Un metroidvania in pixel art. Sì, un altro, ma non bisogna certo lamentarsene. Il genere, negli ultimi anni, ha subito una nuova impennata di popolarità grazie ad alcune grandi produzioni, tra le quali vale la pena nominare Ori di Moon Studios, Prince of Persia: The Lost Crown di Ubisoft e, incredibilmente, Metroid: Dread di Nintendo. Chi l’avrebbe mai detto.
Il piccolo Cardboard Sword, ora, prova a inserirsi in questo affollato e pericoloso genere, vista la presenza di cotanti esponenti di alto livello, per provare a dire la sua. Lo fa con The Siege and the Sandfox, ennesimo metroidvania in due dimensioni che strizza l’occhio con sagacia agli originali Prince of Persia (quelli davvero originali, non la trilogia in 3D di Ubisoft), aggiungendoci una punta di stealth che cambia le carte in tavola. È andato tutto per il verso giusto? Ne parliamo nella nostra recensione.
Nelle notti d’Oriente…
Il titolo di Cardboard è fatto di poche parole (l’unica voce è quella del narratore, a dire il vero), e tanta fantasia. La Volpe, soprannome che la città ha affibbiato al protagonista di questa storia, è una sorta di simbolo per tutti vista la sua forza e tenacia, ma le cose cambiano rapidamente. Nei primi minuti di gioco, la Volpe viene accolto come un eroe, adorato da tutti gli abitanti.
Dopo poco, ecco che un evento cambia tutto della sua vita. Il protagonista assiste all’omicidio del re, senza poter intervenire per tempo. Le autorità, di fronte alla situazione e a quello che sembra essere un palese tradimento da parte di uno dei fidatissimi di corte, decidono di punire la Volpe, pugnalandolo e scaraventandolo nei bassifondi più profondi della città, dove oscurità e povertà la fanno da padroni. Non è però così facile liberarsi della Volpe, che, seppur privato di tutte le sue abilità, sperimentabili nel breve prologo, deve ora partire alla ricerca della vendetta e di coloro che lo hanno incastrato.
Premesse che richiamano molto sia Dishonored, lo spettacolare stealth di Arkane, sia il già citato The Lost Crown, e forse non è un caso. The Siege and the Strandfox venne presentato dai suoi autori come uno stealthvania, un curioso ibrido tra il genere dei metroidvania e appunto quello che rese grande la storia di Corvo in quel di Dunwall, se non altro proponendo una serie di meccaniche che risultano differenti dall’ormai tradizionale gioco di questo stampo. Navigare nel labirinto di prigioni, bassifondi e catacombe, per sfuggire alle guardie reali e ritrovare l’onore, lo riporterà presto in superficie, facendo affidamento sulle sue sole abilità furtive.
Abilità che, a dire il vero, non riescono pienamente a trasmettere un senso di soddisfazione, dovuto forse alla totale assenza di una vera sfida all’interno di The Siege and the Sandfox. Non ci sono ad esempio boss fight all’interno del gioco, così come un qualsivoglia scontro: il focus totale è sullo stealth, ben pensato attraverso il level design ma non sempre incisivo come si potrebbe pensare.
Il senso di progressione non avviene così superando ostacoli insormontabili, mostri giganti o guardie reali di prim’ordine, ma solo ed esclusivamente attraverso l’esplorazione di un mondo dai biomi molto belli da vedere. La Volpe recupera il suo equipaggiamento mano a mano che l’avventura avanza, a partire da un’arma utile per tramortire le ignare guardie che lo stanno cercando, e interagisce inoltre con gli abitanti del sottosuolo scoprendo sempre qualcosa di nuovo. L’esplorazione è quindi abbastanza scorrevole, e risulta essere in fin dei conti il più grande pregio dell’esperienza: la storia non porta mai particolari picchi, non c’è spazio a sorprese o colpi di scena esagerati, tutto viene gestito semplicemente da brevissimi dialoghi (senza doppiaggio) e dal narratore che racconta la storia. Poca, pochissima enfasi sul racconto nonostante alcuni potenzialmente interessanti risvolti, ma a dire il vero anche la fase stealth è strutturata intorno ad alcune ingenuità di troppo, come se gli sviluppatori avessero agito con un po’ troppa superficialità.
Alti e bassi
Fortunatamente, vista l’importanza che Cardboard ha voluto dedicare all’esplorazione, la fase esplorativa è supportata da un level design molto interessante, non solo visivamente. Ci sono sezioni che richiedono di sfruttare le piattaforme, scivolare per sfuggire, arrampicarsi, nascondersi. L’ambiente circostante viene sfruttato abilmente – e necessariamente, ecco.
La furtività, per l’appunto, è essenziale. Non ha senso affrontare le guardie a viso aperto, anche perché basta un semplice colpo per finire a terra e ricominciare tutto da capo da checkpoint anche distanti dal punto in cui eravate arrivati. Il gioco è pensato per tutto tranne che per lo scontro faccia a faccia.
Il gioco spiega molto bene sin dalle prime fasi di gioco cosa può servire per sfruttare l’ambiente. La sprite della Volpe, ad esempio, cambia intelligentemente quando il protagonista si trova nascosto dalla luce, e così possiamo anche arrivare a spegnere alcune di queste fonti luminose per trarre vantaggio. Per facilitare la propria fuga ci sono anche vasi, barili o altri oggetti utili per nascondersi. A differenza di molti altri metroidvania, in The Siege and the Sandfox il pensiero logico supera quindi di gran lunga l’approccio diretto, che in molti casi è totalmente inutile – e il giocatore se ne accorge molto presto.
La vera difficoltà sta proprio nell’estrema attenzione che Cardboard ha dato a questo aspetto, senza però limarne i difetti. I movimenti devono ad esempio essere mirati, quasi tarati al millimetro. Ogni cosa deve essere calcolata nel posizionamento, come ad esempio quando il protagonista deve appendersi a una sporgenza o premere un interruttore sul muro. Ne scaturisce così un’esperienza stimolate, sì, con tanti trial and error che si susseguono, anche se parte di questi processi, legati in particolare alle fasi stealth, non sono strutturati adeguatamente per limiti tecnici.
Bug, mon amour
Volendo sorvolare sul bug riscontrato dopo appena una mezz’ora di gioco che solo con un gioco di prestigio è stato superato (una guardia, una volta avvistata la Volpe, restava completamente immobile impedendo di proseguire), The Siege and the Sandfox si porta comunque dietro un grande quantitativo di problemi, tra i quali i già citati glitch e più in generale una certa leggerezza di fondo per l’intelligenza artificiale.
Il modus operandi dei nemici non cambia mai dall’inizio alla fine: sia che dormano o facciano la ronda, appena sentono il rumore della Volpe (reso con un indicatore circolare di rumore, abbastanza efficace) si mettono in allerta; nel caso in cui il protagonista venga avvistato, ecco che partono le randellate con conseguente game over e ripartenza dal checkpoint. Fin qui, tutto ok, ma una volta presa la mano con il tutto risulta abbastanza evidente che c’è qualcosa di molto sbagliato con l’IA del gioco. Le guardie possono arrivare a sentire la Volpe anche a metri di distanza (e tecnicamente fuori dal loro raggio sonoro), rompendo di fatto il senso di procedere silenziosamente. Non parliamo poi del fatto che per colpire una guardia alle spalle occorra essere a un pixel di distanza da essa, altrimenti il colpo non ha alcun effetto. Se a questo si aggiungono i citati bug, con guardie che restano immobili sul posto o che eseguono pattern completamente imprevedibili, il quadro non è dei più felici.
La recensione in breve
The Siege and the Sandfox è un piccolo gioco indie che ha cercato di rimescolare le carte in tavola per il genere metroidvania, aggiungendo al calderone una preponderante componente stealth. Non è andata benissimo, a causa soprattutto dell'IA deficitaria e di parecchi e fastidiosi bug, anche se l'atmosfera e il fascino dell'esplorazione restano.