cereale sarà sicuramente fuori luogo, ma è impossibile scampare a questa introduzione: Doom E’ la storia dei videogiochi, è l’origine di tutto e la riverenza che merita è qualcosa che ha conquistato con il sangue, l’originalità e la gratitudine di milioni di giocatori. Dopo anni di latitanza, dieci per l’esattezza, Id Software e Bethesda hanno riportato sui nostri schermi il capostipite dei first person shooter. Quale sarà stato l’esito di questo ritorno?
Hell was full, so I came back
Se vi aspettate uno sparatutto in chiave moderna, preparatevi a rimanere delusi: Doom è vecchia scuola in ogni suo aspetto e lo si evince innanzi tutto dalla trama, appena abbozzata e che fa solo da contorno al gameplay (come nei porno, per citare Romero). Prenderemo di nuovo i panni del Doom Marine, risvegliatosi dopo anni di animazione sospesa all’Inferno e recuperato dagli scienziati dell’UAC di Marte, la corporazione terrestre che conduce la ricerca sull’energia demonica e il suo sfruttamento. Il motivo del risveglio del nostro silenzioso eroe è presto svelato: una nuova invasione demoniaca è stata rilasciata sul pianeta rosso, uccidendo tutti quelli che si trovavano all’interno della base, lasciandoci soli contro migliaia di mostri infernali che altro non desiderano che la nostra carne e il nostro sangue. Fine. Nessun motivo nascosto, nessun colpo di scena, nessun bivio narrativo, solo un sottile filo di trama che serve a giustificare il massacro delle legioni demoniache, come ai bei vecchi tempi. Il gioco torna nuovamente ad essere tale, rinunciando a tutte le interazioni finora applicate, riuscendo nella sua semplicità ad essere comunque accattivante, grazie soprattutto alla forza del suo gameplay. Per chi cerca quindi una storia coinvolgente, sarà meglio che guardi altrove, nonostante non manchino un paio di personaggi decenti, come il dottore nostro alleato trasferitosi nel corpo di un cyborg altro 3 metri, la nemica malvagia resa folle dagli esperimenti e dal proprio dolore personale, o lo stesso Doom Marine che, nonostante sia praticamente muto, riesce a far trasparire la propria personalità brutale e sostanzialmente impassibile grazie a pochi gesti. Per chi proprio non può fare a meno di calarsi nella storia, sono presenti nel gioco una serie di testi collezionabili che approfondiranno leggermente la storia del gioco, della colonizzazione spaziale e della gerarchia demoniaca.
Highway to Hell
L’argomento principe di questa recensione è però il gioco, e questo non potrebbe esistere senza il gameplay. Doom è solo gameplay, lo sparatutto in prima persona per eccellenza, veloce, brutale e adrenalinico, una vera gioia per gli occhi e un tuffo al cuore per i vecchi giocatori. Partiamo dalle basi: il movimento. Il Doom Marine non scatta, non si accovaccia, non cerca coperture, il Doom Marine avanza e spara. Il sistema di movimento è quello dei primi anni ’90, con il classico slide, ovvero quella sensazione che dà il personaggio di scivolare letteralmente lungo i livelli. Questo perché non esistendo un sistema di coperture, bisognerà muoversi costantemente, sfruttando tutto l’ambiente a disposizione tra salti doppi, propulsori e verticalizzazione delle mappe; chi si ferma è spacciato, data la quantità di nemici presenti in ogni area e il numero di proiettili che questi sono in grado di sparare. Doom è frenetico, uno sparatutto no brain come si deve, la vera essenza degli fps. Non c’è da pensare, non c’è da creare strategie, c’è solo da sparare e contare sui propri riflessi, come nelle migliori sfide. Tutto questo si riflette anche nel sistema di rigenerazione della vita che, in parole povere, non esiste. Il gioco è old school nel migliore dei modi, quindi senza medikit non si recupera vita, mentre la corazza va ricostruita pezzo per pezzo con power up sparsi in giro per la mappa. L’aggiunta che è stata fatta in questo nuovo capitolo però riguarda proprio la possibilità di rigenerare la propria salute grazie alle nuove finisher da effettuare sui demoni. Qualora un nemico abbia subito abbastanza danno, questo diventerà vacillante, e si potrà effettuare su di lui una finisher brutale e sanguinolenta, che vi restituirà una parte della vita in proporzione a quella che avete al momento dell’esecuzione, oltre saltuariamente ad alcune munizioni. Tutto questo si traduce in un sistema combattimenti che alternano sparatorie ad attacchi corpo a corpo, il tutto con una fluidità incredibile, rendendo ogni sparatoria un’esperienza estremamente divertente, tanto che alla vista dei demoni, un sorriso si farà strada sulla vostra faccia.
Hell is just the beginning
Veniamo ora al cuore del gamplay, ovvero le armi a disposizione del nostro caro Doom Marine. Anche qui, la vecchia scuola si fa sentire, con l’abbandono definitivo della coppia d’armi in favore delle 9 bocche da fuoco canoniche. Le armi in Doom saranno infatti tante quanto i numeri sulla tastiera, come era una volta, ed ognuna avrà un fuoco ben distinto che si adatta ad ogni situazione. Si va dalla classica pistola all’immancabile fucile d’assalto, dal lanciarazzi al mitragliatore al plasma, dal cannone gauss alla leggendaria doppietta. Le armi non avranno una funzione di ricarica, tranne la doppietta per ovvi motivi: semplicemente una volta finiti i colpi non potranno più sparare, fino al ritrovamento di munizioni specifiche. Questo si traduce in un’overdose di proiettili, componente fondamentale per sopravvivere ai combattimenti. Sono stati inseriti poi due ritorni graditissimi ai nostalgici, ovvero la motosega e il mai dimenticato BFG 9000, l’arma definitiva. Entrambi saranno utilizzabili un numero limitato di volte prima di esaurirsi e annienteranno letteralmente i nemici qualora diventassero troppo numerosi. Con la motosega potrete distruggere in un colpo i demoni (tranne quelli più grandi e i boss), ricevendo anche numerose munizioni in cambio. Una variante ancora più sanguinolenta agli scontri, che non mancherà di appagare tutti i giocatori. La sensazione che Doom lascia dopo un combattimento è impagabile: si suda letteralmente in ogni area e una volta che la musica epica cesserà di suonare e l’ultimo demone stramazzerà al suolo, si percepisce proprio la soddisfazione di aver compiuto qualcosa di veramente galvanizzante, un’impresa degna di essere raccontata. In varie aree della mappa saranno presenti anche dei potenziamenti a tempo, le classiche sfere di potere, che aumenteranno la vostra velocità, la salute o vi renderanno una brutale macchina assassina a mani nude per un breve periodo di tempo.
La vena moderna di Doom si evince dal sistema di progressione del personaggio del tutto inedito per la serie, dove si potranno spendere dei punti accumulati durante la campagna sia per potenziare le armi che le funzioni dell’armatura. Le prime forniscono delle modalità di fuoco aggiuntive alle armi che le rendono ancora più versatili e letali, mentre i secondi sono potenziamenti passivi dell’armatura che non vi rendono più potenti ma forniscono alcune abilità utili a semplificarvi leggermente la vita. Altro plauso incredibile va fatto al level design delle mappe, davvero vastissime e interconnesse tra loro, dove le diverse aree offrono molti spunti e varianti di combattimento, senza cutscenes o corridoi pilotati, piene zeppe di collezionabili. Propri questo aspetto dà maggiore qualità al titolo, dove i maniaci del completamento avranno il loro da fare per riuscire a scovare tutti i segreti presenti nelle varie mappe, un’attività che vi porterà via parecchi o tempo data la vastità delle stesse.
Doom non sarebbe completo senza una componete multiplayer degna di questo nome, lì dove è stato letteralmente creato l’FPS arena. Nonostante il gioco sia già validissimo a livello di single player (eccezionale a dirla tutta), per gli amanti delle vintage non poteva mancare la strage online contro altri giocatori. Le modalità disponibili sono molte e variegate, dal sempreverde deatchmatch al dominio, dal controllo degli obiettivi ad un miscuglio di altre. Quello che colpisce da subito è l’ottima personalizzazione del proprio alter ego online, con numerose armature da sbloccare, un buon numero di colorazioni anche per le armi e altre piccole chicche. Quello che c’è da dire è che questo tipo di multiplayer non è per tutti, soprattutto per chi p abituato agli sparatutto moderni. Qui non si sfruttano glitch, postazioni per camperare o perks, qui contano i riflessi e la skill. Doom riporta anche su console in concetto stesso di FPS arena tanto chiaro ai PC gamer, ammorbidendolo un po’ per adattarlo all’utenza moderna, lasciando così solo due armi come loadout (anche questo completamente personalizzabile). Come ci si aspetta da Doom, il multigiocatore è brutale, punitivo e frenetico, una modalità che richiede dedizione e fatica per arrivare ad alti livelli. Peccato per ora sia eccessivamente sbilanciato sotto certi aspetti, con armi decisamente troppo potenti che hanno già visto il loro uso inflazionato da parte della comunità più competitiva (doppietta su tutti, ma questo lo sapevamo giù). Molto divertente la possibilità di diventare un demone qualora si riesca a conquistare la runa demoniaca durante la partita, con conseguente aumento del senso di onnipotenza. Ultima cosa, qualora non foste ancora soddisfatti, la Modalità Snap Map, un ottimo editor di mappe che vi permetterà dopo qualche giorno di apprendistato di poter creare nuovi livelli, modalità aggiuntive e vere e proprie sfide per i vostri amici. Di nuovo, un eccellente lavoro da parte di Id Software.
Beauty in Hell
Parlando di tecnicismi, abbiamo testato Doom sia su Xbox One che su PC, riscontrando risultati positivi su entrambe le piattaforme, nonostante il livello di dettaglio su PC sia qualcosa di strabiliante. Il gioco gira a 60 fps fissi che èè possibili apprezzare nell’incredibile fluidità del gioco. Ottimi gli effetti particellari, così come la risoluzione dell’illuminazione e delle fiamme; peccato invece per un eccessivo fenomeno di pop up delle texture, davvero poco azzeccato con l’atmosfera del gioco. E’ chiaro che forse è lo scotto da pagare per avere una fluidità del genere, ma sinceramente ci si aspettava qualcosa di più. Eccellente invece il sonoro, con un doppiaggio nella media ed una colonna sonora davvero incredibile, che alterna metal industriale durante i combattimenti a liriche classiche durante le sezioni all’Inferno. Buona anche l’IA dei nemici, se così voglia definire un’orda di mostri che vi si lancerà addosso senza tregua. Per quanto concerne la longevità, a livello di difficoltà medio la campagna tira avanti per una quindicina di ore, una durata di tutto rispetto per un fps del genere, che si allunga drasticamente se si decide di scoprire tutte le location nascoste nelle varie mappe.
PRO:
- Gameplay old school
- Brutale, frenetico, esaltante
- Multiplayer FPS arena skill based
- Ricchissimo di collezionabili
- Mappe vaste e complesse
- Ottimo editor di gioco
- Tecnicamente buono…
CONTRO:
- …nonostante un eccessivo pop up delle textures
- Multigiocatore sbilanciato per adesso su alcune armi