Per quanto Rainbow Six Siege abbia attenuato nel tempo l’assenza di un titolo SWAT, era ora che venisse pubblicata una proposta parallela e ancora più tattica. Ecco dunque Ready or Not, titolo già da diverso tempo in Early Access su Steam e ora accessibile nella sua forma più completa. Immersione, lentezza di movimento, velocità di esecuzione e freddezza. Sono gli ingredienti che danno forma a questa interessante esperienza, per portare il giocatore nel cuore della sua azione. Vi lasciamo, dunque, alla nostra recensione di Ready or Not.
Un gameplay lento e pieno di ragionamento
Da bravi Comandanti della squadra, gli obiettivi sono ben chiari: tornare a casa senza perdite umane e con un lavoro pulito. Ready or Not riassume questo concetto in una frase visibile saltuariamente nel gioco: “Non siamo qui per creare vedove od orfani, ma per portare ordine nel caos”. Per questo occorre adottare un approccio pari pari a quello che un agente speciale sceglierebbe nelle 18 missioni disponibili, con regole che in altri giochi più “leggeri” potrebbero venire bellamente ignorate.
Ready or Not ci prepara subito all’azione con un tutorial basilare, che insegna principalmente a imbracciare l’arma per utilizzarla in contesti CQB, gestire gli equipaggiamenti secondari per perlustrare l’area e impartire ai compagni gli ordini necessari alla buona riuscita della missione. Questo tutorial non è del tutto esaustivo, poiché sembra più una spinta di coraggio verso quello che sarà il vero gameplay di Ready or Not. Una volta scesi sul campo si comincia infatti a prendere contatto con la cruda realtà. Le sagome di metallo si tramutano in vere e proprie persone, con relativi approcci e insicurezze. Potenzialmente si potrebbe addirittura fare tutto senza sparare un singolo proiettile per lasciare che siano i 4 agenti di supporto a rispondere agli ordini, ma tutto parte comunque dalla mente del Comandante, il giocatore.
Gli ordini utilizzabili sono molti di più rispetto a quelli illustrati nel tutorial e cambiano in base a dove venga puntato il fucile/cursore. La gestione può sembrare macchinosa all’inizio, ma richiede semplicemente un po’ di pratica, impegno e buona volontà per essere appresa. Si può parlare al team intero, alle coppie oppure ai singoli membri, ordinando di controllare porte, posizionarsi appresso o sfondarle per poi controllare la stanza. È possibile anche creare code di azioni per operare in modo differenziato o circondare i nemici. Tutto succede con una grande lentezza di movimento, che rende ancora più apprezzabile la strategia dietro ogni decisione. Del resto, chiunque può morire anche solo per un singolo colpo ben piazzato.
Sparare non è sempre la soluzione. I civili rispondono con la sottomissione alle urla intimidatorie della SWAT, ma anche i sospetti possono fare la stessa cosa. Non a caso, alcune missioni richiedono che il sospettato venga catturato vivo. Se un nemico si accorge di essere circondato o sopraffatto, è probabile che si arrenda ancora prima di premere il grilletto contro gli agenti. Questo è essenziale, perché sparare e uccidere un sospetto solo perché imbraccia un’arma è considerato contro il regolamento di ingaggio e quindi punito col decurtamento dei punti a fine missione. Contrariamente a quanto si vede in certi contesti americani, qui si fanno davvero domande prima di sparare. Per superare al massimo ogni missione occorre quindi infondere e governare la paura. Tipo Batman, che non ha bisogno di trasformare i suoi nemici in colabrodo.
L’ansia è però l’ostacolo più grande. Per quanto gli strumenti tecnologici permettano di sondare il terreno in anticipo, varcare una porta o sbirciare dietro un angolo crea sempre un piccolo momento di terrore e indecisione. Del resto, ogni proiettile conta e fallire le missioni comporta gravi perdite per la SWAT. Anche uscire in anticipo dalla missione è altamente rischioso per l’equilibrio della squadra.
Grafica ottimale senza compromessi
Giocato con una ormai modestissima GTX 1070 Ti, l’unico problema riscontrato è stato il calo di framerate in momenti sporadici. La forbice è piuttosto ampia, poiché tocca i 90fps come i 20fps durante i brevissimi attimi di stress. Contando che la qualità globale è stata impostata su Epic, è chiaro che schede grafiche, anche solo leggermente più recenti, non hanno alcun problema a reggere il comparto grafico del gioco.
Il buio si fa sentire, motivo per cui è quasi sempre necessario accendere la torcia equipaggiata per cercare obiettivi e scovare nemici. Di contro, la luce è ovviamente un chiaro segnale di irruzione per i sospettati, che godono di una IA davvero spietata in certe situazioni. Il popup delle texture si è verificato solo nel caricamento del menu principale e nel breve intermezzo tra il briefing e l’inizio della missione. Una volta arrivati sulla location dell’intervento non ci sono quindi altri problemi, se non i cali sporadici di fluidità. Per fortuna nulla di tutto ciò capita durante gli scontri a fuoco.
I bug possono essere fastidiosi
Diverso è il discorso quando si parla di comparto tecnico. Ready or Not è andato in crash una sola volta, in una situazione nemmeno così critica. Siamo invece andati incontro qualche volta a cadaveri con spasmi causati dall’attraversamento col terreno o coi muri, oltre ad armi cadute in piedi per terra. Gli stessi operatori risultano a volte leggermente legnosi e con effetti da manichino quando si posizionano per irrompere nelle stanze. Per fortuna questi piccoli errori non hanno alcun impatto sul gameplay in sé, risultando fastidiosi solo per l’occhio. È comunque un peccato per via dell’ottima qualità globale.
Una base operativa vera e funzionale
Ready or Not mette a disposizione un’intera centrale per immedesimarsi ancora di più nella vita di un agente SWAT. La base operativa permette di personalizzare il proprio loadout o anche solo la configurazione estetica del Comandante. Importante è anche la gestione del team, con agenti in grado di dare il meglio di sé solo in certe situazioni psicofisiche. Ogni missione completata con successo fa aumentare l’umore e sbloccare abilità extra, mentre la morte di un operatore o, ancora peggio, del Comandante, getta tutti nello sconforto. È quindi possibile assumere nuove persone o gestire quelle esistenti, mandandole letteralmente in terapia.
Altre aree visitabili includono una stanza per gli oggetti requisiti, le celle di detenzione e, soprattutto, la sala briefing dove è possibile selezionare le missioni giocabili e avviarle. Ognuna viene sbloccata dopo il completamento di quella precedente. Il voto finale influisce soprattutto sugli oggetti sbloccabili per personalizzare il Comandante. Ovviamente, quelli più particolari richiedono sforzi notevoli per essere utilizzati.
Ritornando al menu principale, è anche possibile passare in rassegna le molteplici mod create dalla community, in grado di dare un senso di infinità a Ready or Not. Non si parla soltanto di nuove mappe da esplorare, bensì di qualsiasi tipo di contenuto installabile nel gioco. La stabilità, come anche l’attenzione ai dettagli, non è garantita.
In modalità cooperativa è sempre uno spasso
Salvare vite di innocenti, disinnescare bombe o bloccare individui sospetti è sempre qualcosa di estremamente serio e rischioso. Quando lo si fa in team con altre persone online, può andare diversamente. Giocato con gli amici, Ready or Not può dare sia momenti di massima sintonia lavorativa grazie al suo gameplay tattico e strategico, sia attimi di goffa follia quando anche solo uno degli operatori finisce per piantare un proiettile tra gli occhi di un povero passante.
“Giuro che aveva un’arma in mano!” non è una scusa poi così accettabile, del resto. Dipende quindi da cosa si ricerca in Ready or Not. Le lobby multiplayer casuali non possono mai garantire al 100% di trovare compagni con la stessa linea di pensiero, quindi conviene creare un team da zero per immedesimarsi alla perfezione nella situazione emotiva dei membri SWAT.
Lo stesso pensiero vale anche per una giocata “for fun”. Tutti i membri devono essere consapevoli che potrebbe esserci qualche mossa ingenua in grado di causare ilarità, motivo per cui, ancora una volta, è meglio affidarsi a persone conosciute rispetto a quelle trovate casualmente su internet. Resta il fatto che Ready or Not sia un gioco pensato anche e soprattutto per l’attività coop in multiplayer, dove si può apprezzare davvero una coordinazione perfetta tra i membri del team. È una sfida ardua, ma questi titoli sono creati proprio per gente che cerca questo genere di attività impegnative.
Una meraviglia per le orecchie
Ultimo, ma non meno importante, è l’aspetto dell’audio. Questo comparto è stato migliorato progressivamente durante lo sviluppo di Ready or Not, passando attraverso diversi step per rendere il tutto più realistico. Non a caso, ci è capitato più volte di dubitare se un rumore fosse dentro il gioco, oppure realmente da qualche parte in casa.
Il funzionamento dell’audio segue diverse logiche, tra cui la distanza tra rumore e orecchie del giocatore e presenza di muri o altri ostacoli. Spari, voci ed esplosioni vengono attutite in modo incredibilmente intuitivo. Contrariamente ad altri titoli, riconoscere da dove provenga un suono è piuttosto semplice. Non sarà raro, infatti, togliersi le cuffie per poi guardarsi attorno e controllare se gli agenti SWAT (molto “fuori” giurisdizione) non siano effettivamente appostati fuori dalla nostra finestra.
VERSIONE TESTATA: PC
La recensione in breve
Ready or Not è la fenice che risorge dalle ceneri di SWAT 4. La sua intensità di azione esula dal concetto di run and gun a cui siamo troppo abituati al giorno d’oggi. Per quanto Rainbow Six Siege abbia riportato l’attenzione su questa tipologia di gioco, Ready or Not va ben oltre: non c’è alcuna modalità multiplayer competitiva, ma la presenza di nuovo materiale creato dalla community rende potenzialmente infinita l’esperienza solitaria o cooperativa. Il comparto audio è la ciliegina sulla torta, grazie alla sua realizzazione estremamente immersiva e d’impatto
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Voto Game-eXperience