Ci sono voluti vent’anni di attesa prima di rivedere SNK all’opera con un nuovo picchiaduro e alla fine eccoci qua, alle prese con la recensione dell’incredibile Fatal Fury City of the Wolves. Che, lo premettiamo, non rappresenta solo il ritorno di una delle serie di picchiaduro più amate e influenti degli anni ‘90, tale da rivaleggiare alla pari con Street Fighter (in certi casi letteralmente, se avete letto la nostra Recensione di Capcom Fighting Collection 2 lo sapete già) ma è una dichiarazione d’intenti: la volontà di proporre un gioco che non deve essere necessariamente accessibile a chiunque, soprattutto non ai “button smasher”. Che richiede quindi attenzione e studio, pratica e tecnica anche solo per essere giocato “in locale” tra amici, e non trovarsi a scambiarsi solo “pugnetti e calcini” flaccidi e banali a ripetizione. Il tutto con un’estetica peculiare che strizza l’occhio, come ha sempre fatto, a Street Fighter e al suo ultimo uscito, ma riesce comunque a mantenersi identitaria e riconoscibile.
Un’eredità pesante: il lascito di Garou Mark of the Wolves
L’ultimo capitolo ufficiale della saga, Garou: Mark of the Wolves, è datato 1999. Non esattamente “l’altro ieri”, eppure è ancora oggi considerato una delle vette tecniche e stilistiche del genere fighting games, usato addirittura come riferimento per molteplici meccaniche avanzate del mondo picchiaduro. Fra l’altro, come spesso succede, era nato quasi come un esperimento, come un semplice spin-off volto a evolvere lo stile della serie Fatal Fury introducendo meccaniche diverse dal solito, e un roster quasi completamente nuovo comunque legato alle solide radici narrative “anime style” dei capitoli precedenti.
Ambientato nella distopica Neo New South Town, la storia si concentra ancora una volta sulla lotta per la sopravvivenza e per il potere, in una città spietata dove il potere si conquista con i pugni. Rock Howard, figlio di Geese ma cresciuto sotto la tutela di Terry Bogard, è ancora una volta trattato come simbolo del dualismo tra luce e oscurità. Ma accanto a lui si fanno spazio nuovi combattenti, nuove storie, e un mondo di arene visivamente rinnovato e coloratissimo. Caratterizzato quindi dalla piacevole estetica fedele agli stili passati, ottenuta nella “next gen” mixando un ottimo cell shading con ombreggiature che sembrano disegnate a penna, colori piatti molto vivaci ed effettistica luminosa e realistica (fiamme, “schizzi” di colore, particellari vari). Uno stile che a noi è piaciuto moltissimo e che si ispira evidentemente a quello di Street Fighter VI, a sua volta basato su graffiti e street art per creare un’estetica urbana e vibrante, attinente all’identità underground della saga.
Il tutto, conservando un buon grado di unicità recapitato dai design dei personaggi, iconici sia i vecchi, che i nuovi e i “feat”, tra cui spicca… Cristiano Ronaldo. Sì, il calciatore. Ci arriviamo con calma, tranquilli. Per ora, restando sul fronte grafico sappiate che ogni personaggio è stato completamente ridisegnato; perciò, i veterani come Terry Bogard, Rock Howard, Hotaru Futaba e Marco Rodrigues conservano i loro tratti iconici ma con look aggiornati. Quanto ai nuovi arrivati, come la misteriosa Preecha, arricchiscono il cast senza stravolgerlo, forti di una direzione artistica riconoscibile, ma anche di stili di combattimento originali e storie (parte della lore generale) tutte da scoprire. Anche la tecnica vuole la sua parte, ovviamente, e ci mancherebbe in un fighting game con mire E-sportive! Su PC, dove abbiamo svolto la nostra prova, è tutto fluidissimo: le animazioni, i movimenti e ogni azione speciale o meno. Con una comprensibile attenzione a non ledere mai, in favore di scenograficità e coreografie spettacolari, la chiarezza visiva delle hitbox e la lettura delle distanze effettive tra combattenti.
Il REV System, cuore della nuova esperienza
E così, siamo arrivati all’argomento clou: ludicamente parlando, City of the Wolves riprende in mano il testimone battagliero di SNK e lo “proietta” in una nuova era, spingendo sul rinnovamento solo quando serve e mantenendosi altrimenti fedele al gameplay per alcuni “proibitivo” che non fa sconti a chi non vuole impegnarsi per entrare nelle meccaniche più complesse. Per intenderci: giocando abbiamo avuto l’impressione che laddove Street Fighter, Mortal Kombat e Tekken abbiano scelto di aprirsi al pubblico casual con schemi di controlli opzionali semplificati, e con una spettacolarizzazione generale visiva ed effettistica, i dev di Fatal Fury abbiano deciso di proporre un prodotto per professionisti della lotta, che apre uno spiraglio anche ai fighter della domenica, ma non si “spalanca” come gli altri.
Ci spieghiamo meglio: ci sono aggiornamenti opzionali alla quality of life, sotto forma degli usuali tutorial semplici e graduali, e di un set di comandi vagamente meno articolato, che permette di evitare le contorsioni del pollice sinistro quando dobbiamo usare le mosse speciali. Tuttavia, per godere di quel pizzico di spettacolarità che piace ai player casual, l’animazione stile anime prima della “kamehameha”, le piroette avvolti di fiamme blu ecc. (avete capito) è necessario sapere cosa stiamo facendo fin dall’inizio del match.
Oltre ai convenzionali attacchi pesanti e leggeri con pugni e calci, prese, salti, schivate e parate, che combinati insieme ai tasti direzionali si tramutano in combo, attacchi speciali e via discorrendo, il fulcro della nuova esperienza di gioco è in realtà il ben più complesso REV System (Revolution System): un elemento completamente inedito per SNK, pensato per aggiungere ulteriore profondità e possibilità tecniche e strategiche ai giocatori. In pratica, i personaggi non hanno più solo i summenzionati attacchi speciali “normali”, ma anche una serie di movenze uniche che per essere sfruttate utilizzano una barra apposita.
Si chiamano REV Arts e sono mosse che, a una prima occhiata, sembrano pensate come una via più breve per spettacolarizzare le partite; breve nel senso che bastano un paio di tasti, contro le sequenze ben più lunghe a cui i veterani sono abituati, per esibirsi in piroette, salti clamorosi, pugni e calci devastanti, o attacchi energetici di varia natura. La forma finale di questi colpi, il REV Blow, rappresenta l’equivalente di una “super mossa finale”, è utilizzabile solo una volta per round e pertanto richiede scelta strategica e tempismo perfetto per non essere sprecata. Sono pensati per creare momenti cinematografici e ribaltamenti di fronte memorabili e, lo ripetiamo, superficialmente sembrano tanto accedssibili che “chiunque potrebbe sfruttarli al meglio”.
Spammi attacchi a caso? Attento all’Overheat!
Tuttavia ciò è vero solo in parte: perché alla base del REV System c’è la summenzionata barra che consente ai colpi speciali di essere attivati, ma impedisce al contempo che vengano spammati di continuo. Che è, se ci pensate, l’attività preferita dei novizi (imparo una mossa che funziona, e la uso finché l’avversario non esplode). Infatti, a ogni uso delle meccaniche REV, siano esse guardie speciali, attacchi o “Blows”, il nostro personaggio si surriscalderà fino a entrare in “Overheat”: uno stato durante il quale non si possono usare REV art e siamo, quindi, sostanzialmente in balia di quelle avversarie. Va da sè che chi non pianifica anzitempo come e quante volte usare il REV System si troverà spesso bloccato in surriscaldamento, impossibilitato a far altro che non siano calci e pugni normali, in pratica. Non è una situazione semplice da gestire, fidatevi.
Per questo continuiamo a dire che sebbene è vero che il REV si può usare fin dall’inizio del match, senza caricamenti o combo complesse, favorendo i neofiti nella loro ricerca di spettacolarità, in realtà è tutto “un trucco” e il REV è un falso amico dei casual gamer. Mentre di fatto, è uno strumento incredibile e super versatile nelle mani giuste. Per quanto ci riguarda, data la natura volutamente competitiva e intensa del picchiaduro SNK, questo è senza dubbio un pregio, nonostante rappresenti anche un muro da scavalcare imparando a sfruttare al meglio il sistema per chi vorrà giocare al meglio. Mentre imparate, comunque, vi consigliamo di attivare i Comandi semplificati, simili a quelli visti in giochi come Street Fighter 6 o DNF Duel, pensati per permettere ai nuovi giocatori di eseguire mosse spettacolari fin da subito, senza particolari barriere tecniche. Ma a seconda di quanto lontano volete arrivare, disattivarli è il vostro obiettivo a medio/lungo termine.
Solo così potrete esibirvi in mosse e manovre davvero spettacolari, raggiunte con impegno e abilità. Parate perfette seguite da una contromossa, magari una combo semplice che scaraventa in aria l’avversario e lo rende vulnerabile, pronto a essere colpito di seguito da una REV Art ben piazzata. Bam. Un sistema allo stesso tempo semplice, almeno nel numero di imput diversi possibili, ma che nella miglior tradizione picchiaduro si complica quando questi imput vogliamo inanellarli in una danza tanto letale quanto spettacolare.
Un’esperienza “professionale”: non adatta a tutti
Lo sappiamo in quanto SNK ha già confermato l’intenzione di supportare il gioco negli SNK World Championship e nei circuiti internazionali più importanti, inclusi EVO, Combo Breaker, e potenzialmente anche tornei organizzati da community. Ma anche solo da quanto vi abbiamo appena detto, è evidente che Fatal Fury City of Wolves punta apertamente allo scenario competitivo e ai giocatori professionisti. Sarà dotato di rollback netcode, la tecnologia che garantisce partite online fluide anche a distanza, ormai standard nei giochi da torneo, di Cross Play per consentire di allenarsi anche con compagni di squadra da piattaforme differenti (e funziona benissimo, come tutta la componente Online). Ci sono le Classifiche online, la modalità di Allenamento condiviso, la possibilità di registrare e rivedere Replay dettagliati, e un Matchmaking con filtri avanzati per trovare l’avversario giusto per noi.Noi, in fase di preview, abbiamo potuto saggiare solo in parte la bontà del sistema di matchmaking, che speriamo non torni “caotico” come durante le open beta, una volta aperti i server a tutti.
Per tutta questa attenzione al multigiocatore competitivo, c’è però da pagare un prezzo particolarmente alto: una componente offline particolarmente scarna e poco interessante. Per carità, la narrazione in stile novel delle vicende di questo o quel personaggio è sempre interessante, alternando una mappa in stile anni 90 da cui selezionare il prossimo avversario a uno scontro con la CPU, poi di nuovo mappa e CPU, e via così di cut-scene in cut-scene. Tuttavia, ormai siamo stati abituati a situazioni ben più immersive, basti pensare (facendo un balzo quantico, lo sappiamo, ma è per fare un esempio iperbolico) all’isola di WWE 2k25. O, restando più in tema stavolta, all’esplorazione libera e al sistema di character creation di Street Fighter VI.
Lungi da noi che questo sia per forza un male. Il focus principale degli sviluppatori è stato evidentemente il combat system e le rifiniture a esso correlate, per recapitare un picchiaduro bilanciato e intrattenente. E’ una scelta precisa insomma, che, di nuovo, include solo lateralmente nel target i giocatori non vogliosi di immergersi nel competitivo seriamente. Giocatori che si stuferanno presto della debole attrattiva della modalità Arcade Episodes of South Town (la modalità “storia” insomma), e dovranno scegliere cosa fare: mettersi d’impegno e scegliere uno tra gli altri personaggi presenti nel roster, padroneggiarne le movenze e iniziare a fare sul serio, o lasciar perdere l’esperienza.
In caso, ci sentiamo di consigliarvi di dare una chance al character più “spammato” e pubblicizzato nei trailer e nelle presentazioni, almeno di recente: il calciatore Cristiano Ronaldo, che per qualche ragione ha deciso di darsi alle botte in compagnia di Terry Bogard, Hotaru Futaba, Hokutomaru e tutti gli altri membri del cast più “tradizionale”. Il suo gameplay è fresco e vario, composto di attacchi sul medio e lungo raggio con la palla e caratterizzato da una leggiadria ipnotica. A tal proposito, spezzando una lancia per i neofiti di turno, l’ottimo character design di ciascuno di loro potrebbe essere anche da solo un motivo più che sufficiente per motivarsi, spingere sull’acceleratore e studiare combo, mosse speciali e REV. Se poi Ronaldo vi sta antipatico va bene lo stesso: basta prendere un altro dei personaggi presenti e… dargliele di santa ragione!
Che poi, a dirla tutta il campione non è l’unica “persona vera” a essere entrata in City of Wolves. Dai dischi che si suonano, al suonare quelli intervertebrali (questa la capiranno meglio i medici), il DJ Salvatore Ganacci è anche lui stato inserito nel gioco SNK. Vi lasciamo il piacere di sperimentare il suo gameplay in autonomia.
La recensione in breve
In un panorama di fighting game dominato da giganti come Street Fighter 6, Tekken 8 e il futuro Project L di Riot Games, dove occasionalmente fanno la loro comparsa franchise storici come DragonBall, o altri a rubare per un po’ la scena a tutti, SNK ha comunque scelto di restare fedele agli stilemi classici del genere, potenziando la profondità ludica con intelligenza. Non imitando l’approccio più “Noob friendly” dei suoi colleghi, ma rafforzando la propria identità come uno dei più tecnici e strategici, vecchio stampo picchiaduro in circolazione. City of the Wolves non è quindi solo un gioco che guarda al passato con nostalgia, ma una dichiarazione d’amore verso l’evoluzione del genere. In un panorama videoludico affollato di lupi, pronti a saltare l’uno al collo dell’altro “rubando” utenza e attenzione dei fan, Fatal Fury è violento, ma con classe. Un vero signore (delle botte).
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Voto Game-eXperience