Mentre mi accingevo a provare Call of Duty: Black Ops IIII, sia nella meeting room sia nello showcase, ammetto che sono rimasto un po’ deluso dal fatto che non fosse possibile provare la tanto chiaccerata modalità Blackout che rappresenta probabilmente la più grossa novità in questo nuovo episodio di Call of Duty, ma siccome non posso fare un’anteprima su ciò che non ho giocato, ecco le mie impressioni su ciò che ho potuto vedere di questo Black Ops IIII ed in particolare sul team deathmatch e sulla modalità controllo.
Quello che Black Ops IIII vuole rappresentare è un ritorno ad un tipo di gameplay molto più team-based, meno frenetico e più ragionato con una grossa importanza data al ruolo degli specialisti, concetto non nuovo nella serie di Call of Duty ma che qui assumono nuovo valore strategico, con nuove classi che andranno ad affiancare quelle che abbiamo già visto in Black Ops III e che sono state riprese per l’occasione. L’impressione generale è stata che a questo giro Treyarch stia cercando di evolvere quello che è il brand di Call of Duty e nello specifico il sub-brand di Black Ops, portando la sua utenza ad approciarsi ad un gameplay dove l’agire di squadra ed in maniera coordinata diventa un elemento di vantaggio rispetto ad un approccio “chi fa da sé fa per tre”. Questo lo si può vedere non tanto nel classico team deathmatch che continua ad essere caotico come sempre quanto nella modalità Controllo nella quale le due squadre si alterneranno nella conquista e nella difesa di precise aree della mappa, aree che tra l’altro potranno essere rinforzate dall’opportuno specialista (per la precisione Torque) piazzando oggetti atti a rallentare la corsa degli attaccanti come filo spinato e altri elementi di disturbo. Qualche meccanica comune ai vecchi Call of Duty è stata rimaneggiata, specialmente quelle legate agli oggetti ed alla salute dell’avatar: via il classico sistema di gestione delle granate (sia tattiche che letali), adesso si passa ad un sistema mutuato da Destiny dove ogni specialista avrà la sua tipologia di granata e ne avremo una sola a disposizione per volta, dopodiché bisognerà attendere un tempo di cooldown per poterla riutilizzare, stessa cosa per il ripristino della salute che non avverrà in maniera automatica ma dovrà essere “stimolato” tramite l’uso di una sorta di medikit che anche quello potrà essere usato nuovamente dopo un certo quantitativo di secondi. Se però desiderate equipaggiarvi con più granate ed armi da lancio basterà rinunciare alle abilità del proprio specialista per poter guadagnare nuovi slot da riempire come meglio desideriamo. Il time to kill è stato decisamente aumentato, il che chiaramente rende molto più preponderante il sistema di cura descritto in precedenza e l’attacco frontale a gruppi di nemici spesso non porteranno a buoni risultati per lo spericolato di turno. Tutti elementi che non fanno che rafforzare la visione di Treyarch di un Call of Duty più evoluto e legato al gioco di squadra rispetto ai precedenti, anche se ciò non deve farvi pensare ad un Call of Duty che ha perso la sua vena di gioco frenetico che lo ha caratterizzato negli anni, semplicemente l’azione viene traslata in un’ottica più tattica, ottica che per certi versi mi ha fatto pensare a Rainbow Six Siedge. Chiariamoci, non sto paragonando minimamente i due titoli che vogliono proporre due approcci completamente differenti, ma non mi stupirebbe se dovesse venire fuori che il successo del titolo Ubisoft abbia spinto Treyarch a sviluppare un titolo votato all’uso degli specialisti (destinati ad aumentare per chi comprerà il season pass) ed al gameplay team-based. Per quanto riguarda le mappe, Treyarch ha posto un’attenzione particolare al loro sviluppo inserendo pochi punti rialzati che dominano una vasta area per ridurre il rischio di camping compulsivo da parte degli utenti. Con l’eliminazione del boost jump e del wall jump, elementi che hanno caratterizzato i capitoli futuristici della serie, le mappe chiaramente non hanno più uno sviluppo verticale, cosa che molto probabilmente farà felice i vecchi fan del gioco che avevano rapidamente perso entusiasmo per la componente futuristica.
Call of Duty: Black Ops IIII potrebbe rappresentare per il brand un’evoluzione delle meccaniche di gioco senza perdere il classico “fattore COD” che permise alla serie di diventare una delle più remunerative dell’industria, vedremo alla prova dei fatti se le novità introdotte (comprese la modalità Blackout e quella Zombie) saranno in grado far tenere testa alla sempre più spietata concorrenza.