Quel piccolo capolavoro che risponde al nome di Cuphead, sviluppato dai fratelli Moldenhauer, è stato al centro di diversi dibattiti sin dal giorno del suo lancio. Tra assurde accuse di razzismo, condanne alla difficoltà e paragoni tra i più impensabili, le avventure di Cuphead e Mugman si sono trasformate nella più recente scusa per dibattere e polemizzare sui social network e forum di tutto il mondo.
Tra le tante critiche spicca un’avversione verso il paragone con Dark Souls per quanto riguarda la difficoltà del gioco. Molte testate hanno infatti paragonato il Run ‘N Gun di MDHR Studios all’ormai celebre saga di From Software mentre altrettante testate e gran parte dell’utenza però non ci stanno, manifestando un’aperta ostilità verso quella che viene percepita come una semplice esagerazione sia nei confronti di Cuphead che viene reputato addirittura troppo facile in confronto a titoli come Contra e Metal Slug.
Questo episodio di GameBusters cercherà di fare chiarezza e di sfatare un mito che negli ultimi anni sembra dilagare tra le fila dei giocatori più incalliti, Dark Souls non è facile, così come non lo è Cuphead, ma sopratutto che il paragone tra i due non è del tutto sbagliato per le nuove generazioni.
Lo chiamavano CupSouls
Tra i punti più importanti di quelle tesi che sostengono la totale estraneità da parte di Dark Souls nei confronti di Cuphead vi è l’inaccettabile paragone di due titoli che appartengono a generi diversi; da una parte troviamo infatti un Action-RPG con meccaniche da Metroidvania, dall’altra un Run ‘N Gun boss-based in 2D. Ciò che cercheremo di analizzare non è tanto la natura del titolo in sé quanto il rapporto che il gioco, attraverso il suo level design, riesce ad instaurare nei confronti del giocatore in relazione alla difficoltà.
Dark Souls non è infatti diventato famoso semplicemente perché trattasi di un titolo difficile: se prendiamo in esame il primo Demon’s Souls, uscito nel 2009, ci rendiamo perfettamente conto di come titoli ad alto tasso di sfida di siano susseguiti sia prima che dopo l’uscita del titolo. Opere come Ninja Gaiden, Devil May Cry e Bayonetta ne sono l’esempio più lampante. Ciò che è riuscito a lasciare un’impronta tangibile non è tanto la difficoltà meccanica fatta di numeri, hit box e abilità quanto quella passiva, silenziosa ed infame.
Parliamoci chiaro, Dark Souls, così come Cuphead, non è un titolo impossibile da affrontare e sicuramente non è il più difficile o impegnativo ad oggi presente sul mercato videoludico. Ciò che rende entrambi i titoli non soltanto similari e paragonabili in termini di difficoltà ma anche incredibilmente carismatici ed accattivanti è quel rapporto di amore ed odio che si instaura tra il giocatore e l’opera. La difficoltà di Dark Souls non consiste infatti in un mero calcolo numerico o un rapporto tra danno ricevuto e punti vita, si tratta di una difficoltà profonda che penetra tra le mura del game design grazie ad agguati, trappole ed insidie mirate in primo luogo non a mettere semplicemente in difficoltà il giocatore ma ad ucciderlo nel vero senso della parola. Questa permanente sensazione va a creare così un continuo stato d’ansia esplorando aree totalmente nuove con la consapevolezza che qualcosa nascosta da qualche parte proverà a farci la pelle.
Allo stesso modo Cuphead cerca in tutti i modi di destabilizzare la sicurezza del giocatore soprattutto nelle sessioni di Run ‘N Gun, richiedendo non soltanto abilità ma anche memoria, prontezza di riflessi e sangue freddo. Si tratta di un rapporto molto profondo che prescinde il genere dell’opera. Affrontare un nuovo boss o un nuovo livello di Cuphead mette il giocatore in una condizione di morte certa che piano piano diventa una consapevolezza. Non importa quanto sia bravo il giocatore, esistono sezioni durante le quali è semplicemente impossibile prevedere il pericolo in arrivo e, così come quei dannati arcieri di Anor Londo, si è costretti ad esplorare il gioco “a tentoni” morte dopo morte. L’analogia regge dunque un paragone basato sulla difficoltà a patto che con “ è come Dark Souls” non si intenda un gioco impossibile da completare.
Si tratta dunque di due titoli che superano sicuramente la media di quella che oggi viene percepita come difficoltà e vanno a posizionarsi tra le fila di quei giochi “infami” che ci fanno innamorare a suon di mazzate. Dopo ben cinque titoli prodotti da From Software è ormai abbastanza semplice approcciarsi ad un souls-like ma l’impatto iniziale è lo stesso in ogni caso.
Questo matrimonio non s’ha da fare
Cosa spinge dunque una sostanziale fetta di critica ed utenza a rigettare senza diritto di replica un paragone tutto sommato abbastanza lecito?
Il rapporto del giocatore nei confronti dei social network diventa di giorno in giorno sempre più curioso e, pur trattandosi di un argomento da studiare in ambito sociologico e/o psicologico, proveremo ad analizzarlo al meglio delle nostre possibilità. Ciò che abbiamo notato con il passare degli anni va a toccare un punto molto profondo in quello che viene percepito come intrattenimento, cosa diverte e cosa invece passa inosservato. Una tendenza verso l’elitarismo che spesso e volentieri viene accompagnato da un nonnismo puro e semplice va a costruire delle meccaniche di causa ed effetto che si ripercuotono direttamente nei rapporti tra i giocatori al di fuori del gioco. “Io sono più bravo di te, io ne so più di te, da me hai solo da imparare”, un dogma imprescindibile contro il quale spesso e volentieri si sbatte la testa. Questo episodio di GameBusters nasce anche da una considerazione del tutto sbagliata di quello che viene percepito come bagaglio culturale dai vari giocatori. Il consiglio passa in sordina mentre la filippica ha la meglio, viene celebrata ed accorata come unica verità imprescindibile. È così che vengono fuori frasi del tipo “se Cuphead ti sembra difficile allora non hai mai provato Contra o Metal Slug”, cercando di annichilire in tutti i modi l’esperienza videoludica di altri giocatori che semplicemente non hanno avuto modo di giocare a determinati titoli appartenenti al passato, per i motivi più disparati.
Questo divario culturale nasce da un dato di fatto abbastanza semplice da riscontare, Dark Souls rappresenta per molti (sopratutto i nati attorno agli anni 2000) l’unico metro di paragone e punto di riferimento quando si parla di difficoltà. Un fattore del genere nasce dall’esigenza di dare un senso o un ordine a qualcosa che semplicemente non si ha mai avuto modo di sperimentare. È normalissimo infatti che un giocatore relativamente giovane non abbia avuto modo di provare i Run ‘N Gun di un tempo o alcuni titoli reputati particolarmente difficili, spesso cabinati, appartenenti agli anni ’90 o alla prima decade del 2000. Uno stacco in termini di difficoltà e senso di sfida che ha creato quell’esigenza di indicare Dark Souls come titolo particolarmente difficile ed insidioso da prendere in riferimento quando si parla di titoli impegnativi. Nulla di nuovo sotto il sole eppure bisogna puntualizzare quanto l’opprimente elitarismo non faccia altro che allontanare i giocatori più giovani da quelle che sono le sfide di un tempo trasformando un invito alla cultura in un semplice motivo di vanto proprio perché non vi è alcun interesse nel consigliare il giocatore bensì di dimostrare semplicemente di essere più bravi e belli degli altri.
È infatti innegabile che titoli come Contra e Metal Slug rappresentino ancora oggi dei punti di riferimento per quelli che sono i Run ‘N Gun ma bisogna realizzare che titoli del genere hanno una loro età e hanno fatto il loro tempo, non capita infatti di “inciampare” su Contra e giocarselo, bisogna cercarlo.
In conclusione si, Cuphead è perfettamente paragonabile a Dark Souls per le ragioni sopra elencate e perché per tantissimi giocatori odierni l’opera di From Software costituisce l’unico punto di riferimento. Quei giocatori che non hanno avuto modo di sperimentare titoli come Contra e Metal Slug dovrebbero semplicemente provarne l’esperienza. Se apprezzate Cuphead non resterete infatti delusi dai “vecchi” Run ‘N Gun, un’esperienza sempre affascinante e senza tempo che saprà regalarvi quella dose di rabbia e frustrazione che tanto abbiamo imparato ad amare e che proprio per questo vi consigliamo di provare. Il monito finale che vorremmo dare non è tanto quello di azzardare i paragoni, quanto piuttosto di iniziare a trattare i giocatori più giovani non solo come degli ignoranti di contesto, quanto una risorsa, un continuo del nostro passato: invece di dire “eh ma se non hai giocato a Contra non sei nessuno”, iniziamo con il consigliare “Si, i run n gun sono difficili esattamente come Dark Souls. Sai cosa altro era difficile all’epoca? Contra! Se ti è piaciuto Cuphead, allora adorerai anche quello”.