“Negli ultimi mesi ho rallentato.” Sembrava una frase normale, detta tra me e me mentre camminavo tra le fila di videogiochi esposti in un noto negozio di elettronica di Milano. Eppure, quella frase ha continuato a tormentarmi nei giorni successivi come la peggiore delle piante rampicanti. Nolan ci ha insegnato che il più pericoloso seme di tutti è sicuramente l’idea, eppure questo concetto astratto ma concreto, teorico ma pratico, sembra essere così fragile. Quante volte avete sentito parlare di crisi di idee o crisi di creatività applicate al mondo dei videogiochi o dell’intrattenimento in generale? Tante, sicuramente. Ma stiamo davvero affrontando una crisi di creatività e di idee? A mio avviso no, si tratta di un falso mito e oggi proverò a spiegarvi il perché.
La ricerca della felicità
Questo sito non è sicuramente il posto adatto per parlare del senso della vita, ma per arrivare al nocciolo della questione partiremo da qui: dalla condizione umana. Che l’uomo sia un moto perpetuo che si muove alla ricerca di un senso, di uno scopo e di un obiettivo non siamo di certo noi a scoprirlo. Fior fior di filosofi e intellettuali si sono arrabattati nel dibattere questi argomenti e lungi da noi entrare in tale discussione, ma teniamo bene a mente che l’uomo non è perfetto e nella sua imperfezione si muove per ricercare qualcosa che lo appaghi. I più fortunati tra noi, lo troveranno in maniera perpetua, quelli più “normali” in maniera temporanea.
La società attuale, che certo non brilla per qualità morali, ha capito che uno dei modi più interessanti per utilizzare questa costante ricerca dell’appagamento (o della felicità se vogliamo) era sfruttarla a proprio vantaggio per guadagnarci. Alcuni lo chiamano consumismo, altri lo chiamano normale procedere dell’evoluzione, vedetelo un po’ come volete, ma il fatto è che questo fenomeno ha radicato in diversi aspetti della nostra vita, delle idee. Su queste idee poi, i vari mercati hanno trovato il modo di evolversi, modificarsi, espandersi e nel tempo fagocitare le esigenze dell’uomo per sopravvivere al logorio del tempo.
Il nostro campo sono i videogiochi, uno dei rami dell’intrattenimento, e in questo settore la situazione com’è? Non è di certo diversa dal resto della vita. La differenza tra questo settore e tutto il resto è la giovinezza di tale fenomeno. Questo “sfruttare” la ricerca dell’appagamento arriva nel nostro amato settore da relativamente poco tempo rispetto ad altri ambienti e questo perché oggettivamente l’esposizione mediatica così massiva del nostro caro medium è tutto sommato recente. Nei vari paragoni che si continuano a fare tra i videogiochi e suoi cugini (cinema, teatro, e via dicendo) ci dimentichiamo spesso del tempo impiegato dalle più “anziane” fonti di intrattenimento per sedimentare la loro importanza negli usi e costumi della società.
Viviamo dunque il momento di massima esposizione dei videogiochi e ciò che stiamo vedendo è paragonabile alla corsa all’oro del Klondike tra il 1897 e il 1903. Tutti, in ogni lato dell’industria sono lì con la loro “batea” (la padella del cercatore d’oro) a cercare il nuovo Fortnite, il nuovo crack del mercato, come se fosse una pepita nel fiume.
Figli dunque della vera crisi dell’industria, quella economica e pubblicitaria, gli attori del mercato dei videogiochi hanno trovato il modo di sfruttare la ricerca dell’appagamento in una maniera particolare: la bulimia. Ora, siamo consapevoli che questo termine è un termine pesante, che va maneggiato con cura e lungi da noi gestire con leggerezza la citazione di un disturbo alimentare grave, ma non esiste altro termine se non quello per indicare la situazione attuale del settore. Quello che viviamo è infatti un costante usufruire di nuovi videogiochi in maniera spasmodica e nervosa, inghiottendo il prodotto senza gustarlo nei suoi più sfaccettati sapori.
La paura di rallentare
Qui dunque, ci ricolleghiamo alla paura di rallentare, all’idea, che giocare meno titoli sia giocare peggio o non giocare affatto, che sia “rimanere indietro”. Ma effettivamente è così? La risposta è ovviamente no, anzi è molto probabile persino giocare meglio. Carpire ad esempio in maniera oculata le varie sfaccettature, le dinamiche interne alle scelte effettuate in un videogioco. Credo di aver osservato più che guardato, credo di aver ascoltato più che sentito, credo di aver assimilato l’esperienza ludica in maniera maggiore rispetto a quanto fatto nell’ultimo periodo. Riflettendo su queste sensazioni è emerso chiaramente come codesto modo di vivere l’esperienza, non era altro che il modo in cui eravamo abituati agli albori del videogioco. Altrettanto chiaramente si evince che la modifica di tale vissuto dell’esperienza, sia data da un cambio di registro nella distribuzione e nella produzione del prodotto.
Ma il mercato era pronto per queste dinamiche? L’utilizzo delle necessità di appagamento per il guadagno sono dinamiche ormai consuetudinarie, come detto in precedenza, ma il pubblico giovane e il mercato di riferimento altrettanto giovane, non erano forse pronti a vivere questa situazione. Quello che ne è emerso è una strana circostanza per cui l’innesto della dinamica bulimica con la quale il giocatore fagocita un quantitativo di titoli spropositato in un mese, ha portato l’industria ad accartocciarsi su sé stessa. Questo avvenimento ha offerto agli occhi del pubblico il cosiddetto “cane che si morde la coda”. Più titoli per nutrire il pubblico, più titoli per guadagnare di più, allo stesso tempo meno qualità dei singoli titoli, più sequel e di conseguenza meno valutazioni positive e meno titoli memorabili. L’unico effetto possibile di contro è quello di un circolo vizioso in cui solo poche realtà riescono veramente a sostentarsi.
Ed è in questo momento, in questo contesto, che nasce l’inganno della crisi di idee. La creatività non è mai mancata, ma è solo subordinata a leggi di mercato che obbligano aziende e sviluppatori a sottostare a dinamiche avvolgenti che portano i sequel, le remaster, i remake ad essere “il guadagno facile”. La scappatoia dal cane che si morde la coda. L’effetto nostalgia batte il chiodo dei sentimenti, delle sensazioni di un tempo che spesso obnubilano la vista dei giocatori andando a stuzzicare i ricordi felici di un tempo passato. Quando ricordiamo le sensazioni di un natale passato, immersi in un qualsiasi videogioco degli anni ‘90 attingiamo a ricordi felici di appagamento che distorcono la realtà, proponendoci ad esempio memorie di giochi (in alcuni casi) più belli di quello che effettivamente erano (o più brutti).
La crisi di idee è lo specchio per le allodole, ma il vero problema non ha una soluzione. Qual è dunque la soluzione a questo discorso? Difficile dirlo. Il tempo? sarebbe lapalissiano. L’effettivo reset del mercato dato da un break out diffuso del sistema consumistico? Un’utopia. Quello che penso di aver compreso in questo periodo di eremitismo videoludico però è che sebbene non vi sia una cura della causa, un trattamento sintomatico per alleviare questo problema esiste.
La cura indipendente del relax
Non scopriamo l’acqua calda quando sottolineiamo come in diversi casi le produzioni indipendenti esulano da alcune (non tutte) di queste dinamiche contorte sopra citate. Ma anche in questo caso, la scelta di concentrarsi solo su di esse, seguendo i ritmi di produzione e sviluppo, potrebbe essere controproducente. Quello che però il sottobosco di produzioni non “AAA”, come va di moda definirle in questo periodo, fa è lasciare il tempo ai giocatori di sperimentare con i propri gusti con la giusta richiesta di impegno.
Non vi consigliamo di abbandonare le grandi produzioni, bensì di ritagliarvi un momento per godere di alcuni titoli staccando la mente. Giocare Cocoon, navigare su Dredge, cucinare su Dave the Diver, potrebbe essere il giusto palliativo in grado di rilassare la frenesia che vi richiede costantemente cercare nuove grandi produzioni una dopo l’altra. Godetevi un intermezzo, regalatevi di nuovo un’esperienza che vi faccia riscoprire il tempo. Perché questo trasformerà probabilmente anche il vostro modo di approcciare i titoli dal budget immenso.
Infine, ma non di minore importanza, informatevi. Avete mai provato a scoprire i segreti di un processo creativo? Vi siete mai chiesti perché alcune dinamiche dei game as a service hanno così tanto preso piede nel mercato? La libertà di fruizione nel web non comporta solo la lettura delle news o delle recensioni, ma anche la possibilità di ricercare nozioni che arricchiscano la vostra consapevolezza come giocatori. Essere giocatori consapevoli, appassionati interessati vi renderà giocatori migliori e acuti osservatori. Se volete provare a combattere ciò che non vi piace fuori, dovete prima alleviare ciò che dentro distorce la visione della realtà.