Ora che l’estate è ormai inoltrata la voglia di jumpscare, brividi e risorse alternative alla spiaggia inizia ad aumentare. Non è una questione di banalità: l’horror è per definizione è un genere adolescenziale, che sia il cinema che la televisione propinano abbondantemente durante le notti più calde. MADiSON non fa eccezione deliziandoci con un prodotto mediamente profondo e godibile, sviluppato dagli esordienti argentini Bloodious Games che si ispirano ai Layers of Fear, a P. T., a Visage ed in generale agli horror psicologici in prima persona per portarci una ventata di novità, con una spruzzata di Project Zero – ma solo per la presenza della macchina fotografica. Intrigati? Continuate con la nostra recensione!
Una fotografia della morte
L’incipit di MADiSON è semplice, diretto, quasi da escape room: Luca si risveglia senza alcun ricordo degli ultimi avvenimenti all’interno di una stanza chiusa, buia e fiocamente illuminata da un televisore. Una voce maschile lo accusa e lo minaccia dall’altro lato di una porta serrata, bussando ferocemente, mentre cresce l’inquietudine e la confusione del giovane protagonista che deve trovare un modo di liberarsi e di scoprire cosa sta succedendo. Ovviamente l’evento enigmatico non è il solo da risolvere, giacchè quella di Luca è una dimora infestata appartenuta al nonno, abitata da presenze raggelanti che sfiorano l’immaginazione e composta da mille stanze diverse, tipiche per una famiglia di estrazione popolare molto numerosa. Il problema per Luca è evitare anche lo spirito inquieto di una serial killer che sembra inseguirlo e terrorizzarlo ad ogni passo fatto nella casa. Ad aiutarlo nell’impresa, ci sono solo il giocatore ed una vecchia macchina fotografica in grado di rivelare ciò che l’occhio non può vedere.
MADiSON, un racconto di killer e case infestate
MADiSON è un horror psicologico in prima persona di recentissima uscita, scandito da una forte componente investigativa e da enigmi continui che richiedono un certo grado di impegno per la risoluzione. La struttura del gioco è semplice e subito comprensibile anche per chi non mastica il genere: non ci sono nemici all’inseguimento; si cammina come in un walking simulator ad una velocità stabilita, o al massimo si scatta per qualche secondo, direzionando la telecamera con il mouse ed interagendo con gli oggetti trovati sul percorso con la pressione di pochi tasti essenziali. Vari menù permettono la consultazione dei documenti e di un risicato inventario dagli slot limitati, che andrà svuotato presso le relative cassaforti posizionate negli anfratti della dimora, utili per conservare quello che non ci serve nell’immediato – come già visto e ripreso dai vari Resident Evil. Come si intuisce, avremo bisogno di fare parecchia strada per poter raggiungere le parti fondamentali di un puzzle e riuscire a riportarle indietro. Inoltre il gioco ci fornisce da subito una vecchia macchina polaroid, l’iconico oggetto del titolo, che servirà sopratutto a scoprire gli indizi non visibili ad occhio umano. Se difatti non è possibile usare la macchina contro il soprannaturale – a differenza dei vari Project Zero che permettevano a tutti gli effetti di esorcizzare gli spiriti a a suon di fotografie – va anche detto che l’occhio fotografico ha la particolare capacità di creare un ponte tra il mondo degli spiriti e la realtà, permettendo a Luca di apprendere informazioni non disponibili nella normalità, come sequenze di numeri o dettagli utili alla storia. Inoltre la funzione di flash permette al protagonista di illuminare brevemente l’oscurità che lo circonda.
MADiSON non ha una scrittura perfetta, ma cerca di fare della narrazione ambientale il suo punto di forza grazie ai numerosi elementi visivi e agli scritti reperibili nel gioco, che lentamente svelano la trama e diversi filoni narrativi secondari – questi ultimi non sempre ben sviluppati ma comunque coerenti alla storia principale. Tutto ruota attorno all’evitamento dell’orrore e alla comprensione dei rompicapo, diversi e ben pensati. Purtroppo il gioco non si libera del tutto dalla struttura a obbiettivi a causa di un design degli enigmi poco flessibile che non consente di sperimentare metodi alternativi, ma tutto sommato non soffre di varietà. La vera pecca sta nella comprensibilità di alcuni puzzle, che non sempre sono logici e richiedono perciò un certo grado di interpretazione. Al di là di questo, complice un level design che spazia da sezioni ad altre più aperte e fuori dagli schemi, il gameplay di MADiSON richiede spesso un’esplorazione metodica che ci sottopone ad una certa dose di paranoia a causa del fattore “vedo-non vedo”.
A corredo troviamo, come già detto, documenti di varia natura, dalle pagine di un diario segreto ai ritagli di giornale che riportano fatti di cronaca. MADiSON ci mette al centro di un incubo surreale dove l’unica opzione contemplabile è quella di muoversi a tentoni nel buio, assistiti solo dal debole flash di una vecchia macchina fotografica.
Paranoia e polaroid
Nonostante tutto scorra con piacevolezza, il comparto grafico di MADiSON si attesta appena sopra la sufficienza. I modelli 3D sono tutti molto semplici e quasi sempre le texture hanno livelli di risoluzione molto bassi, dando vita a quell’antipatico effetto pixel che tutti vorrebbero evitare quando un oggetto viene guardato troppo da vicino. I particellari sono discreti, ma a compensare abbiamo una gestione accurata delle luci e delle atmosfere negli scenari che si svolgono tra il reale e l’onirico.
Nel suo insieme, MADiSON a colpo d’occhio restituisce un’immagine piuttosto suggestiva e verosimile (ma non fotorealistica), grazie sopratutto alla narrazione ambientale efficace e mai fine a se stessa, che intreccia il classico racconto ad episodi agli enigmi, alimentando costantemente la curiosità del giocatore per poi travolgerlo con angoscianti verità sotto forma di registrazioni di persone ed eventi esterni.
E’ proprio il comparto sonoro che eccelle su tutto, riuscendo a risultare convincente con l’uso di una configurazione 3D che distribuisce bene i suoni dell’ambiente – vi consigliamo vivissimamente l’uso di un buon paio di cuffie per goderlo al meglio sulle varie piattaforme. Il buon doppiaggio rende credibili le paure di un protagonista quasi sempre sul punto di rottura. I rumori ed i sottili scricchiolii, la colonna sonora minimalista se non assente, i silenzi laceranti fanno tutti parte integrante del racconto e vi tormenteranno l’anima per tutta la durata del gioco. La trama si sussegue in un crescendo di suspense e di situazioni grottesche per circa 10 ore, senza mai correre troppo veloce. Il titolo è in lingua inglese nel parlato, con testi, dialoghi e menù localizzati in italiano via sottotitoli.
Versione testata: PS5
Piattaforme Disponibili: PS5, PS4, PC, Nintendo Switch, Xbox Serie S|X
La recensione in breve
MADiSON non presenta un gameplay originale o diverso da molti altri giochi di deriva chiaramente horror, ma piuttosto tenta di distinguersi per l'uso efficace della narrativa e della gestione degli ambienti. Gli enigmi di buona fattura ed il racconto intrigante, implementato grazie all'uso di registrazioni, documenti e all'uso della macchina fotografica, lo rendono un buon prodotto per chi ama le ambientazioni con componenti paranormali conditi da qualche jumpscare ben piazzato.
-
Voto Game-Experience