Dicembre 2015: PSvita era già diventata una piattaforma che preoccupava sempre più giocatori e azionisti, povera di IP di rilievo e senza lo slancio che aveva caratterizzato l’intera vita della precedente Playstation Portable. Tuttavia, quattro anni dopo il lancio, la portatile Sony sopravviveva grazie a un elenco crescente di cassettine (e giochi in esse contenute) che normalmente non sarebbero mai usciti dai confini del Sol Levante; cassettine come quella, tornando al dicembre 2015, del titolo di genere “monster hunting” Freedom Wars. Oggi, nel 2025, Bandai Namco propone agli utenti PS5 una Remastered abbastanza inaspettata proprio di Freedom Wars, che abbiamo provato per voi nelle scorse settimane e che, a dirla tutta, già al lancio non era un videogioco perfetto. A maggior ragione dieci anni dopo, nonostante il lifting estetico ha comunque subito lo scorrere inclemente del tempo, e non ci ha propriamente entusiasmato.
In prigione per un milione di anni (senza passare dal via)
Il contesto – e pretesto – di Freedom Wars è talmente assurdo che poteva funzionare solo in un contesto da videogioco nipponico. Corre l’anno 102.104: l’umanità sopravvive nonostante la scarsità di risorse, la sovrappopolazione e i conflitti intestini, derivanti dalla mai sazia sete di potere dei forti che, come in ogni buona distopia, opprimono i deboli con grande fantasia. In Freedom Wars questi “potenti” sono gli auto-proclamatisi difensori marziali del genere umano, radunati in città stato chiamate Panopticon, nelle quali il rispetto delle leggi non è affatto uno scherzo.
Infatti, vuoi perché la legge militare non può essere per definizione “morbida”, o perché il mondo è ormai saturo di esseri umani e povero di cibo e acqua, i Panopticon puniscono con grande severità i trasgressori delle infinite regole imposte ai cittadini, con pene che raggiungono il milione (no, non è una iperbole) di anni di reclusione. E per cosa poi? Piccolezze, nella maggior parte dei casi, e una volta sotto sorveglianza diventa sempre peggio: se ti sdrai senza permesso nella tua cella, ti becchi 300 anni in più, se corri nei corridoi della struttura detentiva altri 100, e se ti allontani dall’androide a cui è stata affidata la tua custodia, non ne parliamo.
Nel caso del protagonista che impersoniamo, per esempio, viene arrestato per aver perso la memoria ed essersi perciò reo della più grave amenità, diventare inutile agli altri cittadini e anzi: addirittura bisognoso di assistenza. Tuttavia, con grande magnanimità ai criminali di tale stampo è sempre offerta una via di scampo, sotto forma di “servizi socialmente utili volontari”. Che di volontario, come capirete, non hanno proprio niente. Non parliamo infatti di raccolta rifiuti o assistenza agli anziani, perché il mondo del 102.104 ha ben altri problemi.
Per esempio, difendere i cittadini dall’attacco di altre città Stato rivali, che a volte tentano di uccidere gli abitanti per ridurre il potenziale bellico degli avversari, e a volte tentano di rapire i membri più acculturati o interessanti per trarre giovamento dalle loro conoscenze e farli unire alle loro schiere. A volte, per riuscire nelle “abduction” vengono impiegati grossi robot antropomorfi, che si traducono in missioni alla “Monster hunter” con un grosso avversario da buttar giù in un tempo dato. Altre volte invece, ci vengono lanciati contro soldati semplici come noi, in task che assomigliano a una modalità multiplayer a squadre per un generico TPS, con civili da salvare per obiettivi.
Se fin qui vi sembra già che ci sia tanta carne sul fuoco della creatività, sappiate che Freedom Wars ha appena iniziato con voi. Che i detenuti sono divisi in gradi dipendenti da quanto riescono a distinguersi in battaglia, che sono armati con fucili, mitragliette, pistole; ma anche con spade, coltelli e… fruste magiche chiamate “rovi”. Utilizzabili come le ragnatele di Spider Man per muoversi nello spazio in 3 dimensioni e attaccarsi alle superfici di palazzi, o alle parti mobili dei nemici per rallentarli o danneggiarli.
Un guazzabuglio che già su PSvita si teneva insieme con un elevato grado di sospensione dell’incredulità richiesta al giocatore, e che dall’inizio alla fine del gioco, che pure è lungo in totale una quarantina di ore, non riesce comunque a unire e chiudere con coerenza tutti i fronti narrativi proposti, a volte solo accennati e mai recuperati, altre volte quasi troncati. Quanto a quello principale, inerente i Panopticon e i detenuti, a nostro avviso raggiunge una conclusione fin troppo generica e poco interessante. Peccato, perché con una regia e una direzione più coese e semplici, i Panopticon sarebbero stati un teatro molto più promettente. Su PSvita nel 2015, a maggior ragione ora nel 2025, con così tante storie post-apocalittiche concorrenti di rilievo dopo.
Il peso degli anni: tra gameplay e rigidezze varie
Nonostante tutto però, il peso più rilevante sulla bilancia di Freedom Wars Remastered è quello di un gameplay datato, vessato peraltro da diverse “rigidezze” di troppo. Le modifiche rispetto alla versione originale hanno infatti interessato solo marginalmente il lato pratico, limitandosi a modificare il fronte ludico semplificando qualche interfaccia o adattando i controlli ai diversi imput (rispetto a quelli di PSvita che aveva giroscopi e un touch screen posteriore, per esempio) e rivedendo il sistema di progressione e creazione delle armi. Mentre sul fronte tecnico, le texture ripulite non risaltano se applicate ai modelli rimasti spigolosi e poco rifiniti; che sullo schermo minuto di PSvita facevano una figura di molto migliore rispetto che su schermi 4K da 50 e più pollici. Stesso discorso vale per I 60 fps, che sarebbero sicuramente più utili in un contesto meno rigido e più dinamico di quello di Freedom Wars.
So cosa potreste pensare, se avete letto con attenzione fin qui e ricordate ancora dei “rovi magici”: come può un gioco con personaggi In grado di muoversi “alla Spider Man” non essere dinamico? Può, se i comandi sono interessati da input lag vari, o se inspiegabili micro-tempi di ricarica tra un comando e il successivo rendono quasi più rapido raggiungere le destinazioni a piedi che usando le fruste e i rovi per lanciarcisi contro. Rovi che per essere usati vanno estratti, mirati, poi lanciati verso il bersaglio (che va colpito con precisione, secondo hitbox non sempre chiare), e infine retratti per lanciarci contro la destinazione, alla quale il nostro personaggio si attaccherà.
Per saltare via e, magari, agguantare un altro target è poi necessario saltar giù seguendo una traiettoria di salto scriptata (e perciò non negoziabile), atterrare, e ricominciare da capo (estrarre ecc.). In un ciclo macchinoso e poco fluido che, sia in modo voluto per bilanciare il gameplay, o sia più probabilmente per una ferruginosità ereditata da PSvita coi suoi limiti tecnici, comunque non è piacevole. Oltretutto, nella nostra esperienza i combattimenti riusciti meglio si riducevano sempre a una ripetizione di questa sequenza, che per quanto poco divertente resta comunque la più efficiente, in termini di danni inflitti e rapidità.
Di nuovo, è un peccato perché sulla carta le lotte avrebbero potuto essere più interessanti, e magari chiudendo un occhio o due potrebbero esserlo per alcuni: tenendo conto del fatto che ogni avversario ha molte parti staccabili e punti deboli da scoprire, e colpire adoperando molti equipaggiamenti differenti e tutti potenziabili, armi da fuoco con un buon gunplay e diversi tipi di rovo, che consentono a seconda dell’attacco speciale a essi collegato di specializzarsi su supporto, attacco o difesa.
Invece, la mancanza di fisicità nei colpi corpo a corpo, la difficoltà che si riduce a un incremento costante, di ora in ora, nei punti vita di avversari di poco diversi tra loro, e la succitata scarsa fluidità della combo offensiva con i rovi, minano la godibilità degli scontri, almeno per chi dal 2015 a oggi si sia intrattenuto con altri action pubblicati nel frattempo. Per non parlare della banalità e ripetitività delle mappe, che anche se graficamente rivisitate da texture tutte nuove, restano vuote e poco interattive.
Infine, non bisogna dimenticarsi dell’importanza della dimensione multigiocatore in Freedom Wars, le cui squadre da 4 elementi + 4 androidi (quelli che controllano i prigionieri e che possono essere equipaggiati e usati un po’ come dei palico “limitati” in Monster Hunter) sono componibili tanto con elementi controllati dal sistema, quanto con altri esseri umani. Che usando i vari rovi, le armi, gli abiti variegati e un menù di character creation in stile anime decente, possono creare il proprio personaggio unico con un buon margine di personalizzazione; tanto ludica, quanto estetica. L’impressione finale, però, nonostante tutto è che anche e forse soprattutto in questo contesto Online Freedom Wars Remastered sia in balia di una mancata messa a fuoco. Che all’epoca della prima release era meno evidente, perché la concorrenza era differente e su PSvita Le alternative erano carenti. In parole povere: all’epoca un po’ ci si accontentò.
Online od offline la varietà delle missioni è scarsa e i nemici grandi si abbattono tutti allo stesso modo anche quando sono molto diversi, dovendo giusto fare attenzione a qualche differenza nei moveset. Mentre quelli piccoli sono controllati da una IA abbastanza scarsa che Non ci ha mai messo in pericolo, salvo quando la stessa IA al comando dei nostri alleati non li rendeva più inutili dei nemici affrontati. Il PVP? Esiste, ma è lento e ripetitivo, con una modalità speculari a quelle offline e perciò poco interessanti.
La recensione in breve
Intendiamoci: Freedom Wars Remastered non è tutto da buttare: è solo invecchiato male. Non manca di buone Idee, fossero anche solo soluzioni ludiche collaudate e una lore interessante, che però avrebbe potuto essere approfondita e sfruttata meglio. Belli i reati/peccati da sanare (immaginate la sorpresa la prima volta che ci siamo sdraiati e una sirena ci ha avvisato che eravamo in trasgressione) e il sistema di spostamenti tridimensionali con i rovi ricorda, di fatto precede, i filo-insetti di Monster Hunter Rise. Tuttavia, lo scollamento tra estetica riveduta e modelli/animazioni e fisica degli scontri rimaste a 10 anni fa si fa sentire parecchio. E oggi, le alternative nel campo del monster hunting sono più varie, maggiormente fluide e scorrevoli, con un gameplay più completo e complesso. Quanto a ciò che la remastered ha ritoccato, i miglioramenti come detto ci sono, ma sono per lo più grafici e dall'impatto poco determinante. Non sufficienti quindi per guidare la decisione di investire o meno del tempo in un titolo che appare, se non altro, molto fuori tempo massimo.
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Voto Game-Experience