Vi è mai capitato di visitare una vecchia nave militare? Spesso gli interni sono pregni di un odore intenso, inconfondibile. Ogni volta che la schermata di inizio gioco ci ha portato ad iniziare una sessione di Armored Core 6: Fires of Rubicon, l’epifania olfattiva di quell’odore ci colpiva inesorabile. Pungente e inconfondibilmente straniante. Gli stessi aggetivi che useremmo per definire l’esperienza di questo seguito particolare che arriva sul mercato 10 anni dopo il predecessore, come a ricordare che From Software non fa figli e figliocci, ma che prima o poi sul mercato tutti i suoi brand ritornano ciclicamente.
Eppure giocandolo, l’idea che sia un figlioccio più che un figlio ci è più volte balenata tra le sinapsi. Armored Core 6: Fires of Rubicon non è meno curato badate bene, ma è davvero un prodotto fuori dal tempo e dallo spazio. Un titolo che più che Armored è Hard-Core, un titolo che non usa mezze misure, che non è permissivo ma che non è figlio della consapevolezza della nuova posizione nel mercato di From Software. Ne parliamo meglio però, nella nostra recensione di Armored Core 6: Fires of Rubicon.
Una narrativa spartana
Abituati alla criptica visione della narrativa di From Software eravamo molto curiosi dell’approccio che sarebbe stato utilizzato con il nuovo capitolo di Armored Core. Più cinematiche, più narrativa esplicita e meno situazioni sottintese. Quello che ci siamo trovati davanti è stato però molto controverso.
Da una parte l’introduzione al gioco e le cinematiche, effettivamente offrono un contesto maggiore, dall’altro le sezioni di narrativa che dovrebbero fare da collante al gioco propongono una struttura a la “Metal Gear” con due figure statiche che parlano attraverso delle onde radio, davvero difficile da comprendere. Capiamo che il dialogo tra mercenari all’interno di robot super corazzati sia qualcosa che possa avvenire solo tramite radio, ma davvero non c’era modo di creare qualche escamotage per rendere maggiormente dinamica e di impatto la distribuzione della narrativa?
A livello di dinamiche invece, la narrativa di Armored Core 6: Fires of Rubicon si attesta sui classici livelli della serie. In questo capitolo, il nostro protagonista C4-621, detto Raven, si troverà a lavorare come mercenario sul pianeta Rubicon 3, 500 anni dopo un disastro naturale causato dalle fiamme avvenute per via del Coral una fonte di energia molto rara di cui il pianeta era ricco.
La riscoperta di questa fonte di energia attirerà l’attenzione non solo dei mercenari e di Raven, bensì di corporazioni, terroristi e soggetti che oseremmo definire “poco raccomandabili”. Tra combattimenti e colpi di scena dunque, il gioco non manca di appassionare anche se, come detto in precedenza avremmo preferito e sperato un tramite più intrigante per il racconto e la messa in scena di queste dinamiche narrative.
Goduria di metallo: il combat system
Armored Core 6: Fires of Rubicon non è un souls like. Lo abbiamo ripetuto fino allo sfinimento, ma davvero, se approcciato come un souls like, Armored Core vi punirà. Chiusa questa breve premessa, dobbiamo sottolineare come il discorso sul combat system sia ricco di spigoli. Il primo punto della discussione riguarda la difficoltà. La serie coi mech della casa di sviluppo nipponica ha sempre proposto, nelle sue varie iterazioni, un livello di difficoltà molto elevato, con punizioni senza pietà per i giocatori più spregiudicati.
Questo Armored Core 6 Fires of Rubicon però, mette in scena un livello di complessità altalenante, mai definito e poco costante, unendo momenti di insensata follia a segmenti molto più facili del previsto. Uno di questi elementi è ad esempio il boss di fine primo atto, che senza spoiler, risulta essere una barriera all’entrata difficile da giustificare e comprendere. Quello che ha sempre proposto la difficoltà di From Software, è una crescita del giocatore attraverso gli errori. Questi ultimi portano maggiore consapevolezza nel modo di affrontare le difficoltà proposte dai designer. Qui invece, in svariati frangenti, l’unica sensazione è stata la frustrazione.
Tolta la spina dal calcagno della difficoltà, Armored Core 6: Fires of Rubicon è davvero, in molti momenti, un vero godimento di metallo e proiettili. La qualità del gioco è la sapiente modellazione dell’esperienza di gioco in base a come il giocatore assembla il suo “umano potenziato”. Che vogliate più mobilità, più resistenza, meno bocche da fuoco o più armi ravvicinate, la personalizzazione è massima e la libertà anche.
Un gioco: mille approcci al gameplay
Giocare risulta poi differenziato nei modi e nei tempi, con sensazioni altrettanto variegate dagli scontri 1v1 o 1 vs molti. Proprio negli scontri singoli, nelle arene e nel multiplayer sottolineiamo come il titolo brilli di luce propria. L’assemblaggio è a conti fatti il vero cuore dell’esperienza di gioco e partire per una missione senza aver consultato il briefing vi danneggerà molto. Scegliere parti di armatura e armi più consone per la tipologia di nemici da affrontare sarà indispensabile e anche padroneggiare il movimento tridimensionale dovrà essere un must. La sezione allenamento dunque, vi tornerà molto utile.
Chiudiamo citandovi due nuove introduzioni: i checkpoint e i kit di riparazione. I primi leniranno un po’ la frustrazione togliendo la necessità di rigiocare l’intera missione in caso di fallimento. I kit invece, funzioneranno come le fiaschette Estus e vi permetteranno di gestire in maniera più permissiva alcuni errori in battaglia. Anche la barra di stordimento è a conti fatti una nuova feature nel franchise. Eppure, temprati forse dalla presenza sempre più corposa di tale escamotage in svariati action in terza persona (Final Fantasy 16 per ultimo) non abbiamo sentito il peso di tale meccanica.
La problematica principale è però quella legata alla personalizzazione. La totale assenza di una guida per i giocatori meno esperti, oggi più che mai non ha una vera ragione logica. Il neofita attirato dall’etichetta “From Software” avrà pochi elementi per comprendere come barcamenarsi tra le varie voci e personalizzazioni del sistema di assemblaggio. Creare build, puntare ad alcune dinamiche di gioco anziché altre, scegliere i potenziamenti del sistema operativo non sono elementi facilmente comprensibili da chi non è avvezzo alla serie.
Un’esperienza a tutto tondo: il contorno
Questo, sebbene non sia un limite insormontabile, risulta una scelta che poco tiene conto della posizione di From Software stessa nel mercato. È indubbio infatti che il recente successo dell’azienda abbia aperto le porte delle sue produzioni all’interesse di una serie di giocatori che dieci anni fa non giocavano o non erano a conoscenza della serie sci-fi della casa nipponica. Siamo sicuri che con le scelte fatte in fase di sviluppo questi giocatori abbiano gli strumenti per capire e immergersi in maniera ottimale in Armored Core 6 Fires of Rubicon? Per noi la risposta è: ad oggi, no.
È indubbio come Armored Core 6: Fires of Rubicon proponga anche a livello audiovisivo un’esperienza comunque di livello. Dal punto di vista grafico non siamo davanti a un’opera rivoluzionaria, ma comunque un notevolissimo e innegabile passo avanti rispetto al predecessore. Le mappe, più contenute rispetto a quelle di un open world, essendo questo titolo un gioco che ti chiede di selezionare la missione dal menù ogni volta, risultano quindi dettagliate e ben congegnate. Gli scontri sono ben realizzati, spettacolari e belli anche da vedere (soprattutto quelli contro i boss).
Medesimo discorso per la componente sonora del titolo. Non solo la colonna sonora è in linea con le varie proposte passate di From Software, ma anche il sound design risulta di stupefacente livello. Dai suoni meccanici delle giunture, alla combustione dei razzi, dallo stridere del metallo alla deflagrazione di bombe et similia. La campionatura e la produzione sonora sono di altissimo livello.
Un elemento poi imprescindibile è la rigiocabilità. Armored Core non è mai stato un franchise monolitico dal punto di vista della durata. Le opere della serie hanno sempre puntato però sulla rigiocabilità per mantenere i fan incollati. Anche in questo caso, la possibilità di riaffrontare le missioni, senza componente narrativa come cutscenes e dialoghi è presente, e permette tra le altre cose di completare in toto le missioni, ottenere soldi, materiali e collezionabili come i documenti. Il prezzo da pagare per il totale completismo è però quello di rigiocare anche quelle missioni che sono risultate frustranti oltre ogni ragionevole limite.
La recensione in breve
Armored Core 6 non è un titolo per tutti.
Il nuovo capitolo della serie mech di From Software non fa sconti e non fa prigionieri. Se amate la difficoltà, se non avete paura della frustrazione e volete perdervi tra numeri e statistiche allora siete nel posto giusto, ma se siete deboli di cuore e coronarie forse dovreste guardare altrove.
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Voto Game-Experince