Prima di partire per la Gamescom 2025, alla quale parteciperemo per provare svariati titoli in uscita, abbiamo avuto l’opportunità di avvicinarci a Pragmata, titolo Capcom in arrivo nel 2026 che da anni ha fatto parlare di sé dopo l’annuncio avvenuto ormai cinque anni fa. Curiosi di capire cosa stesse bollendo in pentola ci siamo trovati davanti una prova limitata nel tempo, ma comunque suggestiva e in grado di sollucherarci non poco. Siamo dunque pronti a raccontarvi le nostre impressioni nell’anteprima di Pragmata.
Concept: un’icona di eleganza sci-fi
Dopo cinque anni di attesa, Pragmata emerge come una promessa vibrante nel panorama contemporaneo: un action-adventure dallo stile raffinato, ambientato in una stazione lunare isolata e desolata. Capcom sembra finalmente pronta a presentare qualcosa che non sia solo grande in scala, ma intelligente nella struttura — un titolo che stuzzica la mente prima ancora di sollecitare il giocatore col gameplay.
La storia, incentrata sul rapporto tra un astronauta Hugh, e un’androide bambina, Diana, resta impressa per la sua delicatezza. Niente spiegoni l’incipit ti mette subito nella mischia, mentre i due devono sopravvivere ai robot ostili in una base lunare misteriosa. Quello che colpisce non è solo il contesto, bensì il modo in cui Capcom lo rende palpabile. Il contrasto tra il silenzio minimale della Luna e la presenza di Diana crea una tensione emotiva ricca di promesse. In un mercato saturato da epiche dilatate, questo approccio intimo e riflessivo è innanzitutto un atto stilistico: una sfida espressiva.
Gameplay: tra strategia tattica e frenesia controllata
Il cuore pulsante di Pragmata è il gameplay: un duetto dinamico tra Hugh e Diana. L’umanità di Hugh e la destrezza tecnica di Diana si fondono in un sistema di gioco unico: mentre il primo spara a bersagli robotici con una pesantezza corporea importante, la seconda entra in campo con un minigioco d’hacking che sblocca i punti deboli dei nemici.
Il loop è semplice, immediato, ma elegante: incorniciato in una griglia attivata in tempo reale, il minigioco richiede rapidità e precisione, bilanciamento tra gioco e azione e intelligenza tattica nella scelta dei nodi bonus che conferiscono vantaggi in combattimento. Quando si riesce ad orchestrare un attacco contro un robot dopo un hacking, la soddisfazione è netta, quasi carnale. La fluidità di questo binomio è sorprendente: nulla interrompe il flusso narrativo, proprio perché gameplay e hacking si integrano con naturalezza. In un panorama in cui il combattimento sta spesso dominando, Pragmata suggerisce un nuovo equilibrio tra mente e poligono, tra riflessione tattica e reazione istintiva.
Ambientazione: un quadro lunare
Dal punto di vista visivo, la stazione lunare è resa con cura: luci fredde, corridoi sterili, ambienti degradati da antichi cataclismi. Il rendering è elegante, pittorico, avvolto in una grafica che sa unire pulizia tecnologica e suggestione meditativa. Il contrasto tra la plasticità lucente di Diana e la stasi metallica della base crea un dualismo visivo che rimanda a iconografie di fantascienza ben più adulte e ponderate.
Anche i movimenti meritano applausi: l’uso del jetpack è reinventato come armonia corporea, non semplice sospensione. La direzione artistica evita la spettacolarità fine a sé stessa, creando un’estetica coerente con la narrativa e lodata per la sua maturità. Tutto questo ci riporta a un sentimento concreto: l’entusiasmo per Pragmata è legittimo e fondato. Davvero, il gioco riesce a sembrare fresco in un contesto monotono. Eppure, l’entusiasmo è mitigato da due considerazioni che sorvegliano l’orizzonte del futuro.
Da una parte: quanto a lungo reggeranno i minigiochi di hacking? Se ogni scontro diventa una ripetizione strutturale, anche il sistema più brillante può stancare. Sarà fondamentale vedere variazioni, evoluzioni: nemici speciali, modifiche alla griglia, differenziazione tattica che mantenga viva l’influenza strategica. Il secondo timore riguarda l’arsenale e le strategie. La demo accenna a una pistola con rigenerazione di munizioni, un fucile a pompa e un fucile per immobilizzare. Ma la varietà di armi disponibili, e il modo in cui evolvono durante la trama, restano un’incognita. Perché in un titolo in cui l’azione richiede ritmo e astuzia, l’arsenale deve offrire contesti diversificati, non solo nomi diversi.
Una narrativa silenziosa ma potente
Molto di Pragmata vive nell’implicito. I dialoghi sono ridotti al minimo, lasciando spazio a piccoli gesti, reazioni, sguardi. Diana non parla, ma comunica con movimenti precisi, espressioni lievi. Hugh, dal canto suo, mostra più emozioni dietro al casco che con le parole. Questo minimalismo narrativo non è un limite, ma una scelta: raccontare attraverso l’ambiente, la postura, il ritmo.
Ogni corridoio è una memoria sepolta. Ogni stanza abbandonata sembra contenere la storia di chi ci ha vissuto. Pragmata abbraccia l’eredità di titoli come Inside, Journey o ICO, dove il silenzio è più eloquente di mille battute. Finora il level design si è dimostrato lineare ma stratificato. Non è un open world, né vuole esserlo. Ogni sezione è progettata per offrire un ritmo preciso, quasi musicale: un enigma, un combattimento, un momento narrativo. Non ci sono collezionabili forzati o backtracking artificiosi. La progressione sembra mirata, lucida. Questo approccio rispetta il tempo del giocatore, restituendo un senso di scorrimento coeso e mai dispersivo.
Commento finale
Pragmata è il tipo di gioco che si esprime senza urlare, che sboccia nel silenzio intelligente delle sue meccaniche. È un’intuizione audace di Capcom, che dimostra come si possa innovare restando composti, eleganti e narrativamente centrati. Ma la speranza è che, nel lungo cammino fino al 2026, Capcom non sprechi questa armonia rimanendo su un canovaccio troppo ristretto. A conti fatti, Pragmata merita un applauso prudente: perché ha l’aria di poter essere un titolo che ridefinisce il genere, purché si evolva senza costringersi a ripetere il suo stesso incanto.