Come nelle migliori storie, anche questa inizia in una notte buia e tempestosa, principalmente una piovosa sera d’inizio aprile. Abbiamo deciso, dopo la visione e la folgorazione da parte di qualche musa, di instaurare una nuova rubrica, un qualcosa che potesse essere utile sia ai giocatori che a chi di videogiochi non ha mai voluto sapere nulla, per far capire a tutti che i vari canali di comunicazione come il cinema, le serie tv e i videogiochi non siano così diversi l’uno dall’altro. Lo scopo di Game&Watch, questo il nome della nuova rubrica, è farvi scoprire come le storie siano universali, di come le emozioni possono trasmettersi sia attraverso uno schermo televisivo che un joystick. La speranza è quella di interessare la maggior parte di voi e spingervi ad approfondire entrambi i contesti, sia cinematografico che videoludico, attraverso il percorso emotivo ed il confronto che chiunque, una volta letto l’articolo potrà cogliere. Come questa speranza nel cuore, ci siamo approcciati a quello che ha dato inizio a tutto e che ha acceso la scintilla creativa sull’argomento, il dualismo tra Thirteen Reason Why (Tredici in italiano) e Life is Strange.
Che Netlifx abbia ormai mostrato al mondo intero come le sue produzioni non abbiano nulla di che invidiare a quelle stramiliardarie più blasonate è ormai cosa nota. Che producesse anche titoli dall’elevato impatto sociale era anche palese, ma cosa succede quando si combinano le due cose? Nasce un progetto divenuto poi realtà chiamato Thirteen Reason Why, trasposizione televisiva del romanzo di Jay Asher, che ha conquistato in pochissimo tempo critica e pubblico. La serie tv, composta da 13 episodi, racconta del suicidio improvviso di una ragazza, Hannah Baker, e di come al suo compagno di scuola, Clay Jensen vengano recapitate sette cassette in cui Hannan spiega i tredici motivi che l’hanno spinta a quel folle gesto, di cui lui stesso è uno di questi. La storia inizia a dipanarsi lentamente, partendo da subito come dramma adolescenziale, ma arrivando nel giro di breve tempo a toccare argomenti maledettamente attuali come il bullismo, la violenza sessuale, l’omosessualità repressa, lo slutshaming (la diffusione di immagini private ed intime di una persona attraverso i social e i cellulari con l’intento di offenderla e screditarla), tutte problematiche che non sono relegate alla realtà solamente americana, ma richiamano a tutto il mondo cosiddetto civilizzato e maledettamene ipocrita. La scuola, in teoria luogo di cultura, di sapere e di educazione diventa invece un teatro di violenza, repressione e paura, dove molto spesso gli insegnanti non riescono a risolvere, o fanno finta di non vedere, i problemi dei ragazzi che devono educare. Una società che non si cura più dei propri giovani e che sta crescendo dei veri e propri mostri insensibili, dove i più vulnerabili, i più gentili vengono visti come deboli e per questo vessati o ignorati.
Thirteen è stato un pugno allo stomaco, ogni puntata sempre più coinvolgente e maledettamente dura, cruda, diretta. Un viaggio terrificante nel disagio di una povera ragazza che ha visto la sua adolescenza fatta a pezzi da quelli che avrebbero dovuto essere suoi amici, dove tutte le sue richieste di aiuto sono rimaste inascoltate e la sua ingenuità, tipica dei ragazzi di quell’età, l’ha letteralmente condannata. L’amicizia con Clay, unico vero raggio di luce nella sua vita, capace di quell’amore che avrebbe potuto salvarla, dona attimi di tenerezza in un contesto brutale e terrificante che Thirteen racconta. Andare avanti nella visione significa farsi coinvolgere dalla sfortunata vicenda di Hannah e dalla colonna sonora magistrale che gli autori hanno inserito, in grado di rapirvi letteralmente dal divano e gettarvi in pasto alle emozioni. E’ stato nelle brevi pause tra un episodio e l’altro, mentre cercavo di tornare alla realtà, che ho realizzato come effettivamente tutto questo io l’avessi già vissuto. Non nella vita reale fortunatamente, ma in quella virtuale sì.
Le stesse sensazioni di coinvolgimento, di poesia malinconica, di dramma adolescenziale che nascondono un disagio sociale molto più grande. Ricordo ancora quella colonna sonora, quel To All of You che dolcemente apriva la mia avventura ad Arcadia Bay, quei colori pastello e quell’incedere timido che tanto mi ha fatto amare Max. Era il 2015 quando Dontnot Entertainment pubblicò il primo episodio di Life is Strange, avventura grafica in 3D che ha segnato milioni di giocatori, arrivando ad essere acclamato come uno dei giochi più influenti degli ultimi anni. Le vicende di Max e della sua migliore amica ritrovata Chloe che si dipanano per 5 episodi, sono analoghe a quelle di Clay e Hannah, con l’aggiunta però di un potere soprannaturale che permetteva alla protagonista del gioco di riavvolgere il tempo. Un titolo che con Thirteen condivide praticamente tutti i punti di forza che rendono la serie di Netflix così coinvolgente: una colonna sonora stratosferica, musiche toccano il cuore, uno sguardo sull’ipocrisia della società moderna e lo stravolgimento dell’ambiente scolastico da luogo di sapere a vero e proprio carnaio di violenza e vergogna. Il bullismo, fisico e verbale, la violenza sessuale, il suicidio adolescenziale, l’amicizia, l’omosessualità, il terrore della famiglia, sono tutti aspetti che in Life is Strange vengono raccontati attraverso lo sguardo di Max, una timida ragazza che come Clay non voleva assolutamente fare del male a nessuno, ma che suo malgrado si ritrova coinvolta in una serie di eventi che stravolgeranno la sua vita e quella dei suoi cari per sempre. Questa concezione dell’Effetto Farfalla e della Teoria del Caos è il filo conduttore dell’intera vicenda, così in Thirteen come in Life is Strange, facendovi rimanere incollati allo schermo, giocando o guardando un episodio dopo l’altro. Qual è l’unica differenza tra i due titoli? L’interazione ovviamente. Se in Thirteen la storia che vi viene raccontata ha un unico finale, e voi non siete altro che spettatori coinvolti, straziati, ma pur sempre passivi, in Life is Strange potrete invece fare qualcosa. Non è detto che tutto debba finire male, non è detto che tutto debba finire bene, la decisione spetta soltanto a voi e alla vostra morale. Se quindi avete trovato difficile staccarvi da una serie come Thirteen, pensate a quanto potrebbe appassionarvi una storia analoga in cui però starà a voi decidere il destino dei protagonisti attraverso le vostre azioni. Quante volte davanti ad una serie particolarmente coinvolgente vi siete ritrovati a parlare ai protagonisti nella speranza che vi sentano, che ascoltino i vostri consigli così che tutto vada per il meglio (e non mentite, tutti alle Nozze Rosse avete urlato e gridato Scappa!)? E’ questo che Life is Strange riesce a regalarvi, la meravigliosa sensazione di essere al tempo stesso spettatore e protagonista, così come Thirteen vi ha fatto tifare per Clay e la sua ricerca di giustizia per la morte del suo grande amore. Due storie diverse eppure incredibilmente simili, toccanti e strazianti. Non sarà semplice andare avanti, con nessuno dei due titoli, ma fatelo per voi. Entrambi vogliono lasciare un messaggio, entrambi vogliono che le tragedie di cui parlano non debbano mai ripetersi. Sarete in grado di coglierlo?