Che giochi recuperare durante le tanto agognate ferie, dopo un anno di lavoro e ancora più tempo chiusi in casa per colpa degli stranissimi tempi in cui viviamo. Quale occasione migliore per poter riprendere in mano alcuni titoli che in passato ci erano sfuggiti o che abbiamo messo nel backog in attesa di tempi più felici? Abbiamo deciso di riproporne uno per uno all’interno della redazione per consigliarvi i giochi da riprendere assolutamente.
PREY – Carlotta Bosca
Uno dei giochi che deve assolutamente rientrare nella lista dei recuperi estivi, è Prey. Il sempre gradito mix tra più tempo a disposizione e l’oggettiva lunga lista di titoli messi in stand by, mi ha permesso di riprendere mano al gioco sviluppato dai talentuosi ragazzi di Arkane Studios, che ai tempi dell’uscita (2017) avevo a malapena iniziato e conseguentemente trattato solo superficialmente. Un errore madornale, perché Prey qualitativamente è ad un altissimo livello, l’incontro perfetto tra Dishonored, Bioshock e Deus Ex. Il gioco è un esempio perfetto di un immersive sim enfatizzato ancora di più dall’unione quasi sempre vincente dei generi fantascienza e horror, da un gameplay profondo stratificato – caratterizzato da innumerevoli opportunità di azione- un level design sopraffino e da una gestione spesso geniale delle mappe. Il protagonista di Prey è Morgan Yu, che dopo essersi risvegliato da solo privo di ricordi è costretto a combattere gli inquietanti Typhon, una razza aliena in grado di mutare forma e che infesta l’intera stazione spaziale. Un gioco che che nelle lunghe giornate afose estive, vi regalerà lunghe e impegnative ore di gioco con soluzioni di gameplay improvvisate, in cerca percorsi alternativi, tentare nuovi approcci. Prey è un gioco di raro spessore, che va assolutamente recuperato.
BASTION – Alessandro Di Liberto
Il meritatissimo successo di Hades ed il suo imminente arrivo su Xbox Game Pass mi ha spinto, nell’arco di questi mesi, a recuperare una piccola perla di Supergiant Games. Bastion si è sempre ritagliato un angolino tra le mie priorità ma, come spesso accade, è sempre stato accantonato per giocare altro.
Il primo impatto con Bastion non tradisce minimamente i suoi 10 anni di età, si tratta di un titolo solido, ancorato su basi ferme e stabili che riesce a dare esattamente quello che si propone: una storia interessante ed un gameplay basilare. Bastion incarna quella filosofia dell’intrattenimento senza fronzoli che modella il racconto sull’interazione e non il contrario. Supergiant Games aveva già dato prova, dieci anni fa, di essere uno degli studi indipendenti più interessanti dell’intera industria. Seguito da Transistor, Pyre ed infine Hades, il percorso artistico tracciato dallo studio Californiano ha inizio proprio con bastion e con la sua voce fuori campo troppo simile a quella di Geralt.
Bastion, nella sua semplicità, riesce a creare un equilibrio tra sfida e divertimento, una perla tutt’altro che piccola. Contestualizzando Bastion al 2011 è possibile notare molti elementi che oggi vengono dati per scontati. Dal sistema di upgrade delle armi alle abilità secondarie, non c’è un elemento che non riesca ad instillare curiosità all’interno della produzione di Supergiant Games. Un mondo fragile quello di Bastion che trova un espediente narrativo per introdurre interazioni ambientali davvero interessanti ed un modo di raccontare visivamente il mondo di gioco davvero interessante. Se avete amato Hades, Bastion non vi deluderà.
MASS EFFECT LEGENDARY EDITION – Matteo Marchetti
L’afa estiva è tale da farvi sciogliere il controller tra le mani? Perché non concedersi un bel viaggio rinfrescante nel pianeta glaciale di Gemini Sigma in compagnia del Comandante Shepard e di tutto l’equipaggio della Normandy? In attesa di poter fuggire dal logorio della vita moderna mi sono rifugiato in una selle mie saghe di giochi preferite, rispolverata per l’occasione in concomitanza con l’uscita della Legendary Edition. Stiamo naturalmente parlando della trilogia Action/RPG di BioWare Mass Effect, recentemente rimessa a nuovo in un’edizione “definitiva” che comprende tutti i giochi della serie iniziata nel 2007 e conclusasi nel 2012 con Mass Effect 3, oltre ai vari DLC. Apprezzata tantissimo all’epoca su PS3, ho deciso di reimmergermi nuovamente in questo (ed è proprio il caso di dirlo) Universo tanto sconfinato quanto emozionante e avvincente, seppur costellato da quelle imperfezioni che l’hanno reso anche bersaglio di numerosissime critiche nel corso del decennio passato. La Legendary Edition risolve in parte i problemi del passato, riproponendo però tutta la bellezza della trilogia originale con una veste grafica rivisitata, cosa che mi ha spinto ad impersonare nuovamente il Comandante Shepard nella sua epopea spaziale attraverso i vari sistemi conosciuti. Questa volta però, dopo aver incarnato a suo tempo la giustizia con un Shepard leale e benevolo, ho deciso di affrontare l’avventura con una Shepard di sesso femminile decisamente più incazzata e poco incline alla diplomazia, resa così scontrosa ed irritabile presumibilmente dalla notizia che persino il Flux, night club di punta della Cittadella, richiederà il Green Pass per entrare, o forse ancora perché AirBnB le ha appena cancellato la prenotazione al Lido “Il Giglio” su Artemis Tau.
TALES OF VESPERIA – Kevin Ferrari
Bandai Namco è una Casa che sempre ho apprezzato, nel bene e nel male. Diciamo che negli anni come giocatore ho sviluppato un certo amore per i prodotti creati da questi pazzi orientali, specialmente sul fronte artistico. Ci sono giochi che adoro, come Scarlet Nexus (il quale ve ne ho parlato approfonditamente nella mia recensione), e ci sono giochi che semplicemente non mi piacciono o che mi hanno lasciato l’amaro in bocca.
Nella mia breve carriera videoludica credo di aver giocato a una bella parte dei franchise di Bandai, sempre seguendo le mie curiosità e la mia attrazione verso i prodotti fan service, ma c’è né stata sempre una ho volutamente evitato: la serie Tales of. Tutti me ne parlavano bene. Berseria ha sbloccato il cuore di molti miei amici che gli ha approcciati alla serie. Lo standard qualitativo cresceva e il franchise portava sempre più produzioni inedite come anime sui titoli usciti, con annesse opening stupende (Se non l’avete mai sentita, recuperatevi l’opening di Tales of Zestiria The X). Insomma, tanti elementi di questa grande banda che in coro mi urlavano “Giocaci Kevin!”. Io no, mi rifiutavo: quando i miei amici o colleghi mi parlavano del loro ultimo Tales Of giocato, erano entusiasti e parlavano a ruota libera su tutti i fattori che li avevano convinti, e nel loro raccontare per me spiccava sempre quello del tempo. “Ho giocato 90 ore. Lungo e bello” “Non hai idea, 120 ore sono volate” “uff, la run più breve è stata quella di 60 ore, la mia terza ahaha”. Scrivendo queste citazioni mi vengono tutt’ora i brividi. Dove trovo tutto questo tempo per giocarci? Ma più che dove, quando?! 120 ore corrispondo a 5 giorni pieni, ma considerando che noi siamo svegli mediamente 16 ore (Si magari! Per lavorare ho alzato notevolmente la media) possiamo dire che ci vorrebbero quasi 8 giorni per completare un Tales Of… è un sogno avere così tanto tempo libero. Nella mia carriera ho giocato a moltissimi giochi longevi e non li disprezzo affatto, anzi, tra questi ci sono i miei preferiti: Persona 5, Fallout New Vegas e 4, Skyrim, The Legend of Zelda BOTW, The Witcher e molti altri anche tra i gestionali e strategici.
Lavorando, tutto questo tempo libero sembra un utopia. Ma, come un caldo e arido deserto grande 365 kmq, ogni tanto c’è qualche oasi divina, grande abbastanza da sembrare bella e impossibile: le ferie. Quando potevo giocare a uno dei franchise che più bramo nella mia vita se non durante le ferie di ferragosto?!
Mentre seguivo il coverage di Scarlet Nexus bazzicavo spesso per i siti e i social di Bandai (Tra l’altro, seguite BandaiNamcoIt su Instagram che rilasciano sempre un sacco di notizie con dei bei post/video sui loro giochi) e mi apparivano spesso delle informazioni sul prossimo gioco del franchise: Tales of Arise.
Sarà l’incipit di trama, uno stile che a me piace da morire e reso ancor più affascinante con gli engine moderni, o chissà per cosa, ma l’interesse per Tales Of mi è tornata più che mai. Ecco perché durante le vacanze estive di ferragosto mi giocherò Tales of Vesperia, uno dei capitoli più belli e il giusto gioco per approcciarsi alla serie. Ero combattuto perché volevo giocarmi prima Berseria o Zestiria, ma dei miei cari amici mi hanno indirizzato per Vesperia asserendo che sarebbe stato il gioco perfetto per me.
L’ho comprato e ci ho fatto qualche ora. Per adesso non mi sta esaltando, ma sono piacevolmente colpito dello spazio che la narrativa lascia allo sviluppo dei personaggi e al mondo artisticamente affascinante.
Sto imparando a mettermi a mio agio con questo combact system molto ibrido tra Action e un classico JRPG a turni, ma sarà il tempo a farmi capire se mi piacerà o meno. Per il resto non ho molto da dirvi se non ringraziarvi di aver letto il mio spippolamento mentale e la mia breve storia di come finalmente abbia iniziato a giocare ai Tales of. Ne approfitto per ringraziarvi ancora che ci continuate a leggere e per augurarvi delle buone vacanze estive!
SAKUNA: OF RICE AND RUIN – Simone Granata
Le giornate accaldate d’estate portano con sé bagagli di ricordi. Persino per chi (come me) detesta questa stagione in favore di quella autunnale/invernale, l’estate è spesso foriera di memorie di scuola, di pomeriggi passati nella semi-oscurità della propria camera con ventilatore a palla e giochi indimenticabili. Unire il passato ed il presente è possibile? Personalmente, penso si possa fare, almeno a livello videoludico. Per questo consiglio caldamente il sottovalutatissimo Sakuna: Of Rice and Ruin (天穂のサクナヒメ Tensui no Sakuna-hime ovvero “Principessa Sakuna delle Spighe di riso Celestiali”) creato dallo studio indipendente giapponese Edelweiss e pubblicato da Marvelous nel Novembre 2020.
La principessa-dea del raccolto Sakuna, viziata dalla vita agiata presso la corte della “dea madre” Kamuhitsuki, viene spedita senza troppi complimenti sull’Isola dei Demoni insieme ad un gruppo di umani che hanno osato invadere il regno delle divinità. Il motivo? Insegnare a Sakuna che esiste qualcosa di più importante del gozzovigliare senza curarsi di ciò che devono patire gli umani costantemente anche solo per procacciarsi il cibo. Metà gestionale alla Harvest Moon, metà action/platform con componenti RPG, metà in 3D “completo” e metà in 3D a scorrimento laterale, Sakuna: Of Rice and Ruin è un titolo dal fascino fenomenale e dallo stile estetico godibilissimo. Un lavoro eccellente e passato fin troppo in sordina ad opera di un team indipendente ricco di talento. Se cercate qualcosa di originale, divertente e con un gameplay variegato, questo è il gioco che vi consiglio per questa calda estate 2021.
GHOSTRUNNER – Erika Berselli
Causa l’uscita quasi contemporanea tra Cyberpunk 2077 e Ghostrunner, quando ho dovuto scegliere che titolo giocare mi sono affidata alla fortuna, lanciando in aria la classica monetina sul modello “vivi o muori”. Non sono ancora sicura che sia atterrata dalla parte giusta, anche se non posso non ammetterlo: Cyberpunk 2077 ha occupato più di 200 ore nella mia esistenza tra storia, luci al neon e scontri – rarissimamente coi bug, meno raramente contro le macchine in corsa o fuori dal parabrezza. Ma ora che l’aria estiva tira, che di titoloni non si vede quasi l’ombra, mi sono presa un impegno inderogabile: iniziare a finire Ghostrunner. E anche se il caldo non aiuta, Ghostrunner mitiga l’estate con la sensazione fredda del metallo e dei circuiti che pompano sotto i muscoli. Un ninja meccanico, un mondo distopico, il collasso della realtà come oggi la conosciamo, il tutto introdotto a pillole durante le prime battute del videogioco che ci trasporta in un mondo di violenza feroce e cadenzata, dove i combattimenti vengono quasi danzati dalle dita sui tasti in parkour tanto belli quanto violenti, interrotti ogni tanto da fasi platform. Ai buoni livelli ci si arriva dopo prove e prove (e batoste), specialmente nelle sezioni impegnative, eppure il titolo non impedisce mai di prenderci la mano e giocare a ritmi sempre più elevati e serrati – mentre noi diventiamo più bravi, veloci, facendo volare arti cibernetici e teste lungo il cammino. A volte nel suo scivolare sui muri, il personaggio ricorda un po’ il vecchissimo Mirror’s Edge. Anche qui come lì, la vittoria era breve, un’esclamazione fulminante da “ce l’ho fatta!”. Riuscire a scampare al livello del parcheggio, ad esempio.
Forse quel giorno la monetina dei giochi doveva cadere dall’altra parte, ma chissà, potrebbe essere stato un bene: ora che il mio senso estetico è stato mosso dopo anni di sonnolenza sui canoni del cyberpunk, Ghostrunner sembra una di quelle cannonate a cui non si può resistere, con una storia ed un apparato snello, divertente e coinvolgente al quale ci si attacca per non staccarsi più. Mannaggia alle vacanze.