La spinosa questione remake sì, remake no divide da sempre il pubblico dei videogames ma non gli stessi produttori, che credono in questo tipo di operazioni ed infatti sono sempre di più le riproposizioni di titoli del passato sulle nuove console. I numeri, in effetti, sono tutti dalla loro parte, per questo in casa Electronic Arts la volontà di riportare in auge un mostro sacro degli anni ’00 come Dead Space era forte. Orfana del suo co-creatore Glen Schofield, che in una strana coincidenza astrale ha visto pubblicare The Callisto Protocol proprio pochissimi mesi fa, la serie più terrificante dell’epoca PS3 e Xbox 360 torna con un remake in grande stile. Preparate la biancheria di ricambio ed immergetevi nelle profondità oscure della recensione del remake di Dead Space.
La storia del brand in pillole
Era il 2007, quando Visceral Games, allora EA Redwood Shores, presentò al pubblico Dead Space. Il titolo, co-diretto dal duo formato da Glen Schofield e Bret Robbins, si presentava come un TPS fantascientifico dalle tinte horror dove senso solitudine e carneficina si mescolavano in un cocktail di violenza e terrore senza precedenti. L’assenza di un vero e proprio hud a schermo, l’impossibilità di fermare il gioco per sfogliare l’inventario o consultare la mappa combinati ad una colonna sonora da brividi furono la ricetta perfetta per un successo da vero e proprio game changer, un titolo destinato a rimanere negli annali.
EA credette davvero parecchio nel progetto, tanto da produrre addirittura due sequel, i quali però non riuscirono a replicare lo stesso successo del loro capostipite. Dead Space 2 prima e Dead Space 3 poi proseguirono le vicende dello sfortunatissimo ma tenace Isaac Clarke, ma l’effetto sorpresa ormai era del tutto svanito. La volontà di puntare sulla trama più che al gameplay giocò a sfavore di EA che, nel giro di pochi anni, sciolse il team di Visceral Games chiudendo di fatto un’epoca. Electronic Arts tenne il brand chiuso nel cassetto fino al 2021, anno in cui durante l’EA Play Live venne svelato al mondo la rinascita di Dead Space con un semplice ma inconfondibile messaggio: “Cut off their limbs“.
Le ragioni del ritorno
Cosa porta quindi EA a riproporre nel 2023 un classico dell’horror? In attesa di capire le conseguenze e gli effetti che il successo già annunciato di questa operazione avrà sul futuro del brand, possiamo affermare con certezza che, a prescindere da come la pensiate, il remake di Dead Space trova senso e significato sotto ogni aspetto. Motive Studio, artefice di questa rinascita, si è presa sul groppone l’onore e l’onere di riportare in vita, e qui è proprio il caso di dirlo, Dead Space e di renderlo ancora più completo e appetibile di quanto non fosse già in passato.
A differenza di remake del calibro di Resident Evil 2 e 3, profondamente mutati anche nelle fondamenta del gameplay in base all’evoluzione della serie, Dead Space ha mantenuto intatta l’esperienza di gioco che, ancora oggi, non sembra invecchiata di un giorno. Eppure il remake di Dead Space, come capirete meglio nei prossimi paragrafi, fa davvero tanto e lo fa anche bene. Motive Studio è partita dando un nuovo volto al suo protagonista Isaac Clark, ma soprattutto gli ha dato una voce. Ora l’eroe delle disavventure sulla USG Ishimura ha una propria personalità, un proprio carattere e un nuovo peso specifico all’interno della narrazione.
Una storia con un precedente illustre…
Come fu per la Nostromo del primo, leggendario Alien di Ridley Scott, a volte una semplice deviazione di percorso, un semplice controllo di routine, può nascondere delle insidie ben più spaventose del previsto. È esattamente ciò che accade all’equipaggio della USG Kellion nel 2508, anno in cui l’umanità ha oltrepassato i confini dello spazio conosciuto per estendersi fino agli angoli più remoti della galassia. Qui, un’astronave mineraria, la USG Ishimura ha cessato ogni tipo di comunicazione dopo 62 anni gloriosa attività, spingendo quindi gli alti vertici ad inviare i nostri protagonisti per un sopralluogo.
Il mancato aggancio gravitazionale costringe i piloti della Kellion ad un atterraggio d’emergenza. La situazione che si dipana davanti ai loro occhi una volta poggiati i piedi sulla USG Ishimura è tutt’altro che rassicurante. L’equipaggio della nave sembra essere misteriosamente scomparso, i sistemi di sicurezza sono completamente in avaria e alcune testimonianze audio e testuali riportano la presenza di alcuni esseri di origine sconosciuta a bordo della stessa Ishimura. Dopo pochi minuti di esplorazione, Isaac e compagni faranno conoscenza con uno degli inquietanti ospiti che hanno portato morte e devastazione su tutta la nave: i necromorfi.
Come se non bastasse, queste stesse creature infernali assalteranno la Kellion riducendola ad un ammasso di ferraglia e costringendo di fatto i superstiti a protrarre il proprio soggiorno su questo luogo di sventura. Separatosi dai suoi compagni, Isaac Clarke dovrà quindi addentrarsi nei corridoi tetri e lugubri della USG Ishimura in totale solitudine, alla ricerca di risposte e, soprattutto, di un modo per riportare a casa sana e salva la propria pelle. Qui scoprirà che dietro alla comparsa dei necromorfi si nascondono segreti ben più terribili di quanto si potesse immaginare.
La solita giocabilità spaziale
Il remake di Dead Space, come già anticipato, non snatura troppo quelle che furono le caratteristiche peculiari del gameplay dell’originale, piuttosto ne fa tesoro e le perfeziona. Quello che all’epoca poteva sembrare un banale TPS si rivelò essere un titolo stratificato e dannatamente originale che, a distanza di tutti questi anni, sembra non aver perso minimamente lo smalto. Al centro della componente ludica di Dead Space c’è l’esplorazione della USG Ishimura, un complesso di stanze e corridoi su più livelli dove il pericolo è insito dietro ad ogni angolo. Tutto, o quasi, regge su di un sistema di backtracking intelligente e mai banale, reso meno tedioso dalla possibilità di verificare la posizione del proprio obbiettivo in qualsiasi momento semplicemente premendo l’analogico destro.
Le armi ed i poteri, vero punto di forza di Dead Space, tornano anche in questo remake così come le avevamo conosciute parecchi anni fa. I necromorfi sono creature brutali e le munizioni sono rare sulla Ishimura, per questo il tipo di approccio al combattimento dev’essere ragionato e mai avventato. Impossibile non innamorarsi già dell’arma disponibile nei primi istanti di gioco, la celeberrima Lama al Plasma, utile per amputare gli arti dei necromorfi impedendogli di scagliarsi su di voi. La vita infatti (indicata sulla schiena della tuta di Isaac) calerà drasticamente ad ogni colpo dei nemici e le imboscate spesso si tramuteranno in Game Over. Ciò significa che in questo remake di Dead Space, così come nell’originale del 2008, la dinamica del Trial-and-Error è pressoché onnipresente, forse un po’ troppo per certi versi.
La Stasi è un altro elemento fondamentale all’interno del gameplay di Dead Space. Grazie a questo potere infatti potrete rallentare temporaneamente oggetti e nemici, permettendovi così di massacrare in tranquillità i nemici, oppure di superare ostacoli altrimenti invalicabili. Logicamente la stasi ha un limite di utilizzo, oltrepassato il quale non potrete più usufruirne fino al raggiungimento di una stazione di ricarica. Fortunatamente le abilità fisiche di Isaac vi consentiranno di avere qualche chance anche senza munizioni o stasi, prima su tutte la possibilità di calpestare i nemici con un pestone, tecnica utile soprattutto quando si è tranciato gli arti ai necromorfi e si vuole risparmiare qualche proiettile.
L’ansia è certamente un fattore rilevante quando si parla del livello difficoltà di Dead Space. Anche in questo remake infatti sarete spesso portati a compiere azioni avventate dovute ad un necromorfo comparso dal nulla, cosa che porterà inevitabilmente alla morte. La consultazione di inventario e mappa, ad esempio, non consentiranno di interrompere il gioco, costringendovi di continuo a trovare un posto sicuro prima di buttarvi in una zona inesplorata della mappa. Le diverse impostazioni a disposizione consentono comunque di godersi l’avventura al livello di difficoltà preferito, da quello più semplice fino all’inedito Impossibile che corrisponde a quello che, una volta, era considerato il New Game +.
Ma non mancano certo alcune novità interessanti
Dead Space remake non aggiunge nulla in termini di contenuti e trama, ma migliora di fatto tutto quanto già presente nell’edizione 2008. Ad esempio, Motive Studio ha rimaneggiato la totalità delle cutscene donandogli un taglio ancora più cinematografico e terrificante rispetto al passato. L’aver dato una voce al protagonista ha permesso al team di sviluppo di estendere la componente narrativa che, pur raccontando di fatto la stessa storia sotto forma di log audio e testuali, spesso viaggia su binari del tutto nuovi aggiungendo fra l’altro una postilla totalmente inedita al finale.
La vera svolta si ha ovviamente nel comparto tecnico, a partire dalla grafica. Grazie alle potenzialità del motore Frostbite e ad una nuova gestione dinamica di luci ed ombre è stato possibile rendere l’esperienza di Dead Space ancora più raccapricciante che non in passato. Effetto horror amplificato da un comparto audio ancora più curato e realistico, a riconferma dell’importanza del sound design all’interno di produzioni simili. La pressoché assenza di caricamenti elimina infine anche quelle fastidiose attese presenti nell’originale quando, ad esempio, ci si doveva spostare da un settore e l’altro della Ishimura.
La quantità di potenziamenti e di armi non si discosta molto da quanto visto quindici anni fa, piuttosto sono state apportate una serie di piccole migliorie nell’utilizzo dei nodi e delle ricompense ottenibili dal loro consumo. A ricevere un miglioramento sono infine anche le sezioni in assenza di gravità, un tempo decisamente frustranti, oggi meglio calibrate grazie all’introduzione dei propulsori che vi consentiranno di fluttuare in pieno controllo. In generale, la qualità del level design che caratterizzò l’originale non poteva che essere riproposta fedelmente anche in questo remake.
In conclusione
Insomma, il remake di Dead Space non stravolge in toto l’esperienza dell’originale: piuttosto, la ridefinisce e la perfeziona. Viene pertanto da dire che sì, anche se si ha amato alla follia l’originale Dead Space completandolo in tutte le salse, dedicarsi anche a questo remake potrà regalare comunque bei momenti di terrore. Potrete infatti scoprire come Motive Studio ha ripensato quello che è, senza alcun ombra di dubbio, un capolavoro nel suo genere. C’è quindi da chiedersi, soprattutto alla luce di quanto fatto con The Callisto Protocol, se il voto che ci accingiamo ad assegnare a Dead Space sia più merito di EA che non demerito degli altri. La verità sta, probabilmente, nel mezzo. Quel che è certo è che con Dead Space è il ritorno in grande stile di un masterpiece del passato, la speranza è che possa quindi fungere da apripista per una nuova, gloriosa, serie.
La recensione in breve
EA e Motive Studio scacciano qualsiasi tipo di dubbio confezionando un remake coi controfiocchi di un must have del passato. Nonostante l'originale sia ancora ad oggi un capolavoro nel suo genere, questo remake lo migliora sotto ogni aspetto, dalla nuovissima e sempre più spaventosa veste grafica fino al gameplay. Il silenzioso protagonista Isaac Clarke, ora decisamente più loquace che non in passato, sembra incastrarsi ancora di più all'interno della narrazione, complici anche delle cutscene totalmente ridefinite. EA vince quindi la scommessa e la sfida con The Callisto Protocol grazie ad un lavoro certosino e ad un level design che, a distanza di tutti questi anni, fa ancora letteralmente paura. Il vostro soggiorno nella USG Ishimura sarà ancora più terrificante di prima.
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Voto Game-Experience