Partiamo dall’inizio di questo viaggio con il tuo progetto Arckade: abbimo visto il documentario video che hai realizzato per raccontare di come hai realizzato i tarocchi dei videogiochi, però ancora non ci è chiaro come tu sia arrivata a decidere di realizzare dei tarocchi ispirati ai videogiochi.
I tarocchi sono stati la conseguenza di una serie di quelli che io ho chiamato segnali. Io non sono una persona che crede troppo nel destino, perché io sono molto più pragmatica, preferisco pensare al risultato che voglio raggiungere e non affidarmi al caso, al destino. In questo caso specifico, però c’è stato un momento di realizzazione un anno fa, domani è un anno di io che piango in mezzo ai capotti (n.d.r. durante la Milan Gamesweek 2023 Ckibe ha avuto la prima proposta da Sio e Dado per la realizzazione di un suo progetto).
In quel momento io sapevo che qualsiasi cosa sarebbe stata l’avrei amata come un bambino ed ero indecisa semplicemente fra quale delle opzioni possibili mi avrebbe divertita di più nella realizzazione. Tra le varie opzioni che ho scartato c’erano un artbook e un manualino per realizzare le emoticon di Twitch, ma erano frutto di un brainstorming molto leggero dove mi sono messa solo a buttare idee su un foglio. Il fatto è che durante quei giorni mi sono arrivate un paio di cose che io ho interpretato come segnali: in primis durante un meet & greet una ragazza mi ha letto i tarocchi e io ho proprio pensato quanto mi sarebbe piaciuto poterli leggere io perché sembrava davvero divertente, secondariamente credo che mi sia rimasto il rimpianto di non aver mai potuto produrre le carte di League of Legends che avrebbero dovuto essere un omaggio all’Italia, a League of Legends in Italia: secondo me sarebbero state un’ottima idea perché nella mia testa sarebbero dovute essere le carte della briscola napoletana unite League of Legends, quindi qualcosa che fosse fresco e senza stereotipi. Nonostante io abbia incontrato degli ostacoli che mi hanno impedito di completare il progetto, mi sono resa conto che mi è proprio piaciuto creare le carte. Io volevo qualcosa che si potesse toccare con mano. Da questi presupposti si è creata l’idea di realizzare dei tarocchi ed ho pensato ”Ma sì, facciamolo, sarà divertente”.
Lo è stato da morire, a partire da tutto il brainstorming dietro le carte per trovargli un nesso con il tema che avevo scelto: non volevo che fosse solo un esercizio di stile, non volevo solo rifare la papessa classica, la voglio prendere e smontare e rifare da capo perché sapevo che quello sarebbe stato l’aspetto divertente. Poi è arrivato quello che hai visto nel video che è in realtà è una cosa che capita a tantissimi illustratori e artisti, ovvero il confronto con me stessa, quel momento un po’ più grave dove la pressione della responsabilità si fa sentire e arriva la paura atavica che mi fa pensare “mi sto divertendo un po’ troppo, la vita vera non è divertimento, e adesso io sono responsabile di tutto quello che sarà la vendita di questo progetto e ho paura. Il realtà è qualcosa di perfettamente normale ed è quando impari a superare questi ostacoli che cresci.” Non cresci perché fai i compleanni, non cresci se la vita è facile, cresci quando ci sono delle difficoltà e le affronti ed è ancora meglio se hai qualcosa per cui vale la pena affrontarle, altrimenti non non ce la fai.
Quando hai deciso di realizzare delle carte, come sei arrivata a questo formato?
La scelta della carta arriva da vari test che abbiamo fatto, perché in fase di produzione sono stata resa partecipe di tutte le fasi di ideazione e questo grazie a Giga Ciao che mi ha dato non solo carta bianca, ma anche massima disponibilità e supporto durante tutto il processo e ci siamo fidati molto l’un l’altra. Mi hanno mandato dei test ed io potendo toccare con mano diverse tipologie di carte, ho potuto scegliere quelle che preferivo in termini di materiale, stampa, lunghezza, ecc.
Abbiamo dovuto fare una scelta perché il formato che abbiamo individuato non ha delle sleeve comuni, ma eh il formato che avrebbe avuto se avessi usato quelli standard risultava troppo piccolo. Quello che volevo fare io a livello di dettagli era maniacale e qualcosa di piccolissimo doveva essere visto anche a occhio nudo. Alcune carte come la Forza e la Morte hanno probabilmente alcuni dei dettagli più piccoli di tutto il set, ma in generale volevo che si vedessero in maniera nitida. Ho fatto la la carta più grande che potevo e per esserne sicura ho confrontato con le carte di Loputyn o con le carte dei tarocchi di Ortolani. Tra l’altro il fatto che Ortolani abbia fatto anche lui le carte dei tarocchi (n.d.r uscite per Lucca 2023) era per me un ulteriore segnale del fatto che forse voglio veramente fare i tarocchi e forse è sempre stata sopita questa cosa. Guardando un po’ tutti i loro stili anche di formato, mi sono proprio detta mi sembra che ci sia tanta libertà nelle carte, non c’è un modello standard, quindi io vado con quello più grande che riesco a trovare così che anche il disegno possa risultare più grande e dettagliato.
Il tarocco di solito è più stretto e allungato, io lo volevo più come se fosse un poster, un poster un po’ più largo. Molti miei disegni sono totalmente verticali, ho proprio una predilezione per i disegni verticali, quindi quella è una cosa che più si avvicinava a come volevo fare io un disegno e facendo una carta non troppo stretta come quella di Ortolani né troppo enorme come quelle di Loputyn. Sono riuscita a trovare una una scelta personale, è stata quella del di questo preciso formato.
Però il formato è stata una delle tante scelte fatte: c’era la possibilità di fare carte lucide, ma sapevo che non le avrei volute così perché nel lucido non si vede bene il disegno perché è troppo riflettente, non la volevo plastificata,volevo una carta che al tatto restituisse una certa sensazione, sono contenta delle scelte fatte e mi arrivano feedback sui social in cui mi fanno i complimenti per la carta usata e li ringrazio tantissimo per averlo notato. Per quanto mi riguarda per fruire di un prodotto che devi toccare tanto, avere una carta che ti piaccia al tatto è un valore aggiunto. Una cosa piccola, però son contenta che la gente l’abbia apprezzato.
A proposito di persone che hanno apprezzato, abbiamo visto la risposta delle persone ad Arckade a Lucca e ci è parsa enorme. Come hai vissuto in questo periodo il rapporto con la tua community e come con le persone che ti circondano. Sempre ripensando al video documentario si vede l’emozione quando chiami i tuoi genitori per dirgli del sold-out…
Quel gesto è stato molto spontaneo. In realtà non sapevo neanche se metterlo nel video perché non sapevo ancora che gli avrei dato un taglio così “emotional” che quando ho visto che direzione stavo prendendo mi sono detta: “Se non lo dico adesso un po’ me ne pento perché voglio tirar fuori tutto, non voglio mai più tornare su come ho creato queste carte perché per me rivivere quello che ho passato il mese prima della consegna (e credo che nel video si noti) è qualcosa che in futuro non vorrei rifare”. Solo a ripensarci ne percepisco ancora l’angoscia ed è qualcosa che non voglio più ripetere: da lì però ho imparato una lezione importantissima e soprattutto ho capito quali sono i miei limiti.
Mia madre e mio padre non sono tanto dentro questo mondo, quindi mi fa piacere quando entrano nelle chat della mia live e scrivono. Hanno il nome Mammybe e Papibe (n.d.r. chiedo scusa anticipatamente se la trascrizione non è corretta) e poi c’è mio fratello che è il criminale, però questa un’altra storia. Loro sono felici se mi vedono contenta, sono sempre stati molto di supporto ed ho sempre detto che sono molto fortunata per questo. Purtroppo in certi aspetti della vita devi avere fortuna e con i miei genitori l’ho avuta, meno con la scuola e con il giro di amici che durante quel periodo era inesistente, quindi un po’ le due cose si bilanciato. Dove nasci, il tuo ambiente, le tue passioni, è tutto frutto del caso, l’importante è riuscire a capire cosa puoi ricavare da questa casualità. Non vedo l’ora di regalare ai miei geitori il mazzo e di insegnare loro a leggere le carte perché loro sono due persone inesperte ma curiosissime: so già che guardando le carte potrebbero chiedere “Ma questo è un tuo amico?” Quando mostro a mia madre un meme a volte mi chiede “Questo lo conosci?” “No, mamma, è un personaggio di League of Legends”, ma poi ti ascoltano.
Per quanto riguarda l’affetto della community è stato assurdo io mai avrei pensato che potesse arrivare a tanto. Io sono molto pragmatica, il mio mondo non è solo illustrazione, ma anche l’influencer, il content creator ed è un mondo severissimo e per stare al suo passo ci vuole molta più presenza di quella che ho avuto io quest’anno. Devi essere almeno live tutti i giorni o fare video almeno tre volte a settimana, a seconda di quella tua piattaforma devi esserci e devi ricordare sempre a chi ti segue che esisti. La gente si scorda che esisti, ma perché siamo in un modo un mondo veloce e non perché pensano che tu faccia schifo (questo lo dico anche ai miei colleghi che pensano di non essere più sulla cresta dell’onda), bisogna purtroppo continuare a ricordare che esisti ed io contro intuitivamente ho deciso di non farlo quest’anno.
È stato un rischio enorme ed è stato anche uno degli aspetti che più mi ha spaventato durante il crollo perché sparire dai social e poi sperare che qualcuno ti compri il prodotto che hai realizzato non è detto che poi ti vada bene, è stato proprio un salto nel buio. Ho provato a essere il più presente possibile, a fare più contenuti live, però si vedeva e si sentiva che non sembrava stessi portando avanti i progetti per il mio canale ed in più non potevo dire il perché in quanto dovevo mantenere il segreto su Arckade. Ad un certo punto ho sviluppato la sindrome dell’impostore perché non stavo portando avanti i format, non stavo comunicando cosa stessi facendo perché era ancora segreto, eppure la community mi diceva che mi avrebbe sostenuto senza avere un motivo reale per farlo. Quando poi ho annunciato quello che avevo fatto durante quest’anno ho sentito la necessità di prendere coraggio ed espormi al mio pubblico, con anche le mie fragilità e mostrare le debolezze non è sempre una carta vincente, soprattutto quando sei un creator che cerca di mostrarsi sempre allegro, sempre carico. Quindi ho preso coraggio ed ho deciso di riassumere quello che è successo in questa mia esperienza in modo che rimanesse impressa su internet e vedere come il pubblico l’avrebbe recepita.
Fortunatamente la gente non se n’è mai andata ed è una cosa che non voglio mai dare per scontata perché il pubblico è liberissimo di decidere di non seguirti più se vede qualcuno più bravo, più presente, se non sei più tu la sua compagnia quotidiana ma diventa qualcun altro. Il fatto che la tiratura limitata di Arckade abbia fatto sold-out in 5 ore mi ha proprio ricordato che sono tutti lì, anche se non li vedi, anche se tu stessa pensi che se ne siano andati, sono lì e questa cosa è stata meravigliosa. È per quello che ho pianto in realtà in live, perché una delle mie paure è che il pubblico decidesse di non seguirmi più perché ero sparita per nove mesi. Oggi in fiera non avrei dovuto avere firmacopie, ma sono arrivate 30-40 persone e ne ho improvvisato uno perché quando sei in live anche se non vedi il tuo pubblico sai che c’è e che ti sostiene e quindi quando sei in fiera vuoi conoscere la tua community, vuoi vedere che faccia hanno le persone che ti sostengono.
Ti era mai capitato di avere una situazione in cui ti sei detta “Tutte queste persone sono veramente qui per il mio lavoro, per l’anno che ho speso in questo progetto”, oppure è stata la prima volta che ti capitava di avere questa sensazione?
Posso dire di essere più o meno, passami il termine, famosa da parecchi anni in realtà, ma sempre per motivi diversi. Credo che però questa sia la primissima volta che mi sento realizzata e mi sono costruita da sola tutto quanto perché nelle volte prima un po’ sentivo il dubbio che queste persone facessero la coda per il mio lavoro. Per me il tempo è la valuta più importante del mondo, quindi vedere le persone fare la coda per me ai meet&greet mi faceva domandare cosa dovessi fare per essere in grado di dare la cosa perfetta per per la quale stavano attendendo. Tuttavia prima di Arckade non mi sembrava che si mettessero in coda per un motivo specifico, perché ero una streamer e un’illustratrice, ma non ho mai venduto niente di mio, quindi quello che mi portavano era digitale, non esisteva veramente.
Volevo che queste persone potessero portarsi a casa qualcosa che avevo fatto, qualcosa per cui valesse la pensa fare la fila e in tutti questi anni non c’è mai stato. Quest’anno è la prima volta in cui riesco ad accettare che le persone possano fare la fila per me e ti posso assicurare che è una sensazione bellissima e mi sento proprio contenta per questo. Forse tutte quelle persone che aspettavano da tempo che producessi qualcosa di mio sono tutte tornate, e fra me è me ho pensato “Avete ragione, avevate perfettamente ragione, dovevo solo prendere coraggio e farlo e forse arrivare anche a 31 anni e capire bene cosa volessi”. Secondo me questo tempo mi è servito a capire veramente cosa volessi fare perché se fai scelte non ponderate non hai una visione così chiara del progetto, ti viene qualcosa di misto. Arckade è al 100% tutto quello che ho sempre voluto e pensato da 9 mesi, ma forse da sempre, il mio omaggio ai videogiochi che avrei voluto fare da sempre ed il mio omaggio alla community che è incredibile. Io vorrei passare mezz’ora con ognuna delle persone. Cerco sempre di fare almeno una chiacchiera, un disegno, stare il più tempo possibile perché sono così contenta di parlare con le persone con cui posso condividere le mie passioni, le gioie.
Alla fine avere la propria community vuol dire essersi creata il gruppo di amici che magari non hai mai avuto da piccola e quindi sono tutte persone che arrivano da te perché sanno che troveranno le stesse loro passioni, perché non non mi sentiranno mai parlare, che ne so, di calcio. Quindi sanno già che quando parlano con me parliamo tutti la stessa lingua ed è veramente una figata. Poi il numero di firme che ho fatto in questi giorni è incontabile, non so veramente quante possano essere. Per ora tiro ditta perché il motivo per cui sono qui è prima di tutto lavorativo quindi sto focalizzando l’attenzione sugli impegni e sui bisogni primari, probabilmente quando finirà la Gamesweek realizzerò tutto quello che è successo finora ma per ora non so come elaborare tutto ciò.
Come ti approcci alle critiche invece? Sia critiche costruttive da parte di persone vicine oppure dietro lo schermo che comunque ti hanno conosciuto con questo lavoro, sia magari quelle più tossiche che puoi aver ricevuto nel corso dei tuoi anni su Internet.
Io sono sull’internet come faccia da 7 anni ma ci lavoro comunque da 10, quindi ho potuto vedere sia come le persone odiano le persone con cui lavoro. Quando sono subentrata anch’io ovviamente eh sono arrivate critiche e odio anche per me: è una cosa che capisci molto lentamente e soprattutto ti può schiacciare in qualsiasi momento perché nessuno ti prepara mai al “Oh mio Dio, adesso ti odiano.” Ho imparato tanto nel vivere in questo mondo specifico perché piano piano capisci come non prendere le cose sul personale: quello che succede quando vai sull’internet è un po’ quello che succede quando tifi una specifica squadra di calcio: non senso che tu possa odiare le persone che giocano a calcio ma ti fanno perdere, odi il fatto che la tua squadra del cuore, odi il fatto che la tua squadra non ce l’abbia fatta e nonostante tu possa riversare sugli avversari tutta la cattiveria del mondo e lo fai senza consapevolezza, quello che fai in realtà è odiare l’idea che ti sei fatto di quella squadra, odiare l’idea che hai perso in quel momento.
Quindi inizia a diventare sempre più impersonale l’odio che hai, non è più attaccato alla mia persona, a quello che sono quando mi sveglio, quando mi faccio la doccia, quando parlo con mia mamma, ma l’idea che tu regali all’internet e ognuno ci può fare quello che vuole con quell’idea, ti possono vedere solo attraverso lo sguardo che loro hanno maturato. Quindi a volte le persone mi odiano solo perché non ho OnlyFans. E quello è un tipo di persona, ma poi c’è una versione di me che magari odiano perché parlo con la voce troppo squillante, una che è odiata perché vedono che sono amica di tanti miei colleghi e quindi pensano che sia un’arrampicatrice sociale. Sono tutte cose non solo legate allo sguardo che hanno su di me, ma anche allo sguardo che hanno sulle donne in generale.
Se tu impari tutti questi meccanismi della società e il modo in cui le persone vedono gli altri e quanto di loro mettono negli altri, capisci cosa portarti a casa di queste critiche, quali puoi buttare. quali puoi farti scivolare addosso e non è facile, dopo 10 anni impari, ma all’inizio stavo malissimo ovviamente perché mi svegliavo e mi dicevo “Ma perché mi odiano?” Adesso le critiche me le faccio scivolare addosso quando sono impersonali, quando si basano su come mi vuoi vedere tu e su quelle io non ci posso fare niente: non penso che una mia parola cambierebbe l’opinione, anche perché se non mi conosci vuol dire che quell’idea di me volevi già averla, probabilmente prima ancora di sapere che opinioni ho, che argomenti posso tirar fuori, se sono simpatica, se faccio ridere quindi posso solo lasciarti andare.
Le critiche costruttive ci sono state, moltissime da parte dei miei colleghi e mi hanno sempre fatto piacere perché sono estremamente ingenua e purtroppo c’è molta più cattiveria e risentimento di quanto pensavo all’inizio e quellI che mi sono più vicini mi ha insegnato tantissimo a gestire le mie emozioni. Piano piano ho imparato tutto, ho imparato a essere più paziente, più riflessiva, a parlare dal vivo con le persone, anche tra colleghi. Di cose sbagliate ne ho fatte veramente un sacco e ne farò ancora, ma provo sempre quando posso a non ripetere gli stessi errori. È normale farle, cioè è normale sbagliare e purtroppo è normale non piacere a tutti. Guarda, è anche il titolo dell’intervista che abbamo fatto sul Cioè circa un anno fa, si chiama “Non puoi piacere a tutti”, tra l’altro apparire sul Cioè è stato il mio più grande risultato. Se una persona vuole vederti sotto una cattiva luce perché ti vesti di nero, ti vesti con le felpe dei cartoni animati è fatta. Non ha senso spendere le tue energie per far cambiare loro idea, sfruttale per fare qualcosa di meglio, anche perché magari se lo fai non è detto che poi quella persona cambi idea ed hai solo perso tempo che avresti potuto investire meglio.