Chronicles of Innsmouth: Mountains of Madness appare fin da subito un gioco nato come originale omaggio al genere punta-e-clicca piuttosto che un titolo fatto per spaventare gli appassionati della letteratura Lovecraftiana. Ma come si presenta? Ve lo spieghiamo nella nostra breve anteprima!
Come anticipato, Chronicles of Innsmouth: Mountains of Madness è un’avventura grafica che potrebbe stuzzicare gli animi dei nostalgici della LucasArts (e delle molte case che hanno poi seguito il genere), sia gli appassionati lettori dei racconti di H. P. Lovecraft, da cui la storia del titolo attinge a piene mani senza peraltro inventarsi molto di nuovo – il chè risulta essere di sicuro un vantaggio, considerata la bontà narrativa del prodotto. Il primo Chronicles of Innsmouth si presentava in maniera molto classica, con una storia umoristica che lasciava spazio a momenti di vera tensione. Ambientato negli anni ’30, ripercorrevamo le vicende narrate nel racconto “Le montagne della Follia”, in cui ci trovavamo a impersonare l’investigatore privato Lone Carter mandato ad eplorare una sconosciuta cantegna di montagne dell’Himalaya assieme ad una spedizione scientifica. All’interno di un’enorme caverna, dopo aver rinvenuto i corpi congelati di creature aliene ed essere fuggito dagli Shoggoth, si concludeva la sua avventura: col corpo dilaniato, la sua vita era appesa ad un filo mentre cercava di accendere l’ultima sigaretta.
In Chronicles of Innsmouth: Mountains of Madness ci troveremo di nuovo ad avere a che fare con Carter, ma al contempo vestiremo i panni di diversi personaggi di diverse epoche, tutti legati dalle vicende che coinvolgono i Grandi antichi ed i Miti. Potremo viaggiare nell’antico Yemen vestendo i panni di Abdul Alhazred, “l’arabo pazzo” ricorrente nei libri per aver creato il Necronomicon, fino a guidare un giovane H. P. Lovecraft verso la follia, riscoprendo vecchi misteri di famiglia. Il nostro Lone Carter, ovviamente sopravvissuto per un soffio alla cittadina di Innshouth, invece si troverà a doversi recare nella vecchia Arkham per fare rapporto al professor Armitage riguardo alla sua avventura. Ovvio che nessuna persona (sana o no di mente) che abbia a che fare con Miti possa avere un po’ di pace: ecco quindi che Carter si troverà catapultato nelle indagini di un sanguinoso omicidio che riguarda misteriosi culti, simboli esoterici e molto altro.
Chronicles of Innsmouth: Mountains of Madness è in tutto e per tutto un’avventura grafica 2D punta e clicca con dialoghi a risposte multiple, che richiede tanta osservazione dell’ambiente per individuare gli oggetti utili con cui interagire per risolvere gli enigmi e anche un pizzico del glorioso “stile a casaccio”, che richiede di provare a combinare un po’ di tutto per ottenere il risultato sperato – senza preoccuparsi troppo dell’ordine o della logica dietro alle combinazioni. Rispetto al predecessore, gli enigmi sono accompagnati da un’interfaccia apparentemente più snella e moderna rispetto a quella di vecchissimo stampo presente nel primo capitolo, ma il gameplay in generale rimane indirizzato verso l’old style senza compromessi, presentandosi in una veste grafica che esce direttamente dal 1992 e dagli anni d’oro di Monkey Island. Ciò nonostante, scommettiamo che vi troverete a cliccare per ore col cursore in ogni punto dello schermo, analizzando tutto il possibile, accompagnati da una soundtrack (monotona ma godibilissima) in puro stile retrò. Il doppiaggio è appena accennato, ma passa in secondo piano rispetto alla richezza dei piccoli e numerosi effetti sonori. Anche gli ambienti invogliano all’esplorazione, specialmente quelli dell’area che vede protagonista Abdul e che rievocano le atmosfere de Le Mille e una notte.
In sostanza, Chronicles of Innsmouth: Mountains of Madness è – anche nella sua riproposizione di meccanismi non intuitivi – una perfetta ricreazione di un gioco vintage che riporta alla mente quello stesso carattere, quella grinta propria dei vecchi titoli che hanno ancora oggi un grande valore affettivo per una miriade di giocatori storici. Un titolo a cui vale la pena di dare un’occhiata anche solo per riprovare il bridivo dell’incertezza, quella che portava a spremersi le meningi per ottenere i risultati più interessanti e cavarsela da ogni situazione.