A fine marzo di questo 2025 si è tenuta la prima edizione del Florence Game Festival, una manifestazione dedicata al mondo dei videogiochi nata con l’intento di mettere a contatto il pubblico di giocatori con gli artisti che li hanno creati, utilizzando come ponte fra i due mondi i content creator italiani che hanno partecipato alla manifestazione tenendo panel ma senza mai adombrare la figura autoriale dell’artista. All’interno di questa cornice, hanno partecipato diversi autori internazioni e fra questi figurava Glen Schofield: videogame artist, designer e director nonché produttore, Schofield è noto per aver ideato e realizzato la saga di Dead Space in Visceral Games, per aver co-fondato Sledgehammer (che sarebbe poi diventata una sussidiaria di Activision) e per l’ultima sua produzione realizzata per il publisher coreano Krafton, ovvero The Callisto Protocol. Con lui abbiamo parlato deglli elementi che suscitano paura, di cosa significa essere un creativo che lavora per una grande azienda e del rapporto con i fan appassionati di horror.
Dead Space è menzionato come uno dei migliori esempi di horror sci-fi dei tempi moderni e le sue influenze sembrano essere classici come Alien, La Cosa, Event Horizon, ecc… Qual’è stata l’influenza più grande e c’è qualcosa che non viene menzionato spesso e che ha un ruolo importante nell’ispirazione?
Ok, ti dico, c’è un qualcosa che non ha avuto poi così grande influenza come le persone pensano ed è “La Cosa”, sai? Penso che l’unica volta che ho usato un ispirazione da “La Cosa” è quando la testa cade e comincia a camminare a terra che è un classico di John Carpenter, però alla fine le persone si accorgono e dicono “Non hai usato così tanti rifermienti” e infatti non è così. La verità è che ho usato tante influenze diverse ma sono maggiormente le piccole cose qua e là: sono un così grande fan del genere sci-fi che faccio del mio meglio per prendere un po’ di tutto di ciò che mi ispira qua e la e… sulle influenze minori mi verrà in mente qualcosa!
Dead Space è stato senza dubbio un grosso punto di svolta per il genere horror con la sua formula peculiare: un sound design immersivo, corpi smembrati… da da allora molte cose sono cambiate ed i giocatori contemporanei sembrano più difficili da spaventare. Secondo te è così?
Beh, mi dicono tuttora che Dead Space è uno dei giochi più spaventosi di sempre, ma quello che hai detto è il motivo per cui ho cambiato molto con Callisto Protocol. Sai, le persone tendono a chiamarlo il “successore spirituale” di Dead Space, ma questo non era il mio piano. Io non l’ho mai detto! Avrò fatto qualcosa come 120 interviste, mai detto! Ho voluto davvero un gioco che fosse “diretto in faccia”, usi le armi ogni tanto ma principalmente è copro a copro, diretto e personale. E questo è per me l’horror di oggi: è Rob Zombie, sono esseri che ti arrivano direttamente addosso.
Sia Dead Space che Callisto Protocol usano vere manifestazioni di orrore come mostri, mutazioni, ma anche il senso di isolamento, la paura dell’ignoto.
Gli elementi horror che inserisci nei giochi spaventano anche te? Sono paure personali che hai voluto tradurre nel videogioco, anche in senso simbolico?
Oh, beh si! Io penso che il senso di isolamento ed essere da soli sia la cosa più spaventosa per me. Questo è il motivo per cui cerco di non inserire altri personaggi accanto al protagonista. Sì, in Callisto abbiamo inserito un partner, ma se devo essere onesto con te, tornassi indietro non lo metterei: lo toglierei
e renderedei ancora maggiore il senso di isolamento per lui. È per questo che in dead space sei da solo la maggior parte del tempo! Per me l’isolamento è la cosa “peggiore”, e quando si accoppia con la musica che dà il senso di tensione e sei completamente immerso in questo è davvero spaventoso per me!
Cos’è che volevi fare per marcare la differenza tra i due titoli? C’è qualcos’altro che faresti diversamente ora che il gioco è uscito e i giocatori hanno avuto modo di sperimentarlo?
Beh ne ho parlato spesso, anche sul palco ne ho fatto menzione (n.d.r. il palco del Florence Game Festival dove si è tenuto un panel sulla carriera di Schofield), abbiamo avuto davvero grosse difficoltà durante il COVID. Sai, il COVID ci ha davvero tagliato le gambe, so che l’Italia è stata molto colpita ma anche gli Stati Uniti sono stati colpiti duramente: perdevo circa 10 persone dello studio al mese a causa del COVID e abbiamo dovuto tagliare due boss previsti nel gioco. Oltretutto il boss finale avrebbe potuto essere molto migliore e l’abbiamo reso migliore con le patch. Non so se le persone lo sanno, ma una settimana dopo che il gioco è uscito, il CEO di Krafton ha completamente smesso di parlarmi: non ne voleva sapere, zero, non so che è successo. Beh, abbiamo fatto qualcosa come 86 patch!
Abbiamo investito molte risorse per rendere il gioco migliore e intanto stavamo lavorando ad un DLC. Alla fine il boss finale poteva essere migliore, abbia tagliato dei boss, ma a parte questo sono piuttosto contento di come è uscito il gioco.
Le persone mi contattano praticamente ogni gioco per parlare di aspetti del gioco e mi dicono quanto erano fighi e io li ringrazio per questo, ma per ogni gioco alla fine avrai sempre qualcosa che senti che è stato trascurato o lasciato fuori o poteva essere diverso. Per dead space invece devo dire che ero davvero soddisfatto: c’è solo una cosa in particolare che abbiamo lasciato fuori, cioè il poter prendere gli arti appuntiti dei necromorfi ed usarli per infilzare. L’abbiamo messo in Dead Space 2, lo avrei voluto anche nel primo ma penso anche che Dead Space sia buono anche così.
Abbiamo menzionato il fatto che c’è tutta questa tecnologia figa al giorno d’oggi nel gaming, c’è qualcosa che ti attira molto, che magari vorresti usare in un progetto futuro?
Beh la realtà virtuale! lo penso da quando ho giocato per la prima volta Resident Evil in realtà virtuale: oh, se faceva paura! Faceva davvero paura e ho pensato: “Oh, quanto posso far cagare sotto le persone col VR! Vorrei davvero farne uno”. Io però lavoro con compagnie che mi dicono “tu devi fare centinaia di milioni di dollari Glen, niente VR” e quindi per ora niente.
Tu hai esperienza diretta sia nel lavorare sotto un grande publisher fin dalle prime fasi del progetto, sia nell’iniziare a fare qualcosa per conto tuo per poi trovare qualcuno disposto a investire nel progetto e pubblicarlo. Quali sono le sfide di lavorare sotto un grande publisher?
La sfida di lavorare sotto un grande publisher è che in un modo o nell’altro riceverai tante diverse influenze. Io non ho mai voluto prendere e lanciare il “mio studio”, non è mai stato nei piani, il mio obiettivo è sempre stato essere bravo a fare quello che faccio. Ad un certo punto però mi stavo accorgendo che, indipendentemente da quello che facevo, finivo sempre dentro questi meeting e… non voglio sembrare arrogante, ma io sono probabilmente il creativo con più esperienza lì dentro, no? Nonostante questo, sento tutti che mi spiegano quello che dovrei fare e a un certo punto ho detto “sentite: faccio io il gioco, se volete cambiare questo e quell’altro ditelo pure, se avete belle idee ditele e le accolgo volentieri, ma le decisioni finali spettano a me”.
Poi però devi essere determinato: hai appena detto queste parole a executive e alla divisione marketing, ora devi fare quanto promesso e farlo bene! Una cosa che faccio sempre nei miei giochi è prepararmi il più possibile, studiare, ricercare. La cosa che dico sempre ai miei studenti a scuola: fate ricerca, fate tanta ricerca perché quello che tenterò di fare sarà farne più di voi!
E dico loro anche di essere preparati perché una volta che sono fuori dalla scuola io sono un loro competitor: non sono più il tuo insegnante né nulla del genere, quindi meglio che ti prepari. Uno dei grandi ruoli di un director è spronare il team, motivarli, spingerli ad andare avanti il meglio possibile
qualunque gioco scelgo di sviluppare ci metto sempre passione perché, cavolo, io faccio videogiochi per vivere: come potrei lamentarmi? Se non ha quella spinta in questo lavoro… quindi si, sono molto appassionato di ciò che faccio. C’è chi dice “come puoi sentirti coinvolto ed appassionarti se fai un gioco sportivo come Knockout Kings?” Beh, sapevano che non mi sarebbe piaciuto molto quindi mi hanno detto “fai i backgound come ti pare, falli combattere nel posto che vuoi” e quindi hanno trovato un modo di farmi sentire coinvolto anche in questo. A dire il vero è stata l’unica volta in cui ho avuto bisogno di quel genere di stimolo perché poi quando ho cominciato a lavorarci l’ho adorato.
Continuo a sentir parlare i director e la quantità di persone che dicono, rivolgendosi al pubblico o ad altri sviluppatori, che devi avere una chiara idea precisa in mente sempre e costantemente e devi far si che ce l’abbia anche il tuo team, perché se perdi il “focus” per qualunque ragione, magari un manager non è molto contento di qualcosa, o hai messo sul piatto troppe idee tutte insieme… e ora non sai molto bene dove stai andando a parare e certe cose non funzionano, metti il combat system… perdere il focus è la cosa peggiore di tutte perché poi non sai dove stai andando e non hai un reale motivo per continuare su una certa strada quindi… avere un chiaro obiettivo e un focus preciso è importantissimo
GS: Sarò onesto, io non perdo mai il focus su un progetto.
beh, può capitare qualche volta in piccolo ma no, io tendo sempre ad “attaccare” ogni progetto
oh ok! e forse dipende dall’essere cresciuto in New Jersey o a New York dove… sai lo spirito è molto “aggressivo”
…competitivo! ed è anche il fatto che se ho un idea che ritengo davvero valida io continuerò a spingere il più possibile per quell’idea perché magari altri non la “vedono” ancora l’idea! mi è capitato che il mio team mi stesse per “abbandonare”. c’è questo grande tentacolo in game, e il team non sembrava convinto, dicevano “non si può fare” e io… “ma posso vederlo chiaramente!”, funzionerà credetemi… semplicemente non l’abbiamo approcciato correttamente! ho capito, e quella è stata colpa mia, e fu una grande lezione, e si, puoi avere mille cose ma non devi mai perdere il focus sul progetto, ed è la stessa cosa quando disegno, io lo “attacco”!
ok! non ho paura della tela, non ho paura di una pagina bianca, adoro qualcosa di limpido su cui posso esprimermi…e probabilmente avere idee per cui senti che vale la pena combattere, giusto?
assolutamente! assolutamente!
non mi mancano certo le idee, non so da dove arrivano ma ne ho sempre un sacco! sai, a volte sto lavorando ad un gioco, sviluppando un’idea, e improvvisamente me ne vengono altre sei! e quindi le scrivi, e dici, “oh ecco che ne ne stanno arrivando altre sei”, e questo può essere anche un problema eh! e ora quando parlo alle persone, il mio tema preferito è generare idee, come generarle. Mi piace spiegare che ho un sistema di 10 passi, erano 9 prima, ora sono 10 da quando è arrivata la a.i.
Voglio mostrare alle persone come (si spera) utilizzare l’intelligenza artificiale per il brainstorming: ci sono molti metodi e sono molto curioso di vedere come si sviluppa la cosa, cosa fanno gli altri. Non dico certo che tutti siano bravi ad utilizzarla perché a volte puoi arrivare al punto in cui inizia a chiederti “ma sono veramente idee mie ormai?”, e non devi perdere la visione d’insieme. oh nono, non guardo affatto quel tipo di idee, il grosso del lavoro lo faccio sempre io ma ci sono piccole cose che magari puoi chiederti tipo “il nemico è destro o mancino” o cosew del genere a cui non sei bravo a dare risposte e faccio domande alla i.a. solo su cose che io stesso chiederei a me stesso, come in dead space quando si parlava del meteorite che cade mi sono chiesto “e se il meteorite fosse un marker” o cose così, quindi si tratta di fare queste domande, inserisco una storia che ho scritto e faccio domande alla chat a.i., domande come “che motivazione c’è per questo” o cose del genere, quindi ne ricavi una possibile motivazione e questo poi dà validità a quello che ho scritto, ecc ecc.
Sembrano piccole differenze ma danno profondità all’idea e la verità è che non le ho ancora usate davvero in un gioco, è a disposizione da troppo poco tempo. Sto usando da un po’ Midjourney e ancora mi da cose come una mano con 7 dita e cose così, quindi ha ancora forti limitazioni, ma vedremo cosa ne verrà fuori.
Ti sta piacendo il festival?
È fantastico! Guarda, nella posizione in cui sono io non ho visto quelli più piccoli! perché non posso mai andarci se sto facendo un gioco. Devo andare all’E3, alla Gamescom, perché quelli sono gli appuntamenti immancabili,
quelli più piccoli solo due o tre nel corso degli anni, non di più. Quando sono andato a Praga qualche mese fa, ho visto la passione, la determinazione nella difficoltà, nel tornare a casa e di notte lavorano al proprio gioco: mi ha davvero ispirato e ho deciso che voglio ispirare anche io!
Non so se ci sto riuscendo, ma senza dubbio l’ho voluto fare e quando ho ricevuto la chiamata per venire qui ho subito detto sì. Voglio vedere, voglio conoscere queste realtà, vedere se posso dare una mano ad altri sviluppatori, non so se ci riuscirò ma perlomeno dare qualche suggerimento o parere. Vorrei fare di più, vorrei che sempre più media ed industrie occidentali venissero qui e mostrassero e valorizzassero queste realtà.
Sai cosa? non avevo idea che in paesi come Tagikistan, Azerbaijan, ci fossero realtà di persone che sviluppano… in India un sacco e li sto incontrando! Sono stato in Islanda, mi hanno contattato da Israele, e sai, alcuni mi hanno detto “Glen, ti rendi conto che sei stato per così tanto tempo al top dell’industria?” e ora che sto incontrando tutte queste realtà mi hanno aperto gli occhi e magari c’è qualcosa che posso fare per questa industria! È bello sentirlo, davvero!
Ci sono dei giochi al giorno d’oggi, magari anche al di fuori del genere horror, che ti hanno ispirato in qualche modo?
Ci sono così tanti giochi incredibili al giorno d’oggi: Vampire Survivors per esempio. La prima volta che l’ho visto ho fatto “eh?” ma poi l’ho giocato e ho detto “è figo!” Uno che ho giocato qualche tempo fa è stato Control e quello che mi piace del gioco è che puoi andare in aree sopraelevate e eliminare un paio di nemici da quelle posizioni prima di scendere: certi giochi te lo fanno fare e quando l’ho visto ho detto “me lo devo ricordare” perché mi ha fatto sentire furbo! Elimini un paio di nemici strategicamente e ora è più facile affrontare la situazione.
Questa è una cosa molto semplice, ma ci sono così tanti giochi fantastici la fuori. C’è una tale forza creativa in queste realtà, tutti stanno facendo questi piccoli giochi che trasudano energia, creatività, innovazione. Credo sia fantastico per l’industria e credo che l’industria stia attraversando un periodo difficile, almeno in occidente: sentiamo che c’è un calo del giro di affari e per questo magari molte ottime idee non vengono sviluppate ed è un gran peccato! Diciamo che si spera che buone idee, almeno le idee per cui vale la pena combattere, alla fine trovino una strada. Le buone idee sono la linfa vitale della nostra industria: bello l’elemento artistico, ma dove andrebbe senza una buona idea? Mi dispiace Hollywood, ma negli ultimi 20 anni questa industria è stata più creativa di te! Perché per 20 anni siamo passati dal fare giochi con licenze di Hollywood a film di Hollywood con licenza di videogiochi. Touchdown! Abbiamo vinto! No non è vero non abbiamo vinto, le industrie lavorano bene insieme: quindi sì, va bene così.
Qui potete visionare la videointervista integrale dalla quale è stato tratto questo articolo e pubblicata sul canale YouTube di Kristal Cross
A cura di Kristal Cross