Il lancio di Fallout 76 è stato uno dei più difficili degli ultimi anni. Antecedente al disastro di Cyberpunk, l’MMO ispirato al mondo post-apocalittico di Bethesda è arrivato sul mercato in uno stato disastroso, spoglio di contenuti e tecnicamente insufficiente. Dopo quattro lunghi anni di supporto costante, Fallout 76 è ormai un gioco completamente rinnovato, ancora distante dall’essere la splendida creatura radioattiva tanto decantata da Tod Howard ma, pezzo dopo pezzo, l’esperienza di gioco va rendendosi sempre più completa. The Pitt è l’ultimo tassello in ordine cronologico e qui Bethesda ha scelto di giocare con i nostri sentimenti, ripescando le ambientazioni di un glorioso Fallout 3. Sarà l’alba di una nuova era oppure un piccolo passo verso un’esperienza di gioco divertente?
The Pitt, un ritorno alle origini
Escludendo quella consistente manciata di fedelissimi che ha scelto di piantare le proprie tende nell’Appalachia di Fallout 76, il ciclo vitale del titolo targato Bethesda è stato sicuramente caratterizzato da un’esperienza a singhiozzi fatta di mordi e fuggi saltando da un aggiornamento all’altro fino a quanto l’impalcatura di gioco non ha guadagnato quella consistenza necessaria a costruirsi una player base solida ed unita. The Pitt è il prodotto di un’evoluzione in corso da ben quattro anni, evoluzione che ha visto l’arrivo di nuovi NPC, missioni secondarie, contenuti relativi alla costruzione, nuove modalità di gioco, nuove fazioni e la definizione di un vero e proprio meta in grado di cambiare nel corso delle varie patch rilasciate da Bethesda. Cos’è dunque The Pitt? Il nuovo contenuto dedicato a Fallout 76 introduce il concetto di spedizioni così come potremmo interpretarlo negli MMORPG più classici, si tratta infatti di veri e propri dungeon all’interno dei quali viene narrata una storia via via che il giocatore viene guidato all’interno degli ambienti proposti. Ci saremmo aspettati qualcosa di più vicino ai DLC dedicati a Fallout 4 e New Vegas, contenuti che prevedevano l’inserimento di nuove aree open world da esplorare in totale libertà svolgendo delle missioni al loro interno. The Pitt propone invece un’esperienza di gioco piuttosto guidata e poco libera da un punto di vista prettamente esplorativo. Gli ambienti di gioco risultano comunque essere sufficientemente variegati e vasti da spingere il giocatore ad esplorare le varie aree contenute nelle missioni ma non è possibile esplorare in completa libertà.
Innestare un contenuto come The Pitt all’interno di un ecosistema di gioco già rodato come quello di Fallout 76 non è semplice, tuttavia, Fallout 76 si pone come un vero e proprio ostacolo alla sua stessa esperienza di gioco. Accedere a The Pitt per un nuovo giocatore, ma anche per un giocatore già consolidato non è qualcosa di sufficientemente immediato soprattutto se pensiamo alle dinamiche che vengono messe in moto per accedere alle spedizioni. I giocatori potranno infatti visitare il Whitespring Resort, ovvero la nuova base di una delle fazioni di Fallout 76, i Responders, per potere accedere ai contenuti dell’espansione. Il protagonista assoluto di The Pitt è il Vertibird che ci permetterà di raggiungere i dungeon, ovvero il cuore del contenuto. Gran parte dell’esperienza di gioco ruota sul rifornimento di carburante per il nostro Vertibird il quale, dopo essere stato rifornito, ci permetterà di intraprendere una delle due spedizioni disponibili in The Pitt. Questo genere di meccanica innesca un meccanismo fatto di missioni giornaliere che ci ricompenseranno con le supercelle necessarie a rifornire il vertibird imponendo una prima e fastidiosissima barriera tra il giocatore ed il nuovo contenuto. La realizzazione delle due spedizioni risulta essere tuttavia molto interessante sia da un punto di vista stilistico che contenutistico, la Pittsburgh dipinta in The Pitt è infatti molto ben realizzata e propone un level design consistente e ricco di sorprese. Il completamento di ogni spedizione ci ricompenserà con una nuova valuta, ovvero gli “stamps”, necessaria per mettere le mani sul nuovo equipaggiamento endgame. Ancora una volta il cuore di Fallout 76 batte al ritmo del grinding, ogni spedizione ci ricompenserà con una manciata di stamps, da 5 a poco più di 10 mentre per ottenere l’equipaggiamento desiderato saranno necessari centinaia di stamps, traducendo un’esperienza di gioco inizialmente interessante in qualcosa di estremamente tedioso e ripetitivo. Se a questa meccanica sommiamo anche la necessità di svolgere le missioni giornaliere per alcuni giorni prima di poter accedere ad una singola spedizione, il risultato che otteniamo è un sistema di progressione lento, poco coinvolgente e soprattutto ripetitivo. The Pitt propone dunque delle idee interessanti ma le concretizza in un modo davvero difficile da digerire.
Le spedizioni restano comunque un ottimo banco di prova per Fallout 76 e, almeno alla loro base, propongono delle sessioni di gioco abbastanza intense ed interessanti da divertire genuinamente, proponendo anche un livello di sfida solido ma mai invalicabile. Viene tuttavia a mancare quel sapore di MMORPG puro a causa di una compartimentazione eccessiva dei nuovi, e anche pochi, contenuti proposti soprattutto pensando all’espansione rilasciata questo stesso anno su The Elder Scrolls Online, cugino maggiore di Fallout 76. L’appalachia di Bethesda ha ancora un enorme spazio di crescita, la dinamica delle spedizioni è nuova, interessante e speriamo che Bethesda scelga di andare in quella direzione per continuare a supportare il proprio titolo ma è necessario un cambio di rotta in termini di distribuzioni del contenuto. Il grinding non è sempre la soluzione corretta per risvegliare la community di un MMORPG e mettere un muro tra i nuovi giocatori ed i nuovi contenuti evidentemente non ha sortito l’effetto sperato. Se l’idea era quella di diluire il più possibile i contenuti di The Pitt allungando l’esperienza di gioco, il risultato non è stato sicuramente dei migliori. Giocare le spedizioni per le prime volte è molto divertente ma, trattandosi di due sole missioni rigiocabili all’infinito, non ci vorrà molto tempo prima che la noia e la ripetitività prenda il sopravvento e l’idea di dover rifornire le supercelle giorno dopo giorno per potere accedere per l’ennesima volta allo stesso identico contenuto che non riesce neanche a proporre l’incognita di una ricompensa corposa, lasciando tutto nelle mani di una banale valuta, non è la soluzione adatta per diluire i contenuti di gioco proposti.
Quella di The Pitt è la prima tappa della meccanica delle spedizioni proposta da Bethesda, il modello, preso singolarmente, funziona bene e va sicuramente portato avanti, sviluppato ed evoluto in futuro. Non ci resta che capire in che modo Bethesda sceglierà di innestare i contenuti in arrivo nel prossimo futuro per capire se la lezione impartita da The Pitt sia servita o meno.