Bethesda Softworks è una realtà storica del mondo videoludico, ma secondo Pete Hines, ex vice presidente del marketing della compagnia per oltre due decenni, non è più la stessa azienda che conosceva all’inizio della sua carriera. In un’intervista, Hines ha raccontato i suoi primi giorni in Bethesda a partire dal 1999, ricordando l’atmosfera unica di quei tempi, quando la compagnia era piccola, privata e guidata dal fondatore Robert Altman, che trattava i dipendenti come una vera famiglia e puntava sulla trasparenza, l’integrità e la creatività.
Hines ha ricordato di aver vissuto in prima persona il lancio di titoli storici come Morrowind (2002), Skyrim (2011) e Fallout 76 (2018), contribuendo anche alla scrittura dei manuali e alla gestione diretta di aspetti di marketing e comunicazione. La cultura di quei giorni, ricorda Hines, permetteva agli sviluppatori di sperimentare e di esprimere al meglio le proprie idee, creando giochi innovativi e esperienze immersive che avrebbero definito il marchio Bethesda.
Con l’acquisizione da parte di Microsoft e la morte di Altman nel 2021, la compagnia ha subito una trasformazione radicale: da piccola realtà privata a grande struttura internazionale con numerosi studi interni e nuovi vincoli finanziari. Bethesda ha continuato a crescere attraverso acquisizioni strategiche, integrando team come id Software, Arkane Studios, Tango Gameworks e MachineGames, che hanno contribuito a consolidare un DNA comune basato su esperienze immersive e giochi single-player di qualità.
Nonostante queste evoluzioni, Hines sottolinea come la compagnia abbia perso parte di quella magia e vicinanza tra membri del team, ora sostituita da una struttura più complessa e regolata dai parametri dei servizi in abbonamento come Xbox Game Pass. L’ex manager evidenzia anche scelte controverse, come la decisione di chiamare il gioco di Arkane “Prey”, che ha generato confusione e richieste di spiegazioni costanti, sottraendo energia e entusiasmo alla promozione del gioco stesso.
Ecco alcune affermazioni condivise da Pete Hines:
“Bethesda ci trattava più come una famiglia e abbiamo trovato una cultura aziendale perfetta per noi. Quando si trattava di lavorare, era magico. Eravamo una piccola compagnia privata. Era più facile stare lontano dallo scrutinio del mondo quando non hai dei report finanziari da pubblicare. Ma non ci sono dubbi sul fatto che la compagnia non sia più la stessa. È stata radicalmente cambiata e alterata dalla compagnia che abbiamo costruito. Le cose vanno così. Si cambia. Tutto si muove ma ha il proprio peso: era veramente un mondo speciale di cui fare parte.”
Secondo Hines, comprendere i giochi significa anche valorizzare chi li crea: gli sviluppatori non sono solo dipendenti, ma persone con competenze, creatività e bisogni da rispettare. La transizione verso modelli di abbonamento e grandi strutture aziendali ha introdotto tensioni interne e sfide per la gestione del talento, modificando il rapporto tra azienda, prodotto e giocatore. In sintesi, Bethesda oggi continua a produrre titoli importanti e a innovare, ma il contesto, la cultura interna e il modo di lavorare non sono più quelli che hanno reso speciale la compagnia agli occhi di chi vi ha costruito la carriera.
Aggiungiamo che Pete Hines ha criticato in queste ore il Game Pass ed i servizi in abbonamento.