Non è la prima volta che la serie di Persona, nata come spin-off dei Megami Tensei e diventata paradossalmente più popolare di essa, si fregia essa stessa di titoli spin-off con protagonisti i personaggi e le atmosfere dei giochi principali della serie ma appartenenti a generi completamente differenti, spesso realizzati in collaborazione con studi di sviluppo che hanno dimostrato parecchio talento nel loro campo di competenza: dal dungeon crawler creato insieme al team di Atlus che ha realizzato gli Etrian Odyssey al picchiaduro di Arc System Studio, passando per il rhythm games basati sulle migliori musiche della serie. Ecco quindi che all’annuncio di Persona 5 Strikers, nato dalla collaborazione fra P-Studios e Omega Force (ovvero lo studio dietro ai Dynasty Warriors ed alle decine di tie-in e spin-off dedicati alle serie più disparate, fra le quali anche serie di videogiochi come Zelda e Fire Emblem), la mia reazione fu duplice: da una parte (da fan sia dei Musou che dell’immaginario appartenente a Persona 5) l’idea di prendere ancora il controllo di Joker e falciare migliaia di Ombre in un action con poche velleità e pretese mi intrigava, dall’altro pensavo a quanto sarebbe stato difficile conciliare le caratteristiche che hanno reso popolare il gioco di Atlus con il gameplay ormai consolidato dei titoli di Omega Force. Ebbene, non potevo essere più in errore di così.
Ritorno al Metaverso
Persona 5 Strikers è un seguito diretto e canonico del quinto episodio della serie di JRPG: ambientato sei mesi dopo gli eventi descritti in Persona 5, Strikers ci rimette nuovamente nei panni dei Ladri Fantasma, il gruppo di ragazzi guidati da uno spirito di rivalsa contro le ipocrisie e le ingiustizie del mondo degli adulti dotati del potere di liberare il cuore delle persone dalla loro essenza malvagia, cambiandone radicalmente il comportamento. Il gruppo di amici, ritrovatosi durante le vacanze scolastiche, decide di riunirsi e di organizzare un viaggio insieme: i piani del gruppo incontrano però più di un ostacolo quando il protagonista, capo dei Ladri Fantasma, scopre che tramite un’intelligenza artificiale scaricabile sui propri smartphone i nostri possono tornare nel Metaverso dove alcuni Monarchi hanno costruito delle Prigioni all’interno dei quali sono contenuti i Desideri di ignare vittime. Ci sono diverse cose da dire sulla trama di Persona 5 Strikers: in primis che siamo di fronte ad un seguito diretto di Persona 5 (ma non della sua versione Royal in cui episodio aggiuntivo lo rende non in continuità con questo titolo) e che per questa ragione è pressoché imprescindibile l’aver giocato al prequel. Gli eventi narrati nell’episodio precedente sono vagamente accennati nel corso del gioco, le dinamiche fra i personaggi sono date completamente per scontate e la loro introduzione al giocatore è pressoché assente: molta di quella che è la caratterizzazione dei personaggi viene affidata ai ricordi che ha di essi il giocatore, lasciando quindi che il gioco si soffermi maggiormente sui due nuovi co-protagonisti. La seconda cosa che è bene notare è che Persona 5 Strikers è un Persona fatto e finito in termini narrativi: questo significa che il gioco ripresenta la stessa struttura di narrazione, con momenti di dialogo molto lunghi fra una sezione di gameplay e l’altra nei quali si alternano situazioni slices of life che in questo caso riguardano le situazioni vissute durante il viaggio dei Phantom Thieves attraverso il Giappone a momenti nei quali i nostri si adoperano per risolvere i misteri che si parano loro davanti. Chi ha giocato a Persona 5 noterà una certa somiglianza fra le Prigioni di questo sequel e i Palazzi del prequel, ma in realtà il concetto dietro ai due “edifici” del Metaverso presenta diverse differenze: i sovrani dei Palazzi erano persone senza scrupoli, corrotte dai loro desideri più reconditi e disposte a ferire chi li circondava pur di soddisfarli e solo una volta rubato il loro Tesoro essi prendevano coscienza dei danni apportati dai loro gesti, i Monarchi delle prigioni sono invece persone che compiono comunque gesti crudeli, ma la loro anima non è completamente corrotta. Questi avversari sono persone che hanno subito eventi traumatici in passato e che hanno cercato di sanare questi eventi ricercando l’approvazione degli altri: facendo ciò però hanno cominciato a rubare i Desideri altrui, facendoli cadere ai loro piedi in maniera incondizionata. La ricerca disperata di fama e ammirazione altrui, come già detto non viene vista in senso totalmente negativo come invece accadeva ai padroni dei Palazzi, ma è l’elevazione ad ossessione della ricerca di qualcosa che riempia quel vuoto lasciato dall’evento traumatico del passato del Monarca. Purtroppo la storia, per quanto godibile, non riesce a raggiungere i picchi visti in Persona 5: sarebbe stato difficile replicare quanto visto in passato, ma fortunatamente le figure di Sophia e Zenkichi riescono a dare nuova linfa alla trama.
Take Your Heart!
La vena action dei musou emerge in maniera marcata nel gameplay, sebbene esso sia stato studiato a modo per includere diverse meccaniche da JRPG ereditate da Persona 5 e semplificate: all’interno della mappa del mondo reale avremo poche attività da compiere, quasi tutte relative all’acquisto di beni consumabili e armamentario da utilizzare in battaglia. La gestione ruolistica dei personaggi è stata notevolmente asciugata per meglio adattarla alla nuova natura del gioco, sebbene il ritmo rimanga comunque scandito dalle sequenze di dialogo: sono state pertanto rimosse le attività giornaliere che in Persona 5 erano da gestire in maniera oculata, sono stati tolti i Social Links con i Confidant, adesso sostituiti da un più semplice tabellone “Legami” nel quale spendere i punti acquisiti negli scontri o durante i dialoghi. Non avremo neanche la pressione dettata dal calendario e dall’orologio, presenti nel gioco ma solo per dare al giocatore l’idea dello scorrere del tempo: di fatto esso avanzerà solo quando avremo portato a compimento l’obiettivo della giornata. Non mancherà la Velvet Room dove sarà possibile fondere e potenziare le Personae raccolte nel corso del gioco, ma sempre attraverso un sistema più semplificato e meno parametrico rispetto a quanto visto in passato. Una volta entrati in una delle Prigioni si potranno gustare le fasi di combattimento che, come accennato nell’introduzione, propongono qualcosa di veramente nuovo nel panorama dei giochi targati Omega Force: non solo l’ingaggio con le Ombre avviene in maniera del tutto diversa dei musou e molto più simile a quella di un RPG a turni, con la necessità di colpire il nemico con le armi per iniziare lo scontro oppure tendergli un’imboscata per guadagnare un ragguardevole vantaggio. Al di là dei soliti attacchi pesanti e leggeri che potranno essere concatenati per terminare la combo con la manifestazione della propria Persona che sprigionerà uno degli attacchi speciali contro il drappello di avversari. Attacchi speciali che potranno essere richiamati con la pressione del dorsale che mostrerà tutte le mosse a nostra disposizione, dagli attacchi ad aria alle magie curative passando per incantesimi di buff e debuff: fintanto che terremo aperto il menu di selezione il gioco si metterà in pausa dandoci tutto il tempo di scegliere il bersaglio dell’attacco e quale di essi compiere. Questa ibridazione fra i due sistemi (al quali si aggiungono qualche fase stealth e platform), che nel complesso funziona anche piuttosto bene e riprende il sistema di debolezze e resistenze visto in Persona, potrebbe però scoraggiare chi cerca un’azione più pura e immediata, caciarona come quella vista negli altri musou: ebbene, la mole di elementi di gameplay da tenere da conto in Persona 5 Strikers è superiore alla media dei giochi Omega Force così come gli elementi dell’HUD a schermo che fra fumetti onomatopeici, box di dialogo e le varie barre di status del personaggio controllato e degli altri membri del party (ne possiamo scegliere fino a 3, con Joker 4) che tendono a rendere un po’ caotica l’azione a schermo. Tuttavia, come ho già detto, questo gioco tende ad essere un prodotto pensato più per i fan di Persona 5 che per quelli dei titoli musou e non è un caso che il termine “Warriors”, parola che in occidente appare in quasi tutti i titoli dei giochi sviluppati da Omega Force, in questo Persona 5 Strikers non sia presente. Nonostante ciò, non posso dire che il gioco sia esente da difetti: l’intelligenza artificiale sia dei nemici che degli alleati è piuttosto deficitante e soprattutto quest’ultima può essere un problema dato che spinge i membri del party non direttamente controllati nelle braccia del nemico, ma fintanto che si tratta di minion con poca vitalità e capacità offensiva il problema non si pone. Quando però ad essere preso di mira è un boss o miniboss allora le cose sono ben diverse: i nemici quando colpiscono fanno male e non è raro che di fronte a quelli più coriacei il party sarà ridotto in fil di vita in poco tempo, costringendoci ad utilizzare magie curative (che costano preziosi SP) o consumabili. E proprio nelle boss fight emergono le principali criticità del gameplay: la curva di difficoltà si impenna vertiginosamente fra gli scontri con le “normali” Ombre e coriacee, capaci di metterci alle strette anche con una semplice combo di colpi ben assestati e non potendo fare affidamento sui compagni di squadra si finisce a spammare gli attacchi speciali delle Personae. SI poteva fare qualcosa di più da questo punto di vista, soprattutto da quello dell’IA che da la sensazione di essere un’eredità dei capitoli della serie Warriors ed è un peccato perché con maggiori accorgimenti sotto questi aspetti il feeling negli scontri avrebbe assunto tutto un altro sapore.
Artisticamente il gioco vive di riflesso dell’ottima direzione operata in Persona 5 e considerando il risultato finale non si può dire che ciò sia un male: giocato su PlayStation 5 (quindi come se fosse riprodotto su PlayStation 4 Pro) il gioco si dimostra sempre molto fluido: gli scenari non fanno gridare al miracolo, ma la cura dei modelli dei protagonisti e delle Personae e lo stile dei menu e dell’interfaccia compensano pienamente la sensazione di aree un po’ spoglie che si percepisce in alcune situazioni. Persona 5 Strikers si fregia di un comparto sonoro al di sopra della media, sia per quanto riguarda l’ottimo doppiaggio (personalmente l’ho giocato in inglese con i sottotitoli in italiano, ma sono disponibili anche le voci in giapponese) sia soprattutto per le splendide musiche, composte da arrangiamenti di vecchie tracce e da brani inediti che insieme compongono una colonna sonora caratterizzata da un misto riuscitissimo fra acid jazz e rock.
La recensione in breve
Persona 5 Strikers è un esperimento riuscito da parte di Omega Force e P-Studio che aveva un duplice fine: svecchiare il gameplay dei musou che negli anni aveva visto pochissima evoluzione (e quei tentativi fatti in Dynasty Warriors 9 si erano rivelati fallimentari) e contemporaneamente creare qualcosa che mixasse i due mondi. Il risultato è un gioco che probabilmente piacerà molto di più ai fan di Persona 5 che a quelli dei giochi Omega Force, ma la vena action in fin dei conti rimane parecchio marcata. Dispiace solo per il bilanciamento poco curato che si ripercuote sull'economia del gameplay: con un maggior occhio su questo aspetto e sull'IA probabilmente avremmo avuto fra le mani un degno sequel di Persona 5. Pur non raggiungendo le vette del suo predecessore, rimane comunque un buon prodotto consigliato a tutti quelli che hanno amato l'avventura di Joker e dei Phantom Thieves.
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Voto Game-Experience