Sembra ieri, e invece sono già passati più di tre anni e mezzo dall’uscita delle console di nona generazione, PlayStation 5 e Xbox Series X|S nel dettaglio. Idealmente, ipotizzando un abbastanza classico ciclo vitale di sette anni per la generazione, ci troviamo a metà di questo percorso. Dunque, come a scuola, è il momento giusto per un resoconto generale.
Le due console di Sony e Microsoft si trovano più o meno a metà della loro vita, che, presumibilmente, si concluderà tra la fine del 2027 e il 2028. Non è però tempo di pensare al futuro, bensì al passato: cosa ci hanno lasciato PS5 e Xbox Series X|S in questi anni? Ma soprattutto, come stanno andando i big dell’industria dal 2020?
Ora che la stagione delle grandi uscite si avvicina sempre di più, è buona cosa dare uno sguardo agli ultimi anni e capire cosa sia accaduto, con un occhio critico, ma non troppo, verso le aziende e i grandi publisher sempre in attività. Ecco quindi il pagellone di metà gen.
Xbox: 7 – Bene, ma non benissimo
Iniziamo con l’elefante nella stanza: gli aumenti al Game Pass, arrivati nel 2023 e nel 2024. L’unica cosa da dire in questo caso è chissenefrega, a conti fatti. Sia perché l’abbonamento è ancora straordinariamente conveniente (18 € per l’Ultimate sono un sogno, e lo sarebbe stato anche a 25 euro), sia perché gli studi interni di Xbox adesso stanno finalmente ingranando con le giuste tempistiche per la pubblicazione regolare dei giochi.
I problemi di Xbox, però, sono altri. L’azienda deve ancora fare i conti con un servizio che proprio non ne vuole sapere di crescere al giusto ritmo (l’ultimo dato parla di circa 35 milioni di abbonati, che però comprende 9 milioni di Game Pass Core, ex Xbox Live Gold, e ciò significa che il servizio è fermo da anni come livello di coinvolgimento), e questo è un bel problema se la tua strategia sulla quale hai basato gli ultimi quasi 10 anni di esistenza riguarda proprio i servizi. Ottima l’espansione e l’offerta, che ora con i cataloghi di Bethesda e Activision Blizzard raggiungerà vette fenomenali, ma manca ancora qualcosa. Il marketing? Forse. Sicuramente anche un’IP di peso farebbe comodo – togliamo Call of Duty dall’equazione, per la sua natura multipiattaforma che continuerà ancora per molto tempo. Anche perché da un lato hai Forza Motorsport 5 con 40 milioni di giocatori, mentre dall’altra hai lanciato Halo Infinite in una condizione pietosa facendone carne da macello e senza riuscire invece a capitalizzare su sorprese come Hi-Fi Rush.
Ah, sì, anche l’espansione verso altre piattaforme. Microsoft ha ammesso a inizio 2024 che qualcosa nel reparto gaming non va, che gli utenti non crescono (ma questo è un problema di tutta l’industria), e che ha così deciso di portare alcuni suoi giochi su PlayStation e Nintendo, oltre a procedere con licenziamenti di massa – come molte altre aziende, purtroppo. Per qualcuno, è una bella notizia quella dei giochi multipiattaforma – giocate Hi-Fi Rush e non ve ne pentirete. Per altri, è il sintomo di una Xbox che non riesce più a star dietro alle sue promesse. Dove sta la verità, forse lo sapremo solo tra molto tempo. Nel frattempo, alimentiamo un po’ la console war: Xbox Game Pass pare davvero non sostenibile. Ecco, l’abbiamo detto.
PlayStation: 6 – Il bradipo di Zootropolis
PS4 era come la storia Schumacher alla Ferrari: partita pianissimo con pochissimi sprazzi memorabili (Bloodborne, inFamous: Second Son), si è poi rilanciata alla grande con una seconda metà di generazione davvero fuori di testa. PlayStation 5, invece, sembra una Fiat Multipla: affidabile, potente al punto giusto, ma incapace di regalare grandi soddisfazioni ai suoi proprietari – oltre che brutta nel design, diciamolo.
Nei primi mesi dalla sua uscita, PlayStation 5 ha partorito alcuni giochi davvero bellissimi. Spider-Man: Miles Morales ha proseguito il franchise di una Insomniac Games a pieno regime, il remake di Demon’s Souls è una perla, Ratchet & Clank: Rift Apart uno di quei giochi di cui vorresti un nuovo capitolo ogni anno, Returnal la sorpresa più bella. A quasi quattro anni dal debutto di questa gen, tuttavia, è ancora proprio il gioco di Housemarque l’esperienza davvero imperdibile di PS5. Giochi come Horizon 2 e God of War: Ragnarok sono sì grandiosi, così come Spider-Man 2, ma l’impressione da troppo tempo è davvero di essere di fronte a un’appendice di PS4 che vuole proseguire (giustamente) i franchise di enorme successo senza sperimentare o cambiare le carte in tavola. Ci ha provato con PS VR2, uscito il 22 febbraio 2023. Circolano voci secondo cui il progetto è stato abbandonato la mattina del 23 febbraio dopo aver letto i primi dati di vendita. Poi ha avuto la splendida idea di PlayStation Portal, console che non è una console ma serve solo per il remote play. Ma forse siamo noi a non capire niente, dato che continua a macinare vendite.
Meno male che ad agosto arriva Concord. Concord, il primo live service first party di PlayStation – Helldivers 2, pur essendo un’IP Sony, è sviluppato da un team esterno. Concord, di cui nessuno sembra interessato. Concord, il simbolo di un progetto, quello appunto dei game as a service, che ha prosciugato energie e finanze a Sony negli ultimi anni senza alcuna reale soddisfazione, e portando anzi a rallentare notevolmente i lavori di studi come Naughty Dog. Che, a proposito, non vuole essere solo lo studio di The Last of Us, ma che nel frattempo dal 2020 a oggi ha pubblicato solo la Parte 2, il remake della Parte 1 e la remastered della Parte 2 – oltre alla raccolta di Uncharted. Ma del resto, perché mettere fretta a Sony e i suoi studi? PS5 ha venduto 60 milioni di console, PS Plus è probabilmente intorno ancora a 45 milioni di abbonati, e la divisione gaming sta bene. La generazione potrebbe concludersi domani, e PS5 sarebbe comunque un grande successo commerciale. Così come, salvo sorprese, lo sarà anche PS6, e chissenefrega degli interi studi chiusi per il folle progetto dei live service.
Nintendo: 8.5 – Campionato a parte
La situazione di Nintendo è molto diversa, forse opposta a quella di PlayStation 5 e Xbox Series. A differenza della concorrenza, quella vissuta da Switch negli ultimi 4 anni è infatti non la prima metà di generazione, bensì la seconda. E questo, inevitabilmente, scombussola gli equilibri, cambia il modo di percepire e considerare la piattaforma, e paradossalmente consentirebbe a Nintendo di non entrare nel discorso.
Però, un discorso va fatto. Tralasciando i problemi di Metroid Prime 4, che finalmente uscirà l’anno prossimo (e molto probabilmente anche sulla prossima console) e i danni che stanno massacrando il franchise dei Pokémon (o forse no, dato che sono sempre tra i giochi più venduti anche quando non lo meritano minimamente), la seconda metà del ciclo vitale di Switch è stata come la prima: fenomenale. Nintendo è riuscita costantemente a dimostrare che la potenza hardware non è tutto, e che la creatività è ancora al primo posto: Animal Crossing: New Horizons, Splatoon 3, Super Mario Bros. Wonder, Kirby e la Terra Perduta, Pikmin 4, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, questi sono tutti titoli che hanno accompagnato con enormi successi gli ultimi anni di Switch, insieme a una serie di tantissime altre esclusive e riproposizioni davvero gradite. Non è un caso che Switch, a questo ritmo, potrebbe diventare la console più venduta di sempre.
Dunque, tutto rose e fiori? A dire il vero, qualcosa ha fatto storcere il naso. È vero che i limiti hardware non sono tutto, ma un gioco come Bayonetta 3 ha ad esempio dimostrato che Switch non può arrivare dove vuole. Forse lì è stata più colpa di Platinum, ma Nintendo non è esente da colpe, così come non lo è per alcuni davvero mediocri giochi Pokémon pubblicati in questi anni – Scarlatto e Violetto, mi riferisco proprio a voi. In più, e questo non è un semplice capriccio, il 30° anniversario di Zelda è stato trattato davvero male, con una singola remastered HD di Skyward Sword e nulla più di questo. E pensare che proprio Switch è la console che più ha contribuito all’esplosione del franchise…
EA: 5 – È come film di orrore
Fatevi un giro dalle parti della Wikipedia internazionale, e date uno sguardo alle pubblicazioni di Electronic Arts in questa generazione. Il quadro è abbastanza esaustivo e desolante allo stesso tempo, evidenziando un’azienda che ormai vuole seguire solo la strada degli sportivi. E se questi non sono fatti bene, poco importa.
A conti fatti, due sono stati i videogiochi di spessore di EA in questa gen, vale a dire It Takes Two di Hazelight e Star Wars Jedi: Survivor di Respawn, che però pare non sia andato molto bene. Tutto il resto è la solita, ridondante sequela di videogiochi sportivi tra FIFA, FC, Madden, NHL, F1 e boh, chissà quanti altri. In questi anni, EA ha chiuso nel cassetto vari franchise di Codemasters, sia per le scarse vendite che per evitare concorrenza interna a potenziali successi straordinari come Need for Speed – che non ne azzecca una da ormai due generazioni, ma questo è un altro discorso. C’è stato poi il famoso caso del divorzio dalla FIFA, che poteva portare con EA Sports FC a un rilancio totale del brand perfezionandolo e innalzandolo per prevenire la concorrenza. No, niente, il gioco è sempre il solito, i problemi sono sempre i soliti, e diventa difficile pensare che FC 25 sarà diverso.
Intanto, Mass Effect continua a dormire, Dragon Age: The Veilguard sembra qualcosa di molto lontano dalle speranze dei fan, e la creatività è ormai messa a dura prova. Dulcis in fundo, il più grande franchise di EA dopo FIFA/FC si è autodistrutto con un fragoroso flop. Battlefield 2042 è stato un fallimento totale, un segno rosso indelebile nella storia di questa serie che ha cambiato tutti i piani di DICE. Per sua fortuna, EA fa talmente tanti soldi con Ultimate Team che forse non ha così bisogno di altri introiti. Ma l’insidia è dietro l’angolo…
Activision Blizzard: 6 – COD, COD, COD, COD, COD, COD
Il cuore dice che il voto potrebbe tranquillamente essere 4, la testa vuole essere un po’ più indulgente e ragionare anche in ottica finanziaria. Activision oggi è una cosa sola: Call of Duty. Basta. Non esiste altro. Non c’è traccia di altri franchise. Crash è abbandonato al suo destino, Spyro è probabilmente sotto formaldeide in qualche scantinato, Tony Hawk… chi?? C’è solo COD, e la cosa è comunque comprensibile vista la quantità infinita di soldi che ha generato e continua a generare.
Il problema di Activision è proprio quello: sta limitando enormemente la creatività dei suoi studi, standardizzando il lavoro su Call of Duty e portandolo tutto nell’orbita di Warzone, ma non le si può imputare niente. Il franchise sparatutto è una macchina da soldi senza precedenti (lo dimostra l’angosciante operazione commerciale di MW3 che ha fruttato comunque miliardi), forse è il gioco che monetizza di più in assoluto oggi insieme a Fortnite, e ogni anno colleziona decine di milioni di copie vendute, miliardi di dollari di microtransazioni, tornei seguitissimi (ma non troppo) e un ritmo di pubblicazione invidiabile. No, davvero, pensate a quanto rinvii subisce l’industria ogni anno. Eppure, Call of Duty è sempre lì, puntuale come un orologio svizzero. E tutti gli altri brand di Activision ne pagano le conseguenze.
E Blizzard? Beh, Diablo 4 è andato meglio di quanto ci si potesse aspettare, mentre Overwatch 2 è stato una delusione. Allo stesso tempo, l’azienda non ha passato una buona prima metà di generazione, ritrovandosi a chiudere studi e cancellare una nuova e apparentemente promettente IP. Il motivo? Probabilmente il fatto che si pensa solo a COD, sacrificando progetti sulla carta interessanti ma rischiosi di perdere denaro. Oppure al fatto che la precedente dirigenza fosse ormai completamente marcia, con Bobby Kotick che dopo l’acquisizione di Microsoft ha salutato l’azienda con una discreta liquidazione da quasi 400 milioni di dollari e vari insabbiamenti molti dei quali probabilmente ancora sconosciuti.
Ubisoft: 6.5 – Montagne russe
È più un voto di fiducia, con i nostri animi rinvigoriti da alcune scelte coraggiose e riuscire da parte di Ubisoft in tempi recenti. Prince of Persia: The Lost Crown è stata una bellissima sorpresa, con il rilancio di un brand che tutti pensavano fosse ormai morto e sepolto sotto le sabbie del tempo di un remake increscioso, e persino l’edizione per i 20 anni di Beyond Good and Evil ha il suo perché. Aggiungiamo anche lo splendido Mario+Rabbids: Sparks of Hope, sul quale grava però il non aver saputo esaltare un titolo del genere su una console come Switch – e con protagonista la più grande icona pop dei videogiochi.
Dall’altra parte, però, abbiamo la solita Ubisoft che non riesce a divincolarsi dal pantano creativo nel quale si è infilata. Far Cry 6 è stato una mezza delusione, e lo stesso si può dire sia per grandi titoli come Watch Dogs: Legion, con la classica bella idea confezionata male, sia per esperimenti come Riders Republic o il ritorno di The Crew con Motorfest. Skull and Bones è uscito dopo un decennio di sviluppo con una formula più vicina agli MMO free to play che non a un decantato quadrupla A che mirava a sfondare il mercato – ma quando mai. Avatar: Frontiers of Pandora non è stato male, presentando però come sempre mille analogie da altri giochi dell’azienda francese.
E poi, ovviamente, il caos degli ultimi anni. L’azienda è finita in mezzo a indagini per molestie e tossici ambienti di lavoro, tanto che Ubisoft Montpellier, lo studio che si sta occupando da qualcosa come 16 anni di Beyond Good and Evil 2, è ancora in fase di assestamento. Ci sono anche stati flop imprevisti come Rainbow Six: Extraction (che nessuno sa come avrebbe potuto generare il successo che Ubisoft voleva), cancellazioni di innumerevoli progetti secondari e battle royale, il fallimento di vari giochi come Hyper Scape o l’ultimissimo The Division: Heartland abbattuto dopo una lunghissima agonia tra fasi alpha e beta. Tutto questo ha portato il CEO Guillemot a giocare il tutto per tutto su Assassin’s Creed, con Valhalla che ha tenuto in piedi la baracca per anni prima del piccolo Mirage e del prossimo Shadows. Oltre a probabilmente almeno una decina di altri capitoli in sviluppo. Ubisoft si trova in una fase estremamente delicata della sua esistenza: se Assassin’s Creed fallisce, sono volatili per diabetici; se trionfa, deve assolutamente trovare il coraggio per cercare altri cavalli di razza.
Capcom: 8 – Ovetto Kinder
Capcom è stata una delle più gradite sorprese di questa prima metà di generazione, come del resto lo è stata anche nella seconda metà di quella passata. Sembra che l’azienda nipponica abbia completamente superato le difficoltà e i limiti che si era auto-imposta, proseguendo le importanti operazioni di rilancio di franchise come Resident Evil e Monster Hunter e non solo.
Per quanto non esente da qualche difetto, Dragon’s Dogma 2 è stato ad esempio uno splendido videogioco da sfoggiare nella line up del 2024, e Street Fighter 6 ha rilanciato il brand dopo la debole prestazione del quinto capitolo lanciato a suo tempo con vari problemi. Nel mezzo, Capcom ha proposto anche vari altri produzioni, tra cui quell’Exoprimal senza troppe pretese, il ritorno di Ace Attorney o l’intramontabile Ghost ‘n Goblins Resurrection. Non tutto è andato per il verso giusto, se proprio vogliamo essere precisi, perché giochi come Resident Evil: ReVerse, ormai classico tentativo dell’azienda di spedire il franchise horror verso il multiplayer, hanno fallito clamorosamente.
Certo, se poi esce un capolavoro come lo è stato Resident Evil 4 lo scorso anno, si è anche disposti a dimenticarsi totalmente di questo delirio allucinante.
Square Enix: 5.5 – Peggio che andar di notte
Qui non si parla tanto di qualità, perché negli ultimi anni Square Enix ha sganciato alcuni giochi di enorme spessore. Final Fantasy VII Rebirth è bellissimo; Final Fantasy XVI è particolare ma comunque molto affascinante; è tornato The World Ends With You, c’è Life is Strange, è poi proseguita la serie Octopath Traveler, con un altro capitolo splendido e forse anche migliore del primo; in autunno arriverà addirittura anche il remake di Dragon Quest 3, che promette di riportare alla luce questo grande classico con una forma smagliante.
Il problema è tutto il resto. Square Enix finanzia da anni progetti di medio-piccolo livello sperando di ottenere successi imprevisti o addirittura improbabili, senza riuscirci. Ricordiamo poi che nel 2020, anno di lancio della gen attuale, era ancora freschissimo il disastro commerciale di Marvel’s Avengers di Crystal Dynamics, studio che poi è stato venduto a Embracer Group e facendoci ancora oggi temere per il suo futuro. Il dilemma dell’attuale Square Enix è duplice: i suoi grandi franchise come Final Fantasy non sembrano più interessare il pubblico, lo sviluppo degli AAA si allunga sempre di più (sono già passati 7 anni da Dragon Quest 11 e più di 5 da Kingdom Hearts 3), e nessuna, neanche una delle nuove IP è stata in grado di diventare un successo o comunque di dare respiro alle casse aziendali.
E quando sei in crisi, cosa fai? Semplice, punti sull’intelligenza artificiale. Sì, lo ha annunciato l’azienda a inizio 2024, dopo aver tentato il successo in altri ambiti come gacha, NFT, blockchain e chi più ne ha più ne metta. O incredibili idee come Foamstars. Square alterna debacle a bellissimi videogiochi, incapaci però di farsi notare. Mamma Square, come sei finita…
SEGA: 8 – Zitta zitta, è sempre lì…
Zitta zitta, SEGA sta sempre lì, pronta a sorprendere. Forse gli ultimi capitoli di Sonic non sono riusciti quanto meriterebbe il personaggio, e questo purtroppo è il più grande problema di una mascotte che non riesce a uscire dal mare di prodotti mediocri o discreti che ogni anno spuntano fuori dall’azienda nipponica.
Tutto il resto, però, è pura poesia. Il franchise di Like a Dragon sta mantenendo una costanza qualitativa davvero impressionante se poi si pensa che ogni anno, o quasi, viene pubblicato un nuovo capitolo. SEGA ha poi confermato tutta la sua buona volontà con titoli come Humankind, Total War: Pharaoh e Endless Dungeon, oltre a ribadire il suo strapotere nel campo dei gestionali con la saga di Football Manager che è sì senza rivali, ma capace di mantenere standard elevatissimi. In questo inaspettato ritorno al vertice, sta inoltre progettando il ritorno di alcuni storici brand in chiave moderna, destando una certa curiosità.
Non dimentichiamo poi che SEGA include anche un’altra importantissima appendice, Atlus, precedentemente nota appunto come SEGA Dream Corporation. Forse si tratta della realtà nipponica più in forma in questo momento insieme a Capcom, ma soprattutto quella che riesce a garantire qualità e successo ai suoi JRPG di stampo abbastanza classico come Persona e Shin Megami Tensei, a differenza di altre aziende esperte nel genere che annaspano – ogni riferimento è puramente casualenix.
Embracer Group: 0 – Era meglio acquisire Eminflex
Potremmo limitarci a una sonora risata per parlare di Embracer Group, e basterebbe per descrivere questo conglomerato tecnologico che ha cercato di entrare in scivolata nel mondo dei videogiochi e si è beccato un cartellino rosso dietro l’altro collezionando delusioni, fallimenti, chiusure e licenziamenti.
Embracer Group è il simbolo di tutto quello che c’è di sbagliato in questa industria. Un settore che spesso non sa dove andare e cosa fare, autodistruggendosi con scelte scellerate. Basta citare i due grandi franchise sui quali Embracer puntava, ritenendoli i prossimi successi in grado di rivaleggiare con affermate IP: il noiosissimo reboot di Saints Row, e l’aberrante The Lord of the Rings: Gollum, due incubi che tra il 2022 e il 2023 hanno occupato tutte le classifiche dei peggiori giochi delle varie annate. Grazie al cielo alcuni studi, annusata la puzza di sterco all’interno di Embracer, hanno fatto le valigie e sono tornati indipendenti o si sono accasati altrove. Per altri, invece, non c’è stato nulla da fare, così come per i quasi 30 giochi cancellati.
Oggi Embracer tecnicamente non esiste più, e non ne sentiremo la mancanza. L’unica cosa buona uscita da questo delirio societario è Dead Island 2, ma sospettiamo che si tratti di una pura casualità.
Amazon: 6 – Tanta voglia di fare, poca potenza di fuoco
Superato quell’assurdo Crucible chiuso in un battito di ciglia dopo il lancio, cosa che un giorno siamo sicuri finirà nei libri di finanza alla voce “Progetti che non vanno approvati”, Amazon ha azzeccato un paio di cosucce, senza neanche in realtà crederci troppo. Lost Ark è stato e continua a essere un buon prodotto, mentre New World, dopo una partenza incoraggiante, si è arenato pur mantenendo una fanbase abbastanza fedele. Forse il rilancio su console prossimamente darà nuovo slancio al gioco, ma per ora la situazione è questa.
E per il resto? Beh, Amazon a parole è stata molto brava in questi anni, ma il problema è che l’esercito di sviluppatori coinvolti nei vari progetti non è probabilmente all’altezza di quello che l’azienda sperava. O forse che i tempi di sviluppo vanno ben oltre le previsioni del colosso delle spedizioni.
Warner Bros: 4 – Belli i live service, eh? No?
Hai dalla tua parte uno dei più grandi successi commerciali della generazione, Hogwarts Legacy. Ovviamente il brand di appartenenza, quello di Harry Potter, fa tantissimo, ma il gioco ha anche le sue qualità, proponendo un classico GDR open world ambientato nel magico mondo di JK Rowling. Cosa puoi fare quindi tu, Warner Bros. Games, per cavalcare l’onda? Semplice: dici addio ai single player (o quasi) e punti tutto sui live service.
Et voilà, i disastri sono serviti su un piatto d’argento. Gotham Knights, che comunque non è un live service ma probabilmente ci è andato molto vicino, è andato malissimo, mentre MultiVersus, picchiaduro smash-like che sembrava dovesse conquistare il mondo, è durato quanto il successo di Hawk Tuah Girl. Infiliamo il coltello ancora di più nella ferita, rigirandolo più volte per colpire a fondo: Suicide Squad: Kill the Justice League. Un gioco completamente sbagliato, affidato a un team che non c’entra nulla con tutto questo settore (Rocksteady, impegnati per qualcosa come 8 anni su questo abominevole live service), e che al netto di sorprese saluterà ben presto i suoi fedelissimi quattro giocatori attivi, consentendo agli sviluppatori di lavorare ad altro.
La gestione di Warner Bros. nella sezione gaming, in questa generazione, è un disastro, con Hogwarts Legacy che, a questo punto, è semplicemente frutto di un caso. Anche il nuovo gioco di Monolith, dedicato a Wonder Woman, sembra ormai fuori tempo massimo, con la popolarità del personaggio che si è esaurita da tempo. A questo punto non ci stupiremmo se Rocksteady sarà costretta a rilanciare Batman Arkham con un quinto capitolo, o una serie di remake. Cosa che cozzerebbe però con la strategia dell’azienda di puntare sui live service. Oh, piccolo appunto: nessuno qui odia a prescindere i live service, ma sono troppi i casi oggi di studi che hanno cercato di entrare in questo settore in maniera casuale, fallendo miseramente. Bungie ha dimostrato che devi essere preparato per entrare nei live service, e Warner non l’ha capito. Il futuro non pare limpido.
Konami: NC – Essere o non essere?
Davvero, cosa si può dire di Konami oggi? Per molto tempo l’azienda nipponica ha abbandonato il mondo dei videogiochi per quello dei pachinko, salvo cambiare di tanto in tanto idea per qualche porting o riedizione di vecchie glorie senza metterci neppure troppo impegno. Poi, nel giro di pochi mesi, annuncia i remake di due capolavori, Silent Hill 2 e Metal Gear Solid 3. Il primo non sembra messo benissimo nelle mani di Bloober Team, e anzi a ogni apparizione in pubblico genera sempre più dubbi; il secondo, invece, pare essere più in forma.
Poi, c’è l’altro elefante nella stanza: eFootball. La generazione di Konami è iniziata con PES 2021, una copia carbone del precedente titolo, con la promessa di sfruttare questo anno sabbatico per puntare fortissimo su eFootball. Che, quando è uscito, era una schifezza. Oggi è sicuramente migliorato, limato nelle sue spigolature più pronunciate, ma comunque ancora ben lontano dagli standard che i giocatori meritano. Per non parlare della Master League, che ancora è assente a quasi 3 anni dalla sua uscita. Konami è un’azienda che non sa cosa vuole essere, e questo è il suo più grande problema al momento. Ci sbaglieremo, ma sospettiamo che il suo futuro sarà in ciò che vediamo oggi: remastered e remake continui dei suoi grandi classici, senza alcun guizzo. Oltre a eFootball, che probabilmente qualche introito lo offre.
Bethesda: 6 – Ci sono problemi in paradiso
C’è qualcosa che non va in questa prima metà di gen per Bethesda. Partita con l’esplosivo roguelite Deathloop, che chi scrive ha adorato, si è poi prodigata nel debole ma comunque accattivante Ghostwire: Tokyo, nell’ottimo e purtroppo sottovalutatissimo Hi-Fi Rush, e nell’aberrante Redfall, un assurdo tentativo di spingere Arkane a costruire il proprio FarCry-like con una tonnellata di problemi. E, ovviamente, Starfield, la prima nuova IP di Bethesda Softworks da un quarto di secolo. Che sia un gran titolo è innegabile, così come il fatto che non sia stato in grado di generare la chiacchiera di The Elder Scrolls e Fallout.
Questo, a dirla tutta, è un problema. Sia per Xbox, che tanto ha puntato su Starfield, sia per la stessa Bethesda, che ora ha tempi di produzione dilatatissimi – come se prima non lo fossero. TES 6 non arriverà prima del 2028 secondo quanto riferito da Phil Spencer alle autorità antitrust durante il famoso processo con la FTC, e solo a quel punto entrerà in sviluppo un nuovo Fallout. Uscita prevista: non prima del 2033 a questo punto, ma forse anche 2034 o 2035. Forse chi scrive sarà già morto per quel momento.
Fossero solo questi i problemi. Di fronte ad alcuni grossi giochi in arrivo, come Indiana Jones e l’Antico Cerchio e DOOM: The Dark Ages, Bethesda ha anche dovuto fare i conti con una situazione che evidentemente non era rosea come pensavamo. Insieme ai tanti licenziamenti dovuti alla ristrutturazione per il passaggio sotto Microsoft, ecco così che Tango Gameworks e uno dei team di Arkane sono stati abbattuti, proprio quando l’azienda aveva ribadito l’importanza della creatività e la necessità di sperimentare con altri giochi. Ironico, no?
Take-Two Interactive: NC – Ci diamo una svegliata?
Tiny Tina’s Wonderlands, LEGO 2K Drive, Marvel’s Midnight Suns. Questi, nel solito calderone di giochi sportivi dell’etichetta 2K Games, sono i giochi pubblicati da Take-Two in mezza generazione. Giusto, aggiungiamo che le remastered di GTA Trilogy, GTA 5 e Red Dead Redemption. Fine. Stop.
Un po’ poco? E certo, e infatti il giudizio su Take-Two non può che essere inclassificabile. L’azienda si è trovata in un momento storico senza precedenti, con GTA 5 lanciato nel 2013 e capace di vendere oltre 200 milioni di copie, mandando completamente in tilt la programmazione di Rockstar Games. Ora tutti gli occhi sono puntati su GTA 6 nel 2025, che promette di spaccare il mercato, ma per fortuna c’è anche altro: BioShock 4, il prossimo Borderlands, un nuovo Mafia, e speriamo qualche altra sorpresa. Per ora, però, Take-Two è davvero non pervenuta.