Approciarmi a Days Gone è stato strano: durante gli hands-on all’E3 dell’anno scorso ed alla Games Week dello stesso anno mi ero fatto un’idea non molto lusinghiera del gioco e le mie aspettative nei suoi confronti non erano molto alte: mi aspettavo già una delusione da parte del titolo di Bend Studio, team a capo dell’unico progetto first-party di questa prima metà del 2019. Tuttavia una volta avviato il gioco ho dovuto ricredermi: il salto qualitativo fra la build provata ormai quasi un anno fa e la release finale mi ha fatto ben sperare per il gioco fin dai primi momenti: sarà stato sufficiente il lavoro operato dallo studio di sviluppo a far promuovere il gioco? Scopriamolo.
Il mondo si trova al collasso, una pandemia sparsasi per tutto il globo ha trasformato gran parte della popolazione in un’orda di creature denominate “furiosi”, esseri aggressivi ed affamati di carne, costringendo i pochi umani rimasti a riunirsi in rifugi atti a prevenire la minaccia costituita da questi esseri. Deacon “Deek” St. John è un motociclista ex-membro di una banda di motociclisti, la Mongrel MC: insieme al suo amico e compagno di scorribande William “Boozer” Gray, Deacon svolge il lavoro di cacciatore di taglie e compie incarichi per conto di alcuni rifugi per sopravvissuti della zona, dando caccia ai furiosi ma anche ad alcuni predoni che hanno approfittato della mancanza di un corpo che tuteli la sicurezza dei cittadini per prendere di mira le persone che cadono nelle loro imboscate. Sono passati oltre due anni dall’inizio dell’epidemia e dall’apparizione dei primi furiosi e proprio al tempo trascorso dal giorno 0, dall’evento che ha cambiato la vita di Deacon per sempre, fa riferimento il titolo del gioco: Days Gone, giorni passati, eppure nonostante tutto questo tempo trascorso Deacon non riesce a trovare pace dentro di sé e la tragedia unita al dover vagare per le foreste dell’Oregon alla ricerca di zombie e pazzi omicidi hanno forgiato il carattere del protagonista, rendendolo introverso ed incapace di fidarsi di qualcuno che non sia il suo migliore amico. Gli eventi veri e propri però hanno inizio quando Deacon comincia ad indagare sui segreti che circondano la NERO, un’agenzia governativa che opera nascondendo il suo vero obiettivo dietro la copertura degli aiuti umanitari alla popolazione americana sopravvissuta. Essendo un gioco fortemente story-driven non aggiungeremo maggiori dettagli relativi alla storia in modo che possiate scoprire da voi ogni altro singolo avvenimento del gioco. La storia principale viene narrata nelle missioni della main quest, affrontabili unicamente nell’ordine stabilito dal gioco, ma durante le varie subquest con le quali potremo spezzare il ritmo della missione principale, il carattere di Deacon verrà tratteggiato un pezzo alla volta, fino a ricomporre un mosaico rappresentativo del personaggio. Inizialmente Deek si presenterà a noi giocatori come un personaggio introverso dal carattere brusco, un motociclista di una banda di fuorilegge che espone fiero la black patch della 1%, ma ben presto scopriremo che dietro la maschera da duro si nasconde un personaggio con una morale, capace di provare pietas e compassione ed estremamente legato alle pochissime persone di cui si fida per le quali metterebbe a rischio la propria vita. Lo so, qualcuno potrebbe pensare che anche il personaggio di Joel, protagonista del primo The Last of Us, si presentava come un personaggio burbero che nel corso dell’avventura imparava a fidarsi di Ellie rivelando il suo carattere paterno ed effettivamente giocando a Days Gone ci si rende conto di come il gioco sia debitore al titolo di Naughty Dog nell’ispirazione, non tanto per il tema apocalisse zombie quanto per l’ispirazione per il protagonista e per alcune meccaniche di gameplay (che vedremo fra poco), ma nel complesso Days Gone è un’avventura che ha da dire il fatto suo in termini di trama e caratterizzazione dei protagonisti, dimostrando l’impegno di Bend Studio nel realizzare una trama che conquisti il giocatore toccandone le giuste corde.
Trattandosi di un survival horror, Days Gone ha diversi elementi in comune con altro giochi moderni dello stesso genere, primo su tutti il già citato The Last of Us, pertanto la sensazione giocare con qualcosa di familiare sarà piuttosto marcata. Effettivamente Days Gone non è un titolo che innova: il lavoro fatto da Bend Studio (che non metteva mano sulla produzione di un tripla A da parecchio tempo) è stato quello di studiare le meccaniche dei giochi del panorama odierno, rimpastarle insieme per confezionare un prodotto che fosse funzionale e divertente sotto tutti i punti di vista, al netto di qualche difetto del quale vi parleremo. Si tratta di un survival horror con visuale in terza e mappa open world, con una spiccata rilevanza di elementi di crafting, gestione delle risorse e della motocicletta che, come per ogni biker che si rispetti, sarà una compagna inseparabile per Deacon. Nel nostro girovagare per l’Oregon alla ricerca di furiosi e predoni, sarà fondamentale porre attenzione alla raccolta di oggetti disseminati in tutto il mondo dato che tutto gira intorno alla gestione delle risorse a nostra disposizione: dalla barra della vita che non si ricaricherà se non tramite l’uso di bende e medikit (nemmeno se dormiremo) alle armi da mischia che si romperanno dopo aver inferto un certo numero di colpi, dalla benzina necessaria per usare la moto ai rottami utili per riparare il nostro mezzo dai danni subiti. In caso di necessità sarà possibile acquistare alcuni elementi come benzina e munizioni, spendendo però quei pochi crediti a nostra disposizione guadagnati compiendo missioni per i campi e consegnando le taglie, che però potrebbero essere investiti in maniera migliore acquistando potenziamenti per la moto o armi da fuoco migliori. Oltre alle caratteristiche mutuate dai TPS, il gioco mette a disposizione del giocatore delle semplificate meccaniche di stealth, facili da padroneggiare e utili in molte situazioni poiché permetteranno di liberarsi di qualche avversario senza dover sprecare preziose munizioni. Grazie alla vista da superstite, Deek può individuare la posizione di risorse disseminate all’interno dell’area in cui si trova, ma non la posizione esatta dei nemici: sulla minimappa alcuni settori circolari si coloreranno di rosso in caso di un elemento di pericolo nelle vicinanze, ma solo tramite l’uso del binocolo che ci permetterà di marcare i nemici potremo seguire i loro spostamenti e verificare il loro livello di allerta, anche se questi dovessero nascondersi dietro ad un muro od un altro ostacolo. Days Gone si fregia di una discreta varietà di missioni che sapranno offrire un buon livello di intrattenimento e divertimento: si passa dal dover liberare aree dalla presenza di nidi di furiosi al dover espugnare zone rinforzate presidiate da fuorilegge, fino a probabilmente quella che è la tipologia di attività più divertente del gioco, ovvero l’affrontare orde di furiosi capaci di sopraffarci in pochi secondi, un’operazione che richiede lo studio del terreno di scontro, un buon equipaggiamento ed il giusto livello di abilità da parte del giocatore. Come avrete capito la moto è uno dei fulcri del gioco: dalla moto è possibile attivare lo spostamento rapido (che consumerà benzina e tempo e sarà disponibile solo se sul tragitto dalla nostra posizione a quella dove vogliamo andare non saranno presenti nidi di furiosi) al salvataggio manuale della partita ed anche la mappa è stata studiata per essere a prova di moto, rendendola abbastanza grande da dover utilizzare un mezzo di trasporto per i grandi spostamenti, ma non troppo estesa e dispersiva da rendere noioso il viaggio dal punto A al punto B.
Come detto in precedenza, Bend Studio ha messo insieme elementi di gameplay attinti da altri giochi e li ha rimescolati fino ad ottenere un prodotto che il team sentisse proprio, realizzando un prodotto caratterizzato da basi solide, ma che si perde in alcuni dettagli che non gli permettono di raggiungere i livelli qualitativi delle produzioni alle quali si ispira. In primo luogo il sistema di coperture sarebbe da revisionare e rendere più moderno: nel gioco non sono state implementate elementi ormai presenti in molti TPS come la possibilità di agganciare una copertura e muoversi lungo essa o quella di sparare da dietro un muretto senza esporsi e la telecamera rappresenterà un nostro nemico nel momento in cui cercheremo di sparare dal bordo di una parete o un muro. Altra pecca è l’intelligenza artificiale, non tanto dei furiosi che più che caricarci una volta individuati non faranno (come ci si aspetterebbe da uno zombie) quanto quella dei nemici umani che non effettueranno tattiche di gruppo in maniera assolutamente prevedibile e di sovente si comporteranno in maniera illogica, come quelli che, cercando un riparo dal fuoco delle nostre armi, si metteranno in copertura dandoci però le spalle, esponendosi completamente ai nostri colpi. Ciò che però non ho apprezzato nel gioco è la scelta dell’ambientazione, o meglio la sua realizzazione: è vero che nelle foreste dell’Oregon più che alberi, qualche drive-in e piccoli centri abitati con case di legno non vi è molto, ma questa scelta ha avuto un impatto sulla realizzazione del mondo di gioco, rendendolo assolutamente privo di veri luoghi di interesse, di scorci capaci di lasciare a bocca aperta, di colori differenti dalle tinte di verde, di grigio e di marrone, di giochi di luce che diano un minimo di soddisfazione nel girare in moto per le strade sterrate che si snodano fra i boschi.
Al di là dei limiti imposti dall’ambientazione, Days Gone riesce a non sfigurare sul lato tecnico: durante le nostre sessioni (effettuate su PS4 Pro) il gioco ha mostrato un comparto grafico di tutto rispetto, non il punto più alto raggiunto su console Sony ma comunque capace di lasciare il giocatore piuttosto soddisfatto. I modelli poligonali del protagonista e dei comprimari sono molto curati, i modelli dei nemici uccisi da una carica esplosiva perdono gli arti ed altre parti del corpo, gli specchi d’acqua brillano sotto al riflesso del sole ed il meteo dinamico e l’alternanza giorno-notte riescono a rendere un po’ più vivo l’ambiente circostante. Da segnalare inoltre che durante la prova ho riscontrato qualche sporadico problema tecnico come mini-freeze di 1-2 secondi, qualche calo improvviso di frame anche in situazioni non particolarmente piene di elementi a schermo e qualche compenetrazione poligonale delle ragdoll dei nemici con l’ambiente di gioco, ma niente che rendesse insostenibili le partite effettuate. Come in tutte le produzioni Sony di un certo livello, le voci dei personaggi (compresi gli NPC) sono completamente in italiano e la prova recitativa dei doppiatori riesce ad essere convincente e coinvolgente, mentre le musiche di Nathan Whitehead (autore delle colonne sonore dei film della serie The Purge) non possono essere definite indimenticabili, ma si sposano bene con le varie cut-scene che infarciscono il gioco, risultando sempre appropriate e mai fastidiose, anche se in certe situazioni un po’ banali.
PRO
- Trama ben raccontata
- Divertente da giocare
- Il gameplay poggia su solide basi…
CONTRO
- … ma alcune meccaniche presentano qualche difetto di troppo
- Intelligenza artificiale dei nemici umani da rivedere
- Alberi, alberi, alberi.
Versione provata: PlayStation 4 Pro
Voto: 8
Disponibile dal 26 aprile in esclusiva su PlayStation 4