Ci sono storie che hanno dell’incredibile, come quella di un piccolo studio romano precedentemente al lavoro su di un remake non autorizzato di Resident Evil 2, salito alla ribalta per essere stato contattato direttamente da Capcom che, a seguito dell’ufficializzazione del remake fatto “in casa” nel 2015 uscito poi lo scorso anno, decise di porre fine al progetto indipendente a opera di Invader Studios. Questo evento però, come raccontato già nella precedente recensione della versione PC a cura del nostro Renato Passalacqua, non ha solamente interrotto i lavori del team di sviluppo romano, ma ha dato anche origine a un’inedita collaborazione internazionale fra Invader Studios e alcuni autori originali di Resident Evil come Kazuhiro Aoyama (director di RE3: Nemesis), Satoshi Nakai (enemy designer della serie), nonché il compianto doppiatore di Leon S. Kennedy in RE Paul Haddad. Grazie al supporto di queste persone con un curriculum di tutto rispetto, Invader Studios poté quindi dirottare i lavori su di un gioco inedito liberamente ispirato al capolavoro horror di Capcom. Il risultato è Daymare: 1998, uscito lo scorso autunno per PC e solamente ora anche su Xbox One e PlayStation 4. Un survival horror figlio della cosiddetta “Seconda Fase” di Resident Evil, quella introdotta con il quarto capitolo nel 2005 famosa per aver rivoluzionato la saga eliminando il sistema statico a telecamere fisse a favore di una visuale in terza persona e un’inclinazione più action e moderna, la stessa riproposta anche nei recenti remake a firma Capcom. Dopo l’impressione generalmente positiva, anche se con riserve, della versione PC, andiamo ad analizzare questa nuova conversione per capire cosa è cambiato e cosa invece è rimasto intaccato.
Non chiamatelo Resident Evil
Daymare: 1998 contiene nel nome stesso una data che evidenzia il profondo amore dei suoi ideatori per il secondo capitolo della saga Capcom uscito proprio in quell’anno. La trama del gioco si svolge proprio a ridosso del nuovo millennio, fatto ampiamente constatabile grazie alla presenza di tecnologia tipica di quell’epoca (tubi catodici, vecchi sistemi operativi, ecc.) presente nelle varie ambientazioni di cui si compone il titolo Invader Studios, nonostante comunque ci siano contaminazioni moderne giustificabili dalla natura fantascientifica delle vicende narrate. Non c’è Raccoon City ma c’è Keen Sight, non c’è la Umbrella Corportation ma c’è la Hexacore Biogenetics, non c’è la S.T.A.R.S. ma c’è invece la H.A.D.E.S.. I riferimenti a Resident Evil si sprecano, cosa che il team d’Invader Studios non ha cercato affatto di nascondere, facendo invece perno su queste similitudini per sottolineare le origini del progetto come vero e proprio tributo alla saga. Nonostante ciò, Daymare: 1998 rimane comunque molto più che un banale tentativo d’imitazione/omaggio. La storia è suddivisa in tre filoni narrativi, ciascuna dei quali presenterà un diverso personaggio giocabile. Raven, Liev e Sam, questi i nomi dei protagonisti, affronteranno ciascuno l’incubo di Keen Sight da luoghi e in modi differenti, in modo da offrire al giocatore più punti di vista. Anche la narrativa si rifà parecchio alla serie di Capcom, alternando (pochi) dialoghi a (molti) log sparsi per il gioco. Daymare: 1998 riesce comunque a offrire spunti originali e interessanti utilizzando, per esempio, la componente horror in maniera sapiente e mai del tutto scontata e senza troppi jumpscare, arrivando anche a intersecare in modo brillante le tre diverse storyline in un finale decisamente riuscito. Altre caratteristiche già note ai fan di Resident Evil, come la componente puzzle e quella esplorativa, giocano un ruolo fondamentale anche in Daymare 1988 tra l’abbattimento di uno zombie e l’altro. La raccolta d’indizi e l’esplorazione di ogni meandro della mappa sarà infatti fondamentale per riuscire ad avanzare tra le buie location del gioco. Alcune meccaniche del suo padre spirituale sono state invece rimaneggiate pesantemente per dare un tocco ancora più ansiogeno e snervante al titolo. In Daymare: 1998, infatti, è del tutto impossibile fermare il gioco mentre si controlla la mappa o si riorganizza l’inventario. Il sistema di ricarica delle armi, inoltre, è stato reso meno immediato e più difficile, costringendo il giocatore a fermarsi in un luogo sicuro per non perdere caricatori e munizioni utili.
La Fase 2 di Daymare: 1998
Si può tranquillamente dire che questa conversione per console, uscita a circa sei mesi di distanza dall’esordio su PC, si porti dietro con sé più o meno tutti i pregi e tutti i difetti già evidenziati nella scorsa recensione. Il primo impatto con Daymare: 1998 a livello grafico è certamente positivo: il gioco stupisce per la cura nei dettagli delle ambientazioni, per gli effetti di luce e più in generale, per avvicinarsi a primo acchito a molte produzioni tripla A. Analizzando i dettagli con occhio più attento e scavando più in profondità però, è possibile notare qualche neo più o meno evidente. Restano, per esempio, dubbi sulla realizzazione dei volti umani, del tutto inespressivi e plasticosi. Se i cali di frame rate sono sporadici anche in questa versione per console, è da registrare purtroppo un fastidioso effetto pop-up che tarderà il caricamento delle texture dei vari elementi dell’ambiente. Ritornano anche i problemi di sincronizzazione audio, con il doppiaggio non sempre perfettamente a pari passo con il labiale e alcuni effetti sonori in leggero ritardo. Nulla da ridire invece sulla qualità dello stesso voice acting e della colonna sonora, che si riconfermano ancora perfettamente in linea con le atmosfere dark del titolo. Se le fasi d’esplorazione e la complessità degli enigmi sono certamente meritevoli di menzioni, il gunplay di Daymare: 1998 sembra ancora avere qualche problema di calibrazione. Non sempre sparando in un punto preciso del corpo degli zombie, infatti, il proiettile impatterà nella direzione corretta provocando nel nemico una reazione fin troppo casuale e poco realistica, complicando di fatto lo sfruttamento dei punti deboli. Non sono presenti contenuti aggiuntivi realizzati appositamente per console, la campagna si attesta nuovamente sulla decina di ore complessive.
Piattaforme disponibili: PlayStation 4, Xbox One, Windows 10, Microsoft Windows
Versione testata: PlayStation 4
Pro:
- Il gioco funziona bene anche riadattato su controller
- Un must have per i fan di Resident Evil, classico e non
- Trama incalzante e convincente
Contro:
- Nessuna aggiunta rispetto alla versione PC
- Tornano gli stessi problemi riscontrati in precedenza
VOTO 7
Il team d’Invader Studios ha svolto un lavoro sicuramente encomiabile, sfruttando al massimo un budget decisamente limitato rispetto a quello delle produzioni tripla A e riuscendo a regalare al pubblico un titolo degno di nota fortemente ispirato ai recenti remake della saga di Resident Evil. Scontrarsi con alcuni mostri sacri dell’industria del videogame, però, non è certamente a un compito semplice, e le limitazioni dovute alla natura “indie” del titolo ci sono e sono evidenti, anche in questa conversione per console che riporta esattamente gli stessi pregi e gli stessi difetti visti su PC.