Una storia terribile quella che arriva dall’India, paese in cui un giocane di soli sedici anni si è tolto la vita dopo essersi visto imporre di non giocare più al celebre Playerunknown’s Battleground (PUBG).
Il tutto è accaduto a Hyderabad, una regione a sud del subcontinente indiano, e non si tratta neppure della prima volta in cui a PUBG viene attribuita la colpa per delle morti. Non a caso si tratta d’un titolo che soprattutto in Asia gode d’una enorme popolarità. Ben 30 milioni e oltre sono i giocatori attivi ogni giorno nel continente asiatico.
I giornali locali dichiarano che il ragazzo era dedito al gioco in maniera ossessiva, ignorando per esso studi e qualsiasi altra attività. Quando, alla fine, la madre ha deciso di redarguirlo, imponendogli di smettere di giocare e dedicarsi alla preparazione d’un esame d’inglese, il ragazzo non ha preso la cosa per nulla bene.
Si è cosi deciso a togliersi la vita. Ora, suo padre, reduce dal grande choc, chiede a gran voce che il gioco sia messo al bando sul suolo nazionale. La portata della vicenda è stata enorme, al punto che in tutta l’India è ora in corso un grande dibattito sul tema.
Alcune regioni del paese avevano già da tempo reso inaccessibile il gioco, al punto da arrestare senza mezze misure chi viene sorpreso a giocare, e pare che altre regioni del paese siano intenzionate a seguire l’esempio. L’opinione comune è che giochi di quel tipo, come anche Fortnite, siano creati al preciso scopo di generare dipendenza che spinga gli utenti all’investimento di sempre maggiori quantità di denaro vero.