Nell’ultimo periodo il mondo degli sparatutto competitivi, siano essi in prima o terza persona, ha subito un brusco stallo. Titoli tutti più o meno uguali e poca inventiva hanno fatto sì che dopo l’arrivo del genere battle royale ci fossero mole meno correnti in grado di rinfrescare il panorama. L’unico guizzo recente si ha avuto con il sottogenere degli extraction shooter, un particolare tipo d sparatutto che unisce dinamiche PvE a quelle PvP al fine di far sopravvivere i migliori o più furbi, e basare la progressione sull’ottenimento del loot.
In questo panorama di scontri tra giocatori e creature controllate dall’IA, Embark Studios vuole proporre la sua versione di questo sottogenere. Abbiamo dunque messo le mani sul titolo e vi raccontiamo le nostre impressioni nell’anteprima di Arc Raiders.
Un mondo post post apocalittico
Il contesto in cui si muovono le vicende è abbastanza classico, siamo gli ultimi sopravvissuti sulla terra. Riorganizzati in comunità che vivono nel sottosuolo, gli umani cercano di sopravvivere anche grazie alla figura dei Raiders, ovvero dei coraggiosi individui il cui compito è salire in superficie, recuperare oggetti di valore per la società rovistando tra le macerie di un mondo che fu, affrontando se necessario le macchine controllate dall’IA malvagia che dominano la superficie.
Nulla di incredibilmente originale insomma, né come premessa né come realizzazione dato che a livello artistico ci è sembrato tutto abbastanza anonimo all’infuori di un unico dettaglio. In primis la realizzazione del sottosuolo, in Arc Raiders l’esplorazione della superficie in partita è in terza persona, mentre il sottosuolo non è un hub esplorabile con i vendo, bensì uno sprite JPEG su cui sono fissati i nomi dei vendor. Una scelta anonima, che ha rispecchiato anche il feeling generale con il senso artistico dell’opera.
Rispetto ai primissimi trailer, il titolo ha mantenuto la stessa identità visiva di lore e feeling retrovawe anni ’80, perdendo però un sacco di personalità artistica. Il mondo di gioco che abbiamo esplorato in tre diverse mappe, i menù di gioco e lo stile dei personaggi era anonimo, ritrovabile in diversi altri giochi, in aggiunta ad armi poco ispirate. Unica eccezione il design dei nemici che ricorda un po’ quello di film come “La Guerra dei Mondi” e che ci ha soddisfatto anche in partita.
Un gameplay banale
Sulla falsa riga di queste sensazioni non propriamente positive si attesta anche il giudizio sul gameplay. Arc Raiders risulta anonimo anche in questo caso, un po’ Escape from Tarkov, un po’ The Finals, il sistema di gioco risulta molto piatto. Il loop di gioco condizionato dalle missioni date dai vendor, non riesce a spingere su meccaniche uniche in grado di sorreggere l’esperienza di gioco. Per altro gli scontri a fuoco si limitano a semplici sparatorie con i personaggi che possiedono uno scudo a la Apex leggenda, più o meno potente in base alla rarità. Il gioco sembra un mix di meccaniche base lanciate in un genere e adattate alla bene e meglio.
La presenza di alberi abilità divisi in tre sezioni dedicate alle abilità fisiche e di recupero oggetti non aiuta. Non essendoci delle vere e proprie abilità nel gioco, ci si ritrova ad aumentare la stamina, la velocità di corsa piuttosto che la velocità di scassinamento. Niente dunque di effettivamente intrigante sebbene sicuramente efficace in termini di gameplay.
In generale Arc Raiders propone scelte interessanti ai fini della tipologia di gioco di cui fa parte, ma per noi è la sua proposta a non essere centrata. Anche guardando al mercato attuale, rivali come Marathon in arrivo anche’esso a fine 2025, propongono sicuramente delle soluzioni più accattivanti del genere extraction shooter.
Tecnica claudicante
Anche a livello tecnico Arc Raiders ci è sembrato un po’ claudicante. Le mappe vuote e con pochi nemici permettono sicuramente un ottimo lavoro sui dettagli atmosferici e i modelli poligonali dei personaggi, ma a livello di architettura e di oggetti, il gioco ci è sembrato privo di personalità. Al netto della build arretrata, la poca ispirazione artistica assieme a questa povertà di dettagli ci ha conferito sensazioni poco positive.
Sebbene un gioco debba essere valutato principalmente per il suo flusso di gioco, è innegabile che anche gli occhi vogliano la loro parte. Avremmo sperato dunque che quella forte identità visiva degli anni ’80 che il loro propone ancora, si manifestasse in maniera più forte e prepotente anche nella scelta della resa tecnica, magari applicando più filtri visivi, così come con un sound design più in linea con quella base di ispirazione.
Commento finale
La nostra prova ci ha permesso di approcciarci ad Arc Raiders in singolo e in squadra da tre, ma dobbiamo sottolineare come il gioco non ci abbia colpito. Il suo stile anonimo, il suo gameplay standard e la sua poca cura dei dettagli ci hanno lasciato perplessi, soprattutto alla luce delle primissime idee proposte con l’annuncio. L’idea di nemici che si adattassero al modo in cui i giocatori gli sconfiggevano, un mondo duro e difficile da affrontare a causa del dominio delle macchine si è ridotto in generico extraction shooter, deserto, con mappe vuote e giganti in cui ogni giocatore pensa a sé.
In un mercato così saturo, senza pietà e con poche possibilità titoli come Expedition 33 ci hanno ricordato la strada da seguire, forse sarebbe meglio per Embark e Arc Raiders riflettere anche su queste possibilità.