In un’industria dove spesso i team di sviluppo superano le centinaia di membri, Death Stranding 2: On the Beach si distingue per una scelta controcorrente e affascinante. Hideo Kojima ha infatti deciso di mantenere il team interno di Kojima Productions sotto la soglia dei 150 sviluppatori, ispirandosi ad un consiglio del regista George Miller. Difatti nonostante l’ambizione e la scala del progetto, il game director giapponese continua a credere nel valore di una squadra compatta, efficace e ben coordinata.
Durante un’intervista con la rivista Edge (grazie a GamesRadar), Kojima ha spiegato che questa filosofia produttiva nasce da un colloquio avuto anni fa con George Miller, celebre per la saga di Mad Max e ora coinvolto in Death Stranding 2 nel ruolo di Tarman, doppiato e interpretato con motion capture dal cantante australiano Marty Rhone. Miller gli raccontò di come le comunità nomadi di pastori limito i propri greggi a 150 pecore, ritenendo che sia il massimo numero che un singolo individuo possa gestire in modo efficace. Da qui, l’idea di applicare lo stesso principio al lavoro in team creativo.
Kojima ha fatto sua questa teoria, cercando di mantenere i suoi progetti – Death Stranding 2 compreso – sotto quella soglia. Nonostante qualche piccola eccezione (“sono andato un po’ oltre i 150… e ci abbiamo riso su”, ha ammesso), il team di base resta volutamente contenuto. L’obiettivo è chiaro: evitare dispersioni comunicative, mantenere una direzione artistica coerente e incentivare la sinergia tra i vari reparti. A supporto, ovviamente, ci sono anche collaborazioni esterne e outsourcing, ma il cuore pulsante dello sviluppo rimane limitato per scelta.
Questa strategia, pur non convenzionale, rappresenta l’ennesima dimostrazione della visione autoriale di Kojima, che vede nella gestione umana e nella creatività condivisa gli elementi chiave per produrre esperienze videoludiche uniche. E mentre i fan attendono con ansia l’uscita del gioco, prevista nei prossimi mesi, Death Stranding 2: On the Beach si conferma non solo come un sequel molto atteso, ma anche come un modello produttivo controcorrente in un panorama sempre più industrializzato.