Sono stati scritti fiumi di parole sul fenomeno dei Soulslike e sulle sue interazioni successive, tanto da condizionare inevitabilmente giudizi e monopolizzare discussioni tra giocatori di diverse generazioni e vedute. Dark Souls è stato uno degli ultimi fenomeni globali prima dell’avvento dei MOBA e dei BR, andando per alcuni a sfiorare il concetto di religione. Va da sé che un titolo del genere non ha bisogno di presentazioni, ma forse un’introduzione è d’obbligo per l’arrivo sulle console di attuale generazione di Dark Souls Remastered, edizione in HD del primo capito della saga (se escludiamo Demon) ad opera dello studio polacco QLOC. Ne avevamo bisogno? Forse. Ne vale la pena? La risposta è più o meno uguale.
Io stavo con il Nano Furtivo
Reintrodurre e spiegare il gioco che ha lanciato From Software nell’immaginario mondiale come software house leader sarebbe inutile e ridondante. Come già detto all’inizio, sono state spese miliardi di parole e minuti su questo fenomeno globale, tutte a portata di click su qualsiasi dispositivo. Ci concentreremo quindi nell’analisi qualitativa di questa versione in alta risoluzione che comunque soffre di luci ed ombre così come lo era il gioco originale. Leviamoci subito il pensiero: se conoscete a memoria le terre di Lord Gwyn, non troverete nulla di diverso che vi porti a giustificare nuovamente l’acquisto del gioco, a meno di non essere fan sfegatati o davvero curiosi. La versione HD ha migliorato la componente tecnica e svecchiato alcune meccaniche online ormai superate da tempo, ma nulla che sposti gli equilibri come fu con Dark Souls 3. È innegabile comunque il fascino esercitato dal gioco, che a distanza di sette anni rimane ancora comunque una delle maggiori vette artistiche raggiunte dal media videoludico. La partenza dalla prigione dei non morti, l’incontro con il cavaliere di Astoria, tutto ci trasporta inevitabilmente indietro nel tempo e frenare il fiume dei ricordi appare impossibile. Riuscendo ad andare oltre, si iniziano a vedere le innovazioni tecniche apportate con questa versione migliorata. La prima e più evidente è sicuramente l’aumento a 60fps della risoluzione, che trasmette una fluidità precedentemente appannaggio delle sole versioni PC. Combattere e morire al doppio della risoluzione è una sensazione appagante, una libertà che diverrà a tratti irrinunciabile una volta sperimentata. Ci ha stupito la stabilità che il gioco riesce a mantenere, andando ad annullare quelli che erano i difetti ormai implementati all’interno dell’avventura. Ricordate la Città Infame, di nome e di fatto, con i suoi drop improvvisi di frame rate? Bene, dimenticateli pure, ora fila tutto liscio come l’olio e i fallimenti torneranno ad essere esclusivamente colpa vostra e non del gioco.
Il fascino della decadenza
Se il risultato con il frame rate è ottimo, lo stesso non si può dire textures, che sono state migliorate con risultati altalenanti. Su macchine come PS4 Pro e Xbox One X è possibile selezionare una risoluzione a 4K, anche se in realtà è figlia di un render upscalato a 1800p, cosa che risultava impensabile fino a qualche anno fa, ma non ha nulla di nativo. Viene da pensare come mai un titolo di anni fa, tra l’altro neanche particolarmente importante dal punto di vista grafico, sia stato privato di una risoluzione 4K nativa. Il dubbio cresce nel momento in cui si iniziano a notare le numerosissime textures a bassa risoluzione in giro per il gioco, che a tratti sembrano non essere mai state ritoccate. Fortunatamente molte altre sono state invece rese alla perfezione, come il magma della Perduta Izalith o nel fondo della città Infame, così come gli effetti particellari di fuoco e magie, ora davvero impressionanti. Tutto questo però non fa che aumentare la percezione del divario qualitativo a schermo, che restituisce la sensazione di un lavoro compiuto a metà. Il colpo di grazia è dato dall’HUD del gioco, rimasto invariato dalla prima edizione, creando così un contrasto a tratti imbarazzante tra risoluzioni. Abbiamo percepito anche un massiccio utilizzo del motion blur, soprattutto durante gli scatti, cosa che incide sulla qualità finale dell’immagine lasciandoci ancora una volta con la sensazione di un lavoro approssimativo. Se proprio si vuole soprassedere sulle questioni tecniche, c’è da dire che i fondali sono stati ricostruiti in maniera eccellente, con una nitidezza prima impensabile. Il risultato è strabiliante, e quando abbiamo rivisto Anor Londo in tutto il suo splendore, abbiamo riprovato le stesse sensazioni di meraviglia della prima volta. In questo Dark Souls non sbaglia mai.
Mai più soli
Oltre alle migliorie tecniche, Dark Souls Remastered ha implementato alcune innovazioni sul versante multiplayer. Innanzitutto sono state abbandonate in toto le connessioni peer to peer in favore di server dedicati, cosa che farà la felicità di molti giocatori per una maggiore stabilità online, ora non più dipendente dalla connessione dell’host. Sono state cambiate anche le regole del PvP e della cooperativa. Presa di peso da Dark Souls 3, ora c’è la possibilità di invitare direttamente un amico tramite l’utilizzo di una password, snaturando un po’ la natura solitaria e randomica del gioco, ma rendendolo di fatto un titolo molto più comodo da giocare in compagnia. Per quanto riguarda le invasioni, con ben due invasori alla volta e altri tre aiutanti per l’ospitante, tutto viene reso decisamente più avvincente e epico. Per quanto riguarda le meccaniche svecchiate, abbiamo ad esempio le fiaschette estus dimezzate da usare durante le invasioni, o la possibilità di consumare più oggetti contemporaneamente, come le anime.
PRO:
- Finalmente 60 fps
- Le textures in alta risoluzione fanno la loro figura
- Alcune migliorie alle meccaniche e al multiplayer
- Artisticamente ha sempre il suo fascino
CONTRO:
- Rimasti alcuni difetti storici
- Sensazione di remastered “frettolosa”
- Nessuna reale innovazione che giustifichi un nuovo acquisto
Versione testata: Xbox One X
Voto: 7