Hideo Kojima ha toccato un argomento molto delicato, tramite il suo canale Twitter. Un argomento sempre vivo nel dialogo videoludico ma che, di recente, ha acquisito particolare rilievo in seguito a una mossa di Ubisoft che ha fatto molto discutere: la rimozione di un titolo e delle sue DRM dai suoi store e server. Messo da parte lo spiacevole siparietto in cui il papà di Metal Gear è stato scambiato per l’assassino di Shinzo Abe, il maestro è dunque tornato a discutere di videogiochi.
Cosa ne pensa Hideo Kojima di retrogaming e preservazione dei videogiochi?
Il noto game designer ha toccato l’argomento riferendosi al primo originale Metal Gear del 1987, ma è chiaro che la spinta a parlarne giunge dalle dinamiche recenti in Ubisoft. “Era l’alba dell’industria videoludica quando feci il mio ingresso nel settore. A quel tempo i videogame venivano considerati alla stregua di semplici giocattoli da usare e gettare” ha scritto.
“In questo ambiente, speravo di poter creare giochi che fossero supportati per cinquant’anni, proprio come i classici del cinema. Purtroppo, a differenza dei film i software, gli hardware e i gusti hanno una breve aspettativa di vita. Anche se sopravvivono immagini e oggetti non è più possibile giocarci. Tuttavia sopravvive come MEME”.
Non c’è che dire, ironia a parte, è triste il destino riservato ai videogiochi che, con il tempo, divengono sempre più ardui da giocare, se non si possiede in buone condizioni la console per cui il gioco è stato pensato. Nel caso di Ubisoft, perfino il digitale diviene un porto insicuro, nonostante la virtuale resistenza infinita del formato, che a differenza del fisico non può rovinarsi.
Nel caso del fisico l’unica soluzione è appoggiare attivamente un mercato del retrogaming che abbracci l’emulazione in modo più completo, mentre sul versante digitale si può sperare che il caso Ubisoft sia un evento isolato; specie dopo le brusche reazioni del pubblico – difficilmente altre compagnie vorranno irritare i fan al medesimo modo. Hideo Kojima comunque è dalla nostra parte, e siamo certi che come lui la pensino la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne “creative” che lavorano nel settore – giusto a chi pensa al puro guadagno può non interessare il destino di un’opera.
E voi, lettori, di quale opinione siete? Non credo di sbagliare nel dire che come tra i creativi il desiderio di preservazione domini anche tra il pubblico, mi chiedo anzi se esista qualcuno che difenda la lenta estinzione dei titoli vecchi – sarebbe interessante ascoltarne le ragioni.