Pensare al remake di Demon’s Souls come killer app per PS5 nel 2020 fa molto strano, eppure è quello che è accaduto. Dopo l’ottimo successo di Shadow of the Colossus, il team di Bluepoint ha avuto l’onore (e onere) di sviluppare il primo titolo esclusivo per la nuova console di Sony, riportando sotto i riflettori nientemeno che il capostipite dei soulslike. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ma vale la pena giocare a Demon’s Souls dopo tutti questi anni?
Da che parte per Boletaria?
La storia di Demon’s Souls sfocia nel miracolo, con la necessità in oriente di dover dare una risposta al successo smisurato degli Elder Scrolls, gettando le basi per un nuovo genere. Forte di una fanbase agguerrita che lo pone per certi versi sopra il più famoso Dark Souls, il primo lavoro della moderna From Software (dove sei Armored Core?) ha fatto dei suoi difetti la sua forza, gettando le basi per quello che negli anni successivi sarebbe poi diventato un vero e proprio fenomeno di massa. Recuperare quindi un titolo del genere dovrebbe essere praticamente d’obbligo per tutti gli appassionati che lo saltarono all’epoca, ma anche per i fan della prima ora, proprio per vedere come è evoluto il loro beniamino.
Demon’s Souls è ambientato nel regno di Boletaria, un tempo ricchissimo e fiero dove il proprio sovrano cercò di incanalare il potere delle anime per accrescere il proprio potere e dare beneficio al proprio popolo. Tuttavia questo potere attirò una misteriosa nebbia sulla terra che portò con se un’invasione di demoni, tagliando fuori Boletaria dal resto del mondo. Attirati dalla promessa di potere, molti avventurieri sfidarono i demoni, rimanendo però intrappolati per sempre nel regno e nel Nexus, un luogo che sigilla il grande male originale di Boletaria, responsabile della nebbia e dei demoni. Solo sconfiggendo tutti i mostri raggiungibili attraverso le maestose arcipietre del Nexus si potrà sfuggire alla maledizione e salvare il regno. Il nostro personaggio inizia la sua carriera proprio in questo modo, rimanendo intrappolato nel circolo del Nexus, nella speranza di sconfiggere l’Antico e spezzare la maledizione. Le differenze principali con la saga dei Souls sono visibili già all’inizio del gioco, attraverso la narrazione e il Nexus. La prima, nonostante rimanga criptica e sproni il giocatore a dialogare con tutti e a leggere ogni singola descrizione, è decisamente più prolissa ed esplicativa di tutti i titoli successivi ed è chiaro sin da subito qual è il proprio obiettivo e perché ci si trova nella terrificante situazione di partenza. Per quanto riguarda il Nexus, questo funge da HUB centrale con le cinque arcipietre che possono condurci in cinque diverse zone del mondo facendoci scegliere l’ordine con il quale affrontare i diversi boss del gioco.
Meccaniche seminuove
Bluepoint non ha toccato quasi nulla dell’opera originale dal punto di vista del gameplay e del level design, lasciando intatta quella sensazione di spaesamento e semi frustrazione tipica dei soulslike, accentuata stavolta da quel sapore di opera embrionale, che avrebbe trovato la propria consacrazione anni più avanti. Qui i falò sono ancora più distanziati e il passaggio da un boss all’altro richiede estrema attenzione. L’unico svecchiamento in termini di meccaniche riguarda la rotolata, ora eseguibile a 360 gradi e non più in quattro direzioni, cosa che svecchia drasticamente Demon’s Souls. A tutto questo va aggiunto un moveset molto più dinamico e verosimile, che rende il gioco molto più moderno. A parte questo, il titolo è esattamente identico ad un decennio fa, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Tra questi rimane lo strapotere della magia rispetto alle build fisiche con spada e scudo, e ci saremmo aspettati sinceramente un ribilanciamento tra i due, cosa che non è avvenuta assolutamente. Il tutto rimane sempre estremamente godibile, ma è frustrante vedere la facilità con la quale alcuni boss vengono distrutti dai proiettili magici rispetto alle buone vecchie spadate.
La demoniaca bellezza
Il vero miracolo però è nella parte tecnica, dove questa versione PS5 ci mostra una Boletaria spettacolare, una gioia per gli occhi indescrivibile che farà passare in secondo piano l’odio che proverete per l’ennesima morte. Demon’s Souls è un vero e proprio miracolo giocato in 4K e più d’una volta ci siamo fermati ad ammirare il paesaggio della dannata Boletaria. Blupoint ha inserito due modalità distinte per Demon’s Souls: una a 4K nativi bloccata a 30 fps e una 4K dinamici a 60 fps. Inutile dire che la seconda è quella da giocare, anche per ammissione degli stessi sviluppatori; il titolo ha una resa grafica eccezionale a prescindere, ma la risoluzione aumentata è praticamente imprescindibile: giocare a 30 frame per secondo non ha davvero alcun senso di esistere ormai. Eccezionale anche la resa degli effetti particellari, tra fiamme che esplodono, magie che guizzano e luci che sfarfallano. Tutto nel remake di Demon’s Souls è davvero bellissimo. Un piccolo appunto sull’uso dell’eccezionale Dual Sense: è un vero peccato che lo straordinario controller di PS5 non sia stato sfruttato a dovere, con solo pochissime interazioni passive, come il crepitio delle magie che esce dalle casse del joystick o la diversa tensione dei trigger quando si tira con l’arco. Ci saremmo aspettati davvero molto di più dal titolo di lancio di PS5 in questi termini. Torna anche qui la Fractured Mode, ormai marchio di fabbrica di Bluepoint, che altro non è che il mondo di gioco specchiato, così come già visto in Shadow of the Colossus.
La recensione in breve
Demon’s Souls è un remake eccellente che lascia praticamente intatto il feeling originale, svecchiando le meccaniche quel tanto che basta per renderle attuali, ma restituendo una resa visiva eccezionale, dando un assaggio delle potenzialità di questa generazione. Un titolo sicuramente imperdibile per tutti gli appassionati, independentemente che l’abbiate giocato all’inizio oppure no. Peccato per qualche piccola sbavatura, ma parliamo davvero di minuzie di fronte l'imponente lavoro di Bluepoint.
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Voto Game-Experience