Nel 2005 il mondo videoludico fu scosso da uno dei momenti più controversi della storia dell’E3: Sony mostrò al pubblico un trailer impressionante di Killzone 2 per promuovere l’allora imminente PlayStation 3. Un filmato d’impatto, visivamente sbalorditivo, che prometteva un’esperienza di gioco di nuova generazione. Ma c’era un problema: non era reale. Come ammesso successivamente da Sony stessa, si trattava solo di un target render, una sorta di video concettuale creato in computer grafica per mostrare ciò a cui aspirava il team di Guerrilla Games, non ciò che era effettivamente stato realizzato.
Ma Peter Moore, ai tempi a capo della divisione Xbox, ha rivelato che capì subito che si trattava di “una balla”. In una recente intervista concessa a The Game Business, Moore ha infatti affermato di aver riconosciuto immediatamente quella che definisce una tattica spregiudicata: Sony stava cercando di replicare ciò che aveva già fatto ai danni del Dreamcast di Sega qualche anno prima, quando lo aveva oscurato alimentando dubbi e aspettative irrealistiche attorno all’arrivo di PlayStation 2.
Moore, che all’epoca guidava Sega of America e successivamente passò a Microsoft, notò le stesse dinamiche: un trailer spettacolare, creato apposta per instillare paura, incertezza e dubbio nella mente dei consumatori, allo scopo di ridimensionare l’effetto dell’arrivo di Xbox 360.
“Era esattamente la stessa tattica, quella di creare un filmato molto costoso. Ma quando il gioco è uscito, si è rivelato essere una totale fandonia. Lo capii quella sera stessa, guardandolo. Ho pensato che non ci fosse modo che potessero offrire un’esperienza del genere. Difatti stavano facendo a noi la stessa cosa che avevano fatto a Sega, ovvero dire: ‘Bene, sta uscendo la piccola e graziosa Xbox 360, ma i pezzi grossi usciranno su PlayStation 3, quindi dovreste rimanere nei paraggi e aspettare. Perché guardate cosa siamo in grado di fare'”.
Questa volta però il pubblico e i media non si lasciarono ingannare così facilmente. Secondo Moore, molti giornalisti specializzati, più attenti e preparati rispetto al passato, capirono subito che PlayStation 3 non era in grado di offrire un simile livello di dettaglio in tempo reale. Questo contribuì a rafforzare la fiducia in Microsoft, che nel frattempo stava lanciando Xbox 360 con una strategia radicalmente diversa: niente illusioni, ma titoli giocabili, dimostrazioni tecniche concrete e un marketing pensato per coinvolgere direttamente la community.
Il lancio di Call of Duty 2 come esclusiva temporale fu una delle carte vincenti. Il gioco vendette quasi quanto le console distribuite, e fu uno dei principali fattori del successo iniziale della nuova piattaforma. È curioso pensare che, a distanza di vent’anni, proprio Call of Duty sia ora una delle proprietà più forti in mano a Microsoft, mentre Killzone è rimasta al palo: l’ultimo capitolo, Shadow Fall, risale al 2013 e solo nel 2024 il brand è riapparso brevemente in un crossover con Helldivers 2.
La storia del trailer “fake” di Killzone 2 resta una lezione fondamentale per comprendere l’evoluzione del marketing videoludico e il peso della credibilità nel rapporto con il pubblico. Se da un lato la grafica spinta può impressionare, dall’altro ciò che davvero conquista i giocatori è l’esperienza reale, tangibile, testabile. Ed è proprio qui che Microsoft, nel 2005, vinse una delle sue battaglie più importanti nella proverbiale e lunga guerra delle console.