Se non si fosse capito leggendo la recensione di Final Fantasy VII Remake, sono stato estremamente soddisfatto del gioco, tanto che (nonostante qualche difetto tecnico) lo consiglio a tutti, fan di Final Fantasy e non, e per quanto mi riguarda può tranquillamente essere annoverato fra i migliori JRPG della generazione, ma non ho potuto fare a meno di far notare come il finale si presenti deludente sotto diversi punti di vista. Per quanto l’ultimo capitolo del gioco non mini in maniera preoccupante la bontà del titolo stesso, non vi nascondo che quando l’ho portato a termine ho provato una sensazione di rabbia, così ho chiamato amici che lo avevano anche loro appena completato per scoprire che anche loro erano altrettanto arrabbiati e forse anche più di me. Quindi questa è sì un episodio di Allarme Spoiler nel quale tratterò del finale di Final Fantasy VII Remake per aprire un dibattito e confrontare le mie riflessioni con chi ha già giocato al titolo, ma è anche un piccolo momento di sfogo sperando che sia terapeutico per me e per voi. Ah, chiaramente questo articolo sarà pieno di spoiler.
Il finale di Final Fantasy VII Remake è stato catalizzatore dell’attenzione di molti giocatori proprio per il grande distacco che il gioco inserisce all’interno di un lavoro che fino a quel punto era stato ineccepibile, moderno ed apprezzabile anche dai nuovi utenti, un prodotto fedele ed allo stesso tempo capace di reinterpretare il materiale originale: in questo contesto si inserisce prepotentemente una conclusione che malamente si amalgama con il resto del prodotto, che non lascia capire se si tratti di un guizzo del director che ha voluto firmare con il suo stile ben noto l’opera oppure se sia una serie di elementi creati con la consapevolezza del distacco e con l’intenzione di shockare lo spettatore.
Da quando fu annunciata la suddivisione in episodi era prevedibile che il gioco avrebbe avuto delle aggiunte per portare i nostri protagonisti fuori da Midgar in circa 40 ore di gioco dove nel gioco del 1997 ciò accadeva dopo sole 5-6 ore: la cosa è stata confermata dallo stesso producer Kitase durante il press tour al quale abbiamo partecipato, pertanto quando ho iniziato l’avventura di Cloud e soci ero pronto ad aspettarmi di tutto, o almeno così credevo. Ciò che non mi aspettavo è che per oltre 40 ore il gioco abbracciasse il senso di nostalgia di tutti i vecchi fan con un approfondimento dei personaggi così coerente per poi mandare tutto in caciara nelle ultime parti.
Cerchiamo di riassumere ciò che accade nelle battute finali del gioco, più o meno dal laboratorio di Hojo in poi: uno dei pochi, pochissimi elementi completamente inediti di Final Fantasy VII Remake è rappresentato dai Numen (o Whispers nella versione inglese), degli esseri spettrali a metà strada fra il Dissennatore potteriano ed il mantello senziente di Dr. Strange, delle cappe dotate di vita propria e che appaiono in massa talvolta per aiutare i protagonisti e talvolta per ostacolarli. Fanno la loro prima apparizione durante il nostro primo incontro con Aerith e rimarranno una costante della trama senza che ci sia chiaro chi essi siano e quale ruolo abbiano all’interno della narrazione. Il loro scopo viene svelato da Red XIII e da Aerith, dopo averla salvata dalla cella nel laboratorio di Hojo: apprendiamo che essi sono dei guardiani del Destino, delle entità che fanno la loro comparsa quando un personaggio agisce in antitesi a quello che dovrebbe essere il disegno del Fato, impedendo che possano compiere azioni che mettano a repentaglio l’incedere degli eventi. Ripeto: impedendo che possano compiere azioni che mettano a repentaglio l’incedere degli eventi. O meglio, non è così che viene chiaramente detto, ma è quello che il gioco aveva fatto intendere fino a quel punto, finché non vediamo Barret, trafitto dalla lama di Sephiroth, tornare in vita grazie ad uno di questi Numen che si posa sul corpo esanime dell’ecoterrorista nerboruto per farlo destare da un sonno che pareva fosse eterno.
Degli esseri onniscienti che hanno la possibilità di vedere il destino del Mondo e di ogni singolo individuo hanno il potere di riportare in vita i morti (ma non di impedire a Sephiroth di uccidere Barret), di fatto annullando tutte quelle scelte narrative, quelle differenze di trama rispetto all’originale, fra cui il povero Wedge, miracolosamente sopravvissuto al crollo del pilastro del settore 7, che aveva riconosciuto i suoi limiti e provveduto a salvare quante più vite umane e feline possibili e che nella fuga dal palazzo della ShinRa compie il suo destino cadendo per diversi piani a causa dei Numen. Perché? Perché nell’originale gioco del 1997 Wedge moriva ai piedi del pilastro e questa è un’anomalia che va corretta prima che il personaggio possa fare qualcosa che distrugga i piani del Destino. Ed a quel punto cominciamo a realizzare cosa davvero rappresentino i Numen: siamo noi, sono i fan del titolo originale più integralisti che avrebbero voluto che il Remake seguisse pedissequamente i fatti narrati 23 anni fa e come ciliegina sulla torta i protagonisti controllati da noi devono sconfiggere il re dei Numen (o come lo chiamo io, l’heartless gigante 2.0) rendendoci artefici del grosso dito medio a noi stessi indirizzato.
Aerith afferma che il destino del Pianeta è quello di morire e solo opponendoci ai Numen e al Destino stesso si potrà impedire tutto ciò, ma anche che al di là dello squarcio nella barriera di Numen aperto da Sephiroth vi è la libertà: la libertà dei personaggi di agire secondo il loro libero arbitrio e non vincolati dal Fato, ma anche la libertà degli autori di questo Remake che da questo momento in poi non saranno più soggetti al vincolo imposto dai Numen, ovvero di quel solco delineato da Sqauresoft 23 anni fa. Il punto è che nessuno ha mai pensato che il team dietro a questo remake non potesse prendersi delle libertà, soprattutto considerando quanto sono state ben accolti i cambiamenti e le aggiunte presenti in questo primo episodio, quello che si chiedeva ad un team che vede alla produzione il director del gioco originale era solo di portare rispetto alla loro stessa opera; nonostante ciò, nonostante le pretese di maggiore libertà creativa, sono gli stessi autori ad annullare tutto uccidendo Wedge e non siamo noi fan a fare questo gesto. In questi giorni sui social ho visto tanti redattori e fan affermare che il problema non sia cosa accada ma come accada, che era logico aspettarsi una maggiore libertà creativa ed una maggiore distanza dal testo originale: quello che abbiamo visto non è maggiore libertà, è scaricare la colpa sui fan, accusarli di aver legato loro le mani ed annunciare che finalmente sono liberi dal giogo quando non è mai stato così.
E dopo le considerazioni sul “cosa” passiamo a quelle sul “come”: per come l’ho percepito, Final Fantasy VII Remake mi è parso un prodotto di pregevolissima scrittura, sia da un punto di vista narrativo sia da quello di costruzione della lore del mondo di gioco. I momenti drammatici della storia si alternano con scene che ti permettono di empatizzare sempre di più con i protagonisti per poi sfociare in eventi più frivoli e spensierati che spezzano la narrazione senza però svilirla; contemporaneamente il gioco inserisce all’interno della trama i suoi misteri come le visioni di Cloud, la presenza di Sephiroth quando il leggendario SOLDIER dovrebbe essere morto da tempo, il passato di Aerith e così via. Chiaramente chi ha già giocato a Final Fantasy VII sa già quale sia la risposta a queste domande, sa quali siano i risvolti futuri della trama originale (e non li espliciterò chiaramente in questo articolo perché stiamo discutendo il finale di questo episodio), ma il senso di mistero non è un senso di confusione. C’è differenza fra creare curiosità nel giocatore e confondere le idee, soprattutto giunti ad un inevitabile cliffhanger dove gli archi narrativi e le incognite lasciate in sospeso sono ciò che permettono di generare una certa aspettativa in quello che succederà in futuro; Final Fantasy VII Remake introduce questi archi narrativi a poco a poco, permettendo che essi sedimentino nella mente del giocatore e che egli si appassioni sempre di più al gioco. Vomitare una serie di elementi nel finale senza che né i veterani né i novizi capiscano esattamente cosa stia succedendo non lascia alcun alone di mistero intorno al finale, chi ha ideato l’epilogo ha puntato tutto sull’elemento epicità dello scontro contro il re dei Numen e Sephiroth per dare una degna conclusione ed effettivamente terminare questa esperienza sul robot della tangenziale avrebbe potuto risultare deludente, ma allo stesso tempo il filmato conclusivo riversa una serie di dubbi su di noi senza che abbiamo la possibilità di elaborarli. Con quale scusa Biggs si sarebbe salvato dal crollo del pilastro dato che (a differenza di Wedge) non ha avuto né il tempo né le forze per mettersi al sicuro? Perché vediamo il personaggio di Zack, il SOLDIER con i capelli neri che imbraccia la stessa spada di Cloud, ancora in vita considerando che nel finale di Crisis Core (e qui faccio uno spoiler del gioco) muore e la sua morte è essenziale per dare il via agli eventi del gioco principale?
Cosa mi rappresenta il fatto che durante l’inquadratura su Zack vediamo un pacchetto di patatine con sopra il cane Stamp, ma esso non è raffigurato come un Beagle come visto nei graffiti dell’Avalanche? Significa che ci stanno introducendo la meccanica dei mondi paralleli o dei “what if” o che vogliono rendere canonico in questo remake la sopravvivenza di Zack? E perché allora la pioggia di scintille luminose è visibile sia da Zack sia da Marla, intenta a coordinare i lavori della ricostruzione, lavori necessari perché conseguenza di tutto quello che abbiamo visto finora che è successo a seguito della morte di Zack? Vedete, a volte bisogna fare nomi e cognomi e in questo caso il nome che salta fuori è quello di Tetsuya Nomura: non è per puntare il dito verso quello che è diventato il perfetto capro espiatorio che salta sempre fuori quando si parla di Square Enix, ma il director di Kingdom Hearts e di Advent Children ci ha abituato ad un certo tipo di scrittura, un suo modo di fare che è quasi un marchio di fabbrica e che si può apprezzare o meno, ma che vorrei vedere relegato alle sue opere originali.
Il finale di Final Fantasy VII Remix l’ho trovato terribilmente nomuriano, ma in senso negativo perché cozza con tutto il resto del titolo. In un gioco dove ogni mistero viene lentamente svelato aggiungendo un tassello alla volta, i Numen rimangono un’incognita fino alle battute finali ed il loro ruolo viene svelato da un banale spiegone; in un gioco dove tutte le sottotrame e gli archi narrativi lasciati aperti lasciano una sensazione di genuina curiosità vedere elementi come Zack, Biggs e le linee temporali alternative nei minuti conclusivi senza che questi vengano minimamente contestualizzati per risultare credibili lascia solo tante perplessità (specie perché sono memore di come Nomura abbia maldestramente gestito il tema dei viaggi nel tempo nella saga di Kingdom Hearts); in un gioco che trasuda Final Fantasy VII da ogni pixel l’epilogo richiama nello stile lo stesso Kingdom Hearts con i suoi finali segreti ed in alcune scene Advent Children, prodotto del quale capiamo che Nomura ne vada estremamente fiero nonostante sia estremamente controverso. È chiaro che il finale spiazzi anche i fan di Final Fantasy VII perché ci siamo chiesti tutti cosa succederà da qui in poi dato che nulla di ciò che sappiamo potrebbe riaccadere (tant’è che il messaggio finale con il quale il gioco ci lascia è “The Unknown Journey Will Continue”, il viaggio ignoto continuerà, proprio perché neanche i fan sanno cosa potrebbe succedere da qui in poi) ma se tutto il gioco era riuscito ad appianare i miei dubbi sulla bontà tanto della trama quanto della narrazione che provai fin dall’annuncio di questo remake, ecco che essi riemergono prepotentemente dopo aver assistito a questo discutibile e discusso finale che inevitabilmente non può che far parlare di sé.