Nel quantomai affollato mondo degli shooter multigiocatore, rinfoltito a ritmi serrati tanto dalle major videoludiche quanto dal panorama indipendente, è sempre più arduo ritagliarsi uno spazio di valore, tale da sopperire al sostentamento di produzioni che richiedono un supporto costante, tempestivo e tendenzialmente dispendioso. Malgrado le notevoli sfide di un segmento dominato da titani inamovibili, il team di Night Street Games crede fermamente nel potenziale della sua opera prima, nella forza trainante di un nucleo ludico imperniato su una singola meccanica.
Al centro di Last Flag, titolo d’esordio dello studio fondato da Dan e Mac Reynolds (rispettivamente il frontman e il manager degli Imagine Dragons), troviamo infatti una frizzante rielaborazione della rodata modalità “cattura la bandiera”, contestualmente elevata a pietra angolare di un gameplay con lineamenti da hero shooter. Si tratta di una scommessa vincente? Difficile a dirsi, anche perché la proposta delineata dal collettivo statunitense manifesta rischi da non sottovalutare.
Bandiere e pallottole
Last Flag schiera in campo due squadre da cinque giocatori, ciascuna composta da “eroi” dotati di armi e abilità uniche, che come da tradizione determinano il loro ruolo ideale nelle strategie cooperative. Al momento il roster conta una decina di personaggi, che durante l’hands-on non ci sono sembrati brillare particolarmente dal punto di vista della personalità, e questo sia per quel che riguarda l’estetica, sia per ciò che concerne la loro caratterizzazione ludica. Sì, i poteri e gli strumenti in dotazione ai diversi contendenti sembrano fornire solide basi per la costruzione di sinergie più o meno intriganti, ma tutto sa un po’ di già visto. Un discorso che possiamo facilmente estendere al design delle mappe, almeno per quel che concerne la loro tematizzazione cartoonesca.
Passando all’assetto delle partite, ogni contesa è suddivisa in tre fasi d’intensità crescente. Nella prima, un membro di ciascuna squadra si occuperà di nascondere la propria bandiera in un qualsiasi punto della mappa, cercando di evitare i siti più ovvi e sfruttando a proprio vantaggio l’articolata conformazione dei campi di battaglia. Successivamente avrà inizio il match vero e proprio, durante il quale i giocatori potranno bersagliarsi fra loro, esplorare lo scenario alla ricerca della bandiera degli avversari, o prendere d’assalto le tre torri radio presenti in loco. Seppur non essenziale per ottenere una vittoria, quest’ultima attività porta con sé diversi vantaggi: un volta conquistate, le zone in questione diventano infatti punti di spawn, forniscono cure ai personaggi nelle immediate vicinanze e, cosa più importante, segnalano sulla mappa le aree in cui non è presente la bandiera da recuperare. Questo vuol dire che mantenere il controllo di più torri velocizzerà notevolmente le operazioni di cattura, limitando progressivamente la metratura degli spazi da setacciare.
Quando una delle squadre avrà rinvenuto il vessillo inizierà la fase apicale dello scontro, in cui il portabandiera dovrà raggiungere la propria base evitando le bordate dei nemici, e successivamente conservare il controllo del maltolto per 60 secondi, contando sul supporto dei propri compagni. Qualora nessuno riuscisse a conquistare la vittoria entro quindici minuti, la partita entrerà in “overtime”: durante questi cinque minuti supplementari entrambe le bandiere saranno ben visibili sulla mappa, e non sarà più necessario attendere un minuto per confermarne la cattura. Sebbene gli sviluppatori ci abbiano assicurato che, stando alle statistiche, l’entrata in “overtime” sia un evenienza alquanto rara, entrambe le partite giocate in quel di Colonia si sono protratte per quasi venti minuti, complice il dimensionamento fin troppo generoso di una mappa stracolma di eccezionali nascondigli.
C’è insomma il rischio che la diluizione dei tempi di gioco vada a fiaccare il traino del gameplay, e questo al netto della saldezza generale di un impianto ludico che, al di là di tutto, può contare su uno shooting tutto sommato valevole e su una buona differenziazione degli eroi. In tutta onestà, nutriamo qualche dubbio anche sulla tenuta a lungo termine di una formula che, per quanto particolare, rischia di farsi un po’ monocorde col passare delle ore. A questo proposito, gli sviluppatori hanno confermato di essere a lavoro su diverse modalità aggiuntive, sempre imperniate sul medesimo concept cardinale, ma non è detto che il pacchetto riesca a consolidare quello “zoccolo duro” necessario al sostentamento di questo genere di produzioni. Il punto è proprio questo: sebbene il tempo trascorso alla Koelmesse con Last Flag ci abbia regalato momenti di grande divertimento, non siamo certi che il titolo abbia tutte le carte in regola per sopravvivere nella traboccante e pericolosissima giungla dei live service. Contribuisce a questo timore anche un’identità stilistica che, seppur pittoresca, non ci è parsa poi così entusiasmante. Staremo a vedere come andranno le cose nei mesi a venire, ma è già chiaro che quella di Night Street Games è una scommessa tutt’altro che facile.