Contrariamente al pensiero comune, l’esperimento più azzardato di Bungie non è stato Destiny e il suo multiplayer massivo, ma bensì Halo 3 ODST. Noto all’inizio come Halo Recon ed uscito nel 2009 per Xbox 360, il gioco raccontava le vicende di un gruppo di soldati d’assalto delle forze terrestri in difesa di New Mombasa, nell’arco temporale a cavallo tra Halo 2 e Halo 3, accantonando come protagonista Master Chief, l’invincibile soldato Spartan della saga principale.
Il progetto era nato inizialmente come un DLC a pagamento, una sorta di tentativo per Bungie di fare qualcosa di nuovo e fresco per il loro brand di punta e ci si sono dedicati con tanta foga da far risultare alla fine ODST come un gioco stand alone vero e proprio, con tanto di modalità aggiuntive. La ricezione del gioco fu abbastanza tiepida, e ancora oggi molti degli appassionati della serie tendono a denigrarlo, a considerarlo un capitolo mal riuscito di una saga intoccabile, dato che manca di epicità, carisma e della profondità etica tipica di Halo. Forse è vero, forse no. A distanza di anni, ma lo dicevamo anche al momento dell’uscita, è ora di smentire questa considerazione: Halo 3 ODST non è il capitolo peggiore della saga, assolutamente. Aveva dei difetti, aveva delle promesse disattese, ma non si può assolutamente denigrarlo perché non è un Halo o perché è noioso (questa l’ho sentita sul serio). Il motivo, come al solito, sarà spiegato ai nostri lettori nelle righe seguenti, qualora avrete voglia di mettere in gioco le vostre credenze.
Per semplicità analitica, divideremo la nostra dissertazione in due filoni principali, la storia ed il gameplay. Partendo dalla trama, sappiamo tutti che il protagonista non era Master Chief e la sua indistruttibile armatura, ma una recluta, il Rookie della squadra ODST, le truppe d’assalto dell’UNSC che venivano lanciate dall’orbita oltre le linee nemiche per portare scompiglio. La vicenda si diramava in una New Mombasa distrutta e quasi completamente conquistata dai Covenant, già nel pieno della loro guerra civile. Separati dalla propria squadra e gettati nel pieno del territorio nemico, bisognava ricercare le tracce dei propri compagni e al contempo evitare le pattuglie degli alieni. Arrivati in determinati punti di New Mombasa, le missioni si avviavano tramite flashback, facendo rivivere al giocatore vari momenti della battaglia sulla terra, vista dagli occhi degli altri membri della squadra ODST, garantendo così una narrativa differenziata che nelle serie era stata sperimenta solo in Halo 2. Non che il gameplay o la narrazione fossero diversi tra i vari membri, ma era originale vedere le differenze di pensiero dei soldati coinvolti e come reagissero in maniera diversa al conflitto (Buck tra l’altro è una conoscenza che gli estimatori della nuova trilogia di Halo dovrebbero avere bene in mente). La storia di ODST è una storia di guerra, è un racconto che non ha niente a che vedere con l’epica di Master Chief e il destino della galassia; non ci sono i Flood da combattere, non c’è nessuna unica mente e la minaccia degli Anelli e Precursori sono solo storie da leggenda. Sulla terra, quello che conta è la sopravvivenza. Uomini e donne che combattono strada per strada contro un nemico nettamente più potente, che ha raggiunto il loro pianeta con l’annientamento della razza umana come unico scopo. E’ proprio questo il pregio di ODST, quello di riportare l’attenzione sulla guerra e di mostrare al giocatore le conseguenze dell’attacco Covenant, il terrore provato dalla razza umana contro un nemico che non ha pietà ed è infinitamente più forte, feeling che con la saga di Master Chief era nettamente più debole, dato che lo Spartan 2 è una macchina da guerra praticamente invincibile e nettamente proiettato verso una minaccia più grande. Si era perso un po’ l’intento originale, quello della guerra tra umani e Covenant e ODST lo ripropone bruscamente, in maniera cruda, quasi attuale.
Tutto questo si ripercuote ovviamente sul gameplay, altro punto ingiustamente bistrattato di Halo 3 ODST. La differenza di gioco è ovvia e scontata: nonostante gli ODST siano truppe d’assalto altamente addestrate, sono comunque degli esseri umani normali, quindi le loro capacità fisiche sono inferiori sia a quelle dei Covenant, sia a quelle di uno Spartan. I movimenti erano più lenti, i salti erano più corti e non si poteva ovviamente prendere a calci un Banshee e smontarlo pezzo per pezzo. I combattimenti a fuoco c’erano ed erano anche molto intensi e ben strutturati, ma non ci si poteva gettare nella mischia a testa bassa con una combo continua di proiettili e attacchi in mischia; bisognava ragionare, colpire da lontano e con precisione, mentre i combattimenti più ravvicinati erano serrati e anche molto complessi da portare a termine. Tutto questo era riprodotto alla perfezione nella mappa di intermezzo tra un flashback e l’altro, dove Rookie doveva cercare gli indizi sui suoi compagni scomparsi. Aggirarsi per una New Mombasa distrutta invasa dai Covenant, nascondendosi al buio per paura delle pattuglie nemiche è una delle sensazioni più angoscianti mai provate, totalmente estranea al concetto di one man army di Master Chief. La morte in attesa ad ogni angolo, la paura di essere rimasto da solo in un’ambiente ostile, l’impossibilità di affrontare numerosi nemici, erano tutti concetti che erano lontanissimi dalla Saga di Halo, ma davano freschezza ed originalità al brand. Questa differenza di concezione è forse quella che più ha pesato nel giudizio finale dell’utenza, troppo abituata ad essere onnipotente, mentre invece è da apprezzare come l’universo creato da Bungie possa adattarsi a molteplici interazioni.
Se infatti dobbiamo proprio addossare delle colpe ad Halo 3 ODST, queste sarebbero quelle di Bungie di non aver voluto sperimentare di più. Il gioco era validissimo, peccato per una durata inferiore alle aspettative e per le pochissime innovazioni in termini di armi e modalità (tralasciando la modalità Schermaglia). ODST ha pagato lo scotto di essere stato pensato inizialmente come DLC, e forse anche Bungie stessa non aveva riposto molta fiducia nel titolo, per motivi su cui possiamo solo speculare. Se lo avessero considerato per quello che avrebbe potuto essere, ovvero un eccellente spin off che trattava più da vicino il conflitto tra umani e Covenant, a quest’ora probabilmente avremmo avuto un’altra saga da apprezzare, magari anche di più di quella dei Precursori. Un’occasione sprecata quindi, ma che comunque ci ha regalato un eccellente titolo spin off, sottovalutatissimo dall’utenza ma che in realtà nasconde una narrazione della guerra profonda ed emotiva difficile da trovare anche nei franchise più moderni.