Sarebbe dovuto uscire domani, ma è stato rinviato ai primi giorni di aprile: un rinvio di poco conto se si pensa che attendiamo il titolo sin dal suo annuncio nel 2015 e che Square Enix ci aveva già stuzzicato con la tech demo per PlayStation 3 risalente addirittura al 2005. Se siete fan dei giochi di ruolo giapponesi saprete già che sto parlando del remake di Final Fantasy VII, uno dei titoli più noti e più amati della saga (stando ad un recente sondaggio ad opera del network NHK è il secondo episodio più amato in Giappone) che dopo 23 anni dalla sua uscita sulla prima PlayStation sta per tornare sull’attuale generazione di console di casa Sony in esclusiva (anche se i rumor parlano di un’uscita in esclusiva temporanea): ho avuto l’occasione e l’onore di essere invitato da Koch Media e Square Enix all’evento di presentazione del gioco dove il producer Yoshinori Kitase (director del gioco originale) ed il co-director Naoki Hamaguchi (subentrato a Tetsuya Nomura dopo che questo ha accantonato il progetto per concentrarsi su Kingdom Heats III) hanno illustrato alla platea le caratteristiche che contraddistinguono questo primo episodio del progetto Final Fantasy VII Remake, ma soprattutto dove ho potuto provare una corposa demo del gioco facendomi un’idea piuttosto precisa delle dinamiche di gameplay del gioco e rafforzando le aspettative createmi durante la mia prova a Los Angeles. Ah già, ho anche fatto la foto con l’iconica Spada Potens, l’arma imbracciata dal protagonista.
L’intento del team di sviluppo è stato quello di creare l’esperienza definitiva per un gioco di ruolo giapponese, non facendo una semplice trasposizione dell’originale in salsa moderna ma offrendo un prodotto che possa rappresentare una novità anche per i vecchi fan e non solo per i nuovi adepti: i contenuti sono stati ampiamente rimaneggiati inserendo elementi che hanno arricchito l’offerta, al punto che il progetto è stato suddiviso in episodi e che ogni episodio va visto come un gioco completo come furono i tre capitoli di Final Fantasy XIII. Square Enix ha investito moltissimo nella cura dell’aspetto tecnico, sia nel comparto audio che in quello video: il gioco ricalca quelle che erano le tracce originali di Final Fantasy VII ad opera del celebre compositore nipponico Nobou Uematsu, ma oltre a riorchestrarle e riarrangiarle il team ha implementato il dynamic sound system, ovvero un sistema che farà variare la traccia per intensità, volume e strumentazione impiegata, un po’ come accadeva con il tema dei Chocobo in Final Fantasy XV. Lo stupore maggiore è però dato dal comparto video, basato su una versione custom dell’Unreal Engine, lo stesso motore utilizzato dalla quindicesima incarnazione del brand e come essa stupisce per la bellezza degli scenari e dei volti dei personaggi. Uno degli obiettivi del development team è stato quello di trasmettere tramite le immagini delle sensazioni che con le tecnologie del 1997 potevamo solo cercare di immaginare: le animazioni facciali sono state curate per essere credibili ed espressive e portare il giocatore ad un nuovo livello di immersione ed empatia durante i filmati, gli scorci di Midgar non sono ampi e colorati come quelli di Eos in Final Fantasy XV dato lo stile molto più steampunk e dark della città, ma la quantità di dettagli la rendono splendida ed i fulmini che si abbattono nei cieli sopra di essa sono stati pre-renderizzati utilizzando una rete neurale formata da ben cento computer.
Passando invece alla prova, finalmente ho potuto assistere ad una demo che mettesse a disposizione più elementi GDR di quelli visti durante la demo di Los Angeles: ancora una volta voglio confermare la bontà dell’IA dei compagni di squadra, ognuno capace di coprire il suo ruolo in base alla tipologia di arma imbracciata, quindi più close combat per la spada di Cloud ed i pugni nelle mani di Tifa, range combat per la mitragliatrice di Barret e la magia offensiva di Aerith. La prima missione provata altri non era che la prima missione del gioco: Cloud, insieme a Barret ed ad altri membri dell’AVALANCHE giunge al reattore mako per piazzare un ordigno e distruggerlo e sulla loro strada devono battersi con i SOLDIER (dei quali Cloud faceva parte), un’organizzazione paramilitare al soldo della società energetica Shinra che gestisce i reattori disseminati per Midgar. In questa prima fase con solo due personaggi nel party è stato più facile saggiare le potenzialità del nuovo battle system e le sue stratificazioni: ad un primo approccio può sembrare che si tratti di un action RPG in terza persona con la possibilità di passare rapidamente da un membro all’altro del party, ma dopo qualche manciata di minuti di gioco ci si rende conto che la profondità del sistema di combattimento passa dalla tactical mode. Durante le fasi di azione pura saremo limitati all’uso di comandi elementari come la parata, la schivata, il salto, l’attacco standard ed un pulsante che offrirà un’azione contestuale in base al personaggio controllato (per esempio Cloud cambierà lo stile di combattimento da leggero a pesante e viceversa, Barrett lancerà un colpo caricato che però surriscalderà la sua mitraglietta. Tutti gli altri comandi che siamo soliti ritrovare all’interno di un Final Fantasy (e più in generale nei GDR) sono situati nel menu della tactical mode, al quale si può accedere in qualsiasi momento premendo i dorsali: da questo menu si potranno gestire incantesimi, abilità, oggetti, evocazioni e limit break, sempre tenendo in mente che ciascuna di queste mosse consumerà un certo numero di tacche di una barra chiamata ATB. Niente più spamming degli oggetti curativi come accadeva in Final Fantasy XV, ogni mossa andrà ponderata, ogni membro del party dovrà essere tenuto in considerazione, ogni barra ATB non dovrà essere sprecata. Tramite evocazione gli esper si affiancheranno a noi in combattimento e condivideranno con l’evocatore le barre ATB: l’esper attaccherà costantemente il nemico fino ad esaurimento di una sua time bar dedicata quando si ritirerà non prima di aver eseguito una devastante finisher, ma potrà utilizzare anche abilità speciali fintanto che sarà presente sul campo. Le evocazioni saranno possibili grazie all’eccellente sistema di Materia che sì, torna anche in questa versione del gioco: livellando le armi non solo ne aumenteremo le statistiche ma anche il numero di slot per le Materie, anche esse potenziabili, che daranno accesso a nuove magie, abilità passive o attive ed evocazioni. Insomma, ogni elemento ruolistico è stato ponderato ed inserito in maniera perfettamente equilibrata con gli altri elementi del gameplay.
In mezzo a tutta questa meraviglia che vi ho descritto sinora e che mi fa ben sperare per il risultato finale, è necessario sottolineare anche un paio di elementi che mi hanno lasciato titubante: il primo di essi è forse una fisima da amante del gioco originale, ovvero che l’inserimento di nuovi contenuti all’interno del gioco ed la sostanziale rivisitazione delle scene possano in qualche modo danneggiare la trama e la narrativa originale di Final Fantasy VII che non era esente da difetti ma che allo stesso tempo è diventata talmente nota ed amata dai fan che potrebbe essere motivo di disapprovazione: nel dettaglio, ciò che mi ha lasciato perplesso sono le comparsate di un certo personaggio che i fan conoscono bene sin dai primi momenti successivi all’attentato al reattore mako, sebbene non in forma reale, quando sappiamo bene che la sua prima apparizione non è così immediata. L’altro difetto rilevato è invece più tangibile, ovvero il lavoro di localizzazione che è stato effettuato, non tanto nei menu e nelle fasi tutorial che sono sempre molto comprensibili, quanto nei sottotitoli che accompagnano l’enorme mole di dialoghi e filmati. Il gioco infatti è completamente localizzato in italiano, ma le voci dei personaggi restano disponibili in inglese (e presumo giapponese): il problema sorge quando le frasi pronunciate dai personaggi differiscono platealmente da ciò che è riportato nei sottotitoli, al punto da cambiare completamente il senso di un’affermazione o il registro del personaggio. Anche avendo avuto a disposizione la traccia audio in lingua originale, non avendo conoscenze di giapponese mi sarebbe comunque stato difficile determinare se chi si è occupato della localizzazione abbia lavorato sulla traccia nipponica che risulta così tanto differente da quella inglese o se il lavoro di localizzazione si sia preso delle libertà. Tolti questi aspetti, Final Fantasy VII Remake si peannuncia un gioco entusiasmante, che non ha perso lo smalto dopo 23 anni e che è riuscito a catturare lo spirito del titolo originale riproponendolo in salsa moderna. Non vediamo l’ora di poter testare la versione finale del gioco per poterne parlare in maniera più ampia. Se intanto volete provare anche voi la prima parte del gioco, sappiate che è appena stata resa disponibile la demo sul PlayStation Store.
ASPETTATIVE
- Un combat system moderno e profondo
- Una cura tecnica che dia nuova luce ad un classico
- Maggiori approfondimenti su trama e personaggi…
DUBBI
- … sperando che ciò non snaturi il gioco
- La localizzazione nei video sembra approssimata