C’è un’importante svolta per quanto riguarda la pensione di reversibilità, a seguito di una sentenza della Cassazione che fa sorridere l’INPS. Ecco tutti i dettagli e quale è stato il risultato.
Una sentenza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza in merito al tempo entro il quale presentare la domanda per ottenere la pensione di reversibilità. Per chi non lo sapesse, quest’ultima è la quota perte della pensione complessiva che spetta ad un coniuge o un erede di un defunto, e la sua storia è molto vecchia, visto che fu introdotta nel mese di aprile del 1939.
All’epoca, l’obiettivo era quello di tutelare le donne che non avevano una loro pensione, e che rischiavano di restare prive di un reddito minimo alla morte del marino. Ci furono poi vari cambiamenti a seguito della fine della seconda guerra mondiale, ma fatto sta che la pensione di reversibilità resta un importante pilastro nella vita quotidiana di chi perde il proprio marito o la propria moglie, o anche un genitore. In tal senso, la Cassazione ha fatto sorridere l’INPS in questi ultimi giorni.
Pensione di reversibilità, cosa ha stabilito la Cassazione
In molti si chiedono se ci si debba preparare o meno a rinunciare alla pensione di reversibilità, e sul sito web “Money.it“, è stata raccontata una vicenda che non può lasciare troppo tranquilli. Nel mese di settembre, infatti, la Cassazione si è espressa sulla richiesta di pensione di reversibilità per un decesso verificatosi nel 1990, ben 35 anni fa. La figlia della vittima aveva presentato una domanda nel 2009, ma l’INPS aveva deciso di rifiutare quanto richiesto.

Dopo il giudizio in primo grado ed in appello, la Corte di Cassazione ha dato ragione all’INPS, schierandosi contro la richiesta della figlia del defunto. Inoltre, ha riconosciuto anche la prescrizione della richiesta, il che significa che la donna non riceverà neanche un centesimo. In tal senso, la Cassazione ha anche chiarito un altro aspetto sul quale ci si interroga spesso.
Nello specifico, la prescrizione, per la pensione di reversibilità, sopraggiunge dopo 10 anni, il che significa che la domanda va presentata al massimo entro 10 anni dalla morte del pensionato o del lavoratore. Sarà però il giudice a dover valutare d’ufficio la decorrenza della prescrizione, in base a ciò che è stato presentato dagli atti e nei fatti dalle parte in causa. Non bisogna dunque commettere errori nel momento in cui si presenta la domanda, perché c’è il serio rischio di dover rinunciare all’assegno.