Diablo Immortal è finalmente giunto su Mobile e PC, il piccolo grande titolo di casa Blizzard arriva sul mercato lasciandosi dietro una storia di polemiche, dal leggendario “Is this an out of season April’s Fool joke?” fino all’altrettanto iconico “Don’t you guys have phones?”. L’immagine di Blizzard di sicuro non ha aiutato nella promozione del titolo free-to-play e, ad una settimana dal rilascio sottoforma di beta, le cose sembrano peggiorare di giorno in giorno. Abbiamo dunque speso decine e decine di ore giocando sia la versione PC che la versione Mobile di Diablo Immortal e siamo pronti a dirvi la nostra, sempre nel rispetto dello status di Beta in cui si trova il titolo in questo momento. Pur non essendo una recensione in tutto e per tutto, abbiamo già avuto modo di analizzare Diablo Immortal sotto tutti gli aspetti e non tutti sono confortanti.
Don’t you guys have wallets?
Quella di Blizzard può tranquillamente definirsi come una caduta libera vista raramente nel mondo dei videogiochi, eguagliata forse soltanto da Konami e dal suo rapporto tossico con Hideo Kojima. Tra scandali di natura morale e titoli qualitativamente in costante declino sia sul fronte delle novità che in termini di supporto, il Publisher statunitense, in fase di acquisizione da parte di Microsoft, naviga in pessime acque già da qualche anno. C’è da dire dunque che Diablo Immortal e la sua formula a dir poco audace, arriva nel peggiore dei momenti. Se da una parte infatti ricordiamo una Blizzard capace di stravolgere il mondo dei videogiochi ad ogni sua produzione, uno dei capisaldi alla stregua di Rockstar Games e Naughty Dog, dall’altra troviamo una lenta e costante disgregazione del rapporto sviluppatore-utente che, nel corso degli anni, è divenuto in parte anche pregiudizio. L’idea di un nuovo capitolo di Diablo esclusivamente pensato per Mobile ha ricevuto, com’era lecito aspettarsi data la storica fanbase ancorata al PC, un’accoglienza a dir poco disastrosa. Tra cori di disappunto durante l’annuncio e domande sferzanti come quella citata in apertura, il periodo di gestazione di Diablo Immortal è stato vissuto in un clima di costante tossicità, poco giustificabile ma francamente comprensibile entro i limiti della decenza. È lecito sentirsi traditi da un publisher che decide di seguire il trend non qualitativamente adatto ad un brand come Diablo come quello del mercato Mobile, è lecito storcere il naso di fronte all’idea di un brand come Diablo ridotto ad un free-to-play alla stregua di Candy Crush. Volendo metter da parte il Gatekeeping che sicuramente non si addice al nostro modo di analizzare e vivere l’industria dei videogiochi e le sue opere, è giusto guardare Diablo Immortal con l’occhio clinico di chi riconosce il pericolo di determinate meccaniche e di come queste possano costituire a tutti gli effetti un precedente terribile per un mondo dei videogiochi distopico che nessuno di noi vorrebbe mai vedere.
Diablo Immortal è un mini-diablo?
Fatta la dovuta premessa, è il momento di sporcarci le mani e parlare del gioco, strano vero? Diablo Immortal è un vero e proprio Diablo in piena regola, il titolo di Blizzard ha tutti quegli elementi che hanno permesso alla serie di forgiare un vero e proprio sottogenere. Sin dalle prime ore di gioco si respira aria di Diablo, il gameplay è molto simile a quello già visto in Diablo 3 e la scorrevolezza di scenari e combattimenti ci fa dimenticare quasi subito di trovarci alle prese con un titolo mobile. A ricordarci la natura del gioco, soprattutto su PC, abbiamo una UI non sempre perfetta e chiaramente pensata per i dispositivi mobili, si tratta di uno degli angoli da smussare si spera in questa lunga ed indeterminata fase di Beta in cui è entrato il titolo sin dal suo rilascio al pubblico. Prima di muovere i primi passi su Sanctuarium, Diablo Immortal propone un editor del personaggio davvero interessante e ricco di opzioni, un’altra piccola grande sorpresa se pensiamo che si tratta di un titolo sviluppato per mobile. Numerose opzioni di customizzazione sia per quanto riguarda l’aspetto fisico che per i tratti cosmetici come tatuaggi e trucchi incapsulati in sei differenti classi. Come dicevamo, le prime ore su Diablo Immortal scorrono in maniera impeccabile, nessuna pubblicità insistente tipica della formula free-to-play per Mobile, nessuna meccanica pensata per limitare il tempo di gioco in cambio di denaro, nessun oggetto o boost che influenzi in maniera critica la progressione del nostro personaggio. Saremo sinceri, per le prime 15-20 ore su Diablo Immortal non abbiamo assolutamente capito il motivo di tutte le polemiche che giravano e continuano a girare intorno al titolo. Al netto di qualche gap legato al leveling nel segmento dal livello 40 al livello 60, anche in questo caso non colmabile con l’esborso di denaro reale, Diablo Immortal riesce a comportarsi come un perfetto mini-diablo in tutto e per tutto. Pensare a questo sistema di progressione rende sicuramente più inquietante la dura verità che si cela dopo il livello 60.
Pay to Win oppure no?
Le prime avvisaglie relative al disastroso modello economico legato alle microtransazioni di Diablo Immortal arrivano dopo decine di ore passate sul titolo. Pensarci con il senno di poi, dopo aver completato ampiamente la campagna principale ed immaginare che ogni singola tecnica di vendita possibile ed immaginabile trova posto in Diablo Immortal è davvero inquietante. Il titolo mira, infatti, ad avvinghiare il giocatore nelle sue meccaniche facendolo innamorare con contenuti di qualità, un sistema di progressione bilanciato e per niente scorretto nei confronti degli utenti Free-to-play, lasciando che questi rimangano invischiati abbastanza nel titolo da essere più favorevoli all’esborso di denaro. Diablo Immortal è infatti un titolo capace di mettere a disposizione una quantità immensa di contenuti anche per i giocatori non paganti, tra dungeon e campagna, per arrivare al livello 60 e completare la quest principale possono essere necessarie dalle 15 alle 25 ore di gioco, niente male per un titolo completamente gratuito. Tuttavia, Blizzard non è stata per niente sincera in materia di microtransazioni, abbiamo infatti vissuto l’intero playtrough convinti che gli unici contenuti a pagamento fossero relativi ad elementi cosmetici, com’è giusto che sia in un titolo che comunque deve trarre il suo guadagno da qualche parte. Eravamo troppo occupati a goderci i contenuti del gioco per riflettere sulle gemme leggendarie, i varchi antichi ed i marchi leggendari ad essi legati. Raggiungendo il level cap e cominciando a confrontarsi con sfide più ardue in Abisso I ed in PvP per quanto riguarda l’endgame del titolo ha scoperchiato un terribile vaso di Pandora squarciando un velo di maya fino a quel momento impercettibile: Diablo Immortal è un titolo Pay-to-win in piena regola.
Money for nothing
Eppure, era nascosto lì, alla luce del sole ed alla vista di tutti. Le gemme leggendarie costituiscono il core element per buildare al meglio il nostro personaggio ed essere anche soltanto competitivi sia in PvE che in PvP. Blizzard, per quanto potrà dire altrimenti il suo Game Director, ha spudoratamente mentito parlando di microtransazioni non legate all’equipaggiamento, ignorando volutamente la questione delle gemme che sono di fatto capaci di ribaltare completamente l’intero workflow del titolo sparando tutte le statistiche alle stelle e rendendo completamente ingiocabile il PvP per un giocatore free-to-play. Il modello economico che gira intorno alle gemme leggendarie è quanto più vicino al vero e proprio gioco d’azzardo. Perché non è possibile semplicemente “comprare” le gemme ed incastonarle nei pezzi di equipaggiamento, sarebbe troppo facile. Per entrare in possesso delle tanto bramate pietre è necessario investire marchi leggendari nei varchi antichi. I marchi leggendari garantiscono il drop di una gemma leggendaria, facile no? Come se questo non bastasse, in una matrioska di scelte sbagliate, le gemme leggendarie vengono classificate con una metrica in stelle, esistono dunque gemme che vanno da 1 stella, ovvero “scarsa” fino alle tanto agognate gemme da 5 Stelle. Qui bisogna aprire una piccola parentesi per l’amore della chiarezza, è possibile investire nei varchi antichi sia marchi leggendari che marchi rari, i marchi rari, acquisibili anche senza l’esborso di denaro, hanno un piccolo drop-rate di gemme leggendarie che, e qui viene il bello, non può andare oltre le due stelle. I giocatori free-to-play non hanno assolutamente nessun modo di entrare in possesso di una gemma a 3-4-5 stelle senza l’utilizzo di marchi leggendari acquistabili soltanto con denaro reale o ottenibili in quantità davvero irrisorie ( 1-2 al mese). Chiusa questa piccola parentesi penserete “ok, investo denaro reale nei marchi leggendari e farmo le gemme da cinque stelle in quanto il drop è garantito per le gemme leggendarie”. No amici miei, sarebbe troppo facile, sapete qual è il drop rate di una gemma a 5 stelle con un marchio leggendario ( e quindi a pagamento )? 0,5%.
Avete capito bene, pagando soldi reali avrete lo 0,5% di possibilità di ottenere quello che volete ed esiste una definizione ben precisa per una meccanica di questo tipo: gioco d’azzardo.
La ciliegina sulla torta
Volendo evitare uno sproloquio troppo prolisso sulle meccaniche mostruose introdotte da Blizzard con Diablo Immortal, non possiamo ignorare quanto sia subdolo, stratificato e imbrigliato con il core-gameplay un modello economico così avido e poco rispettoso per i giocatori. Perché, e questa è la ciliegina sulla torta, non finisce tutto con il glorioso drop di una gemma a cinque stelle, se volete raggiungere il top, dovrete potenziare quella gemma e sapete come? Investendo altre gemme, fino ad arrivare ad un cap di dieci stelle. Da qui tutte le notizie relative alle stime di centinaia di migliaia di dollari necessari per portare al massimo un singolo personaggio e tutto questo è davvero mostruoso. Tutto il comparto PvP viene dunque reso letteralmente ingiocabile a causa della presenza delle “balene” ( da whale, ovvero un giocatore che ha investito quantità ingenti di denaro nel suo pesonaggio ) contro le quali è praticamente impossibile giocare e anche le prestazioni in PvE, a prescindere dal tempo investito nel buildare il personaggio, saranno obliterate da un giocatore pagante. Quindi si, Diablo Immortal è un meraviglioso e terribile titolo pay-to-win capace di mettere in campo ogni singolo trucchetto da quattro soldi per invogliare i giocatori a spendere sempre di più in una forma di vero e proprio gioco d’azzardo dove il denaro non viene impiegato nello scambio di beni o servizi ma nella possibilità di ottenere, forse, se si è fortunati, qualcosa. Qualcosa capace di impattare direttamente sul gameplay in maniera definitiva ed aberrante.
Da mobile a PC
Da un punto di vista tecnico, Diablo Immortal si comporta in maniera impeccabile sia sui dispositivi mobili di fascia medio-alta che, ovviamente, su PC. La resa grafica del titolo non sarà sicuramente paragonabile alle meraviglie della next-gen; tuttavia, l’opera di Blizzard si difende molto bene. Sono ancora diversi gli angoli da smussare, alcuni molto fastidiosi come l’impossibilità di attaccare o usare abilità per diversi secondi in mezzo ad un combattimento, qualche crash improvviso in fase di login e numerosi problemi legati all’interfaccia utente spesso scomoda e, nella versione PC, poco intuitiva. Su PC c’è ancora molto lavoro da fare ma trattandosi di una beta siamo disposti a concedere il beneficio del dubbio. Per quanto riguarda il comparto mobile invece è chiaro come la natura di Diablo Immortal sia stata concepita inizialmente soltanto per questi dispositivi mentre la versione PC, come la storia ci insegna, è arrivata soltanto successivamente per accontentare la fanbase.
In conclusione, Diablo Immortal può essere un buon titolo per mobile e PC se si sceglie volutamente di ignorare alcuni contenuti, o comunque tutto l’endgame. La campagna scorre in maniera molto liscia e gli eventi narrati nella quest principale sono conditi da cutscenes e dialoghi di qualità sicuramente inaspettata per un titolo Mobile. Siamo di fronte ad un vero e proprio Diablo in tutto e per tutto, frenetico, affascinante ed ammaliante. Un titolo che, nonostante la sua bellezza, nasconde un terribile mostro sepolto tra la miriade di contenuti, un mostro capace di divorare quanto di buono è stato fatto e, sfortunatamente, di confermare tutti i dubbi, i timori ed i pregiudizi che hanno ammantato il titolo sin dal suo annuncio.
Difficilmente Blizzard cambierà idea in merito al sistema di monetizzazione ma speriamo in un forte ridimensionamento dell’impatto della componente pay-to-win sul gameplay, sperare non costa nulla ed in alternativa potremo sempre aspettare Diablo 4 che, in fin dei conti, forse è la scelta più realistica.