Non è semplice portare novità nel mercato, specialmente se si è un’azienda importante che fattura milioni e milioni di introiti con franchise storici. Negli ultimi anni ci siamo abituati che l’innovazione è quasi sempre stata affidata al mercato indipendente, che in barba alle dinamiche dell’industria si poteva permettere il lusso della sperimentazione. Quando queste consuetudini vengono meno, ribaltando le dinamiche, ecco nascere progetti potenzialmente memorabili. Kunitsu-Gami: Path of the Goddess si colloca proprio in quella posizione. Il titolo Capcom è un concentrato di originalità e sperimentazione, un prodotto chiaramente non per tutti, che nasconde dietro il suo kaleidoscopico fascino, un’amore spasmodico per il folklore Giapponese. Siamo pronti a raccontarvi questo mistico viaggio nella nostra recensione di Kunitsu-Gami: Path of the Goddess.
Ibrida innovazione
Kunitsu-Gami: Path of the Goddess non è nulla che abbiate mai giocato. Si tratta di un titolo che ibrida meccaniche avvicinabili ad altri generi, come la collocazione delle pedine sul campo di battaglia e la protezione della “Torre” per evitare di essere sconfitti, ma che a conti fatti non rientra in nessuno di questi generi: strategico, tower defense, rouguelike. Kunitsu-Gami è la storia di un viaggio, un viaggio per purificare il monte Kafuku dalla corruzione. Impersonerete Soh, lama della Sacerdotessa Yoshiro, unico baluardo di una normalità ormai perduta.
Quello che vi attente a livello ludico invece è un ciclo di combattimenti, posizionamento e miglioramento delle pedine che vi aiuteranno (gli abitanti dei vari villaggi) alternato a fasi di gestione dell’accampamento, nel quale migliorarvi, personalizzare le vostre abilità e riparare costruzioni. E sebbene, tutto ciò non sembri poi granché vi assicuriamo che il viaggio all’interno di Kunitsu-Gami: Path of the Goddess è molto più di questo.
Non è possibile, nel 2024, proporvi la classica lista della spesa. Purtroppo o per fortuna, Kunitsu-Gami: Path of the Goddess decide di innovare, reinventare, proporre e scuotere il mercato. E dunque, raccontare Kunitsu-Gami: Path of the Goddess come ogni altro titolo, sarebbe riduttivo per l’opera trattata. Inoltre, lo spirito che si nasconde dietro questo titolo Capcom è proprio quello di provare ad essere una voce fuori dal coro.
Purificare la corruzione: il viaggio
Il primo approccio a Kunitsu-Gami: Path of the Goddess è arrivato di notte. Una delle prime notti afose estive di questa strana estate italiana. Da quello che avevamo visto nei trailer, il gioco sembrava un ibrido particolare tra tower defense e stylish action in salsa Capcom. Il marchio della casa nippoica era evidente, eppure c’era qualcosa che non tornava. L’avvio della partita ci ha tolto ogni nebbia offuscatrice, l’incipit iniziale era ammaliante. Questo turbinio di colori continuava ad unirsi in kaidoscopiche immagini. Sembrava di essere davanti a mosaici medievali su rosoni antichi.
La danza di Yoshiro contrastava il male, le prime dinamiche narrative si iniziavano a delineare e il gioco lasciava intravedere gocce di folklore. A colpirci non è stato tanto il design dei mostri, dei demoni e delle creature minacciose, bensì la particolare cura delle maschere. Per vostra informazione, la maschera nella cultura giapponese ha una forte valenza. Fin dal VI secolo infatti, rituali, cerimonie e uniformi integravano maschere con significato differente. Essendo che Kunitsu-Gami: Path of the Goddess proponeva la danza come parte di un rituale di purificazione, ecco il perché di una cura così minuziosa su questo elemento.
La maschera non è però un semplice elemento di contestualizzazione narrativa. Ogni abitante infatti ha un ruolo ben definito all’interno del gameplay e quest’ultimo viene deciso dal giocatore. La maschera è non solo indice del ruolo, cambiando ad esempio tra taglialegna e arciere, ma anche simbolo del livello della pedina diventando più o meno curata mano a mano che si sale di livello.
Il senso di comunità ci ha poi fatto riflettere tra una folata di vento caldo e l’altra. La notte l’abbiamo conclusa ragionando su come la gestione del tempo in Kunitsu-Gami: Path of the Goddess fosse collegata alla comunità.
Capcom ha cercato di riprodurre non solo artisticamente, ma anche ludicamente la dualità tra oppressione e forza del gruppo. L’inizio del gioco è quasi claustrofobico. Il senso di oppressione è infatti forte per via della potenza del nemico. Mano a mano che il giocatore progredisce, sbloccando pedine e abilità, il gioco diventa un crescendo di possibilità e di colori. Danza e azione, musica e colori.
Una danza infranta
C’è voluta qualche ora per assimilare questa idea, soprattutto perché non avevamo capito all’inizio che riparare il villaggio necessitava di completare dei round in battaglia. Questo, blocco iniziale, ci ha permesso di concentrarci sui dettagli del combattimento. Sostanzialmente si è spinti ad essere parte integrante del rituale, danzando a ritmo di musica. Y, Y X X, Y, Y X X X, Y X, Y.
Un ritmo incalzante che varia sbloccando abilità e potenziamenti. Mano mano che capivamo la chiave di decifrazione del gameplay ed entravamo in risonanza con la componente ludica ci sembrava di volteggiare anche noi. L’estasi si è però infranta.
La componente boss è molto peculiare. Gli scontri sono unici e originali, ma ricordano per scala di grandezza gli scontri di Monster Hunter. Voi piccoli e minuti contro mostri dalla grandezza immensa. Ed è in questo caso che Kunitsu- Gami: Path of the Goddess ci ha lasciato perplessi. La sensazione di arrivo al climax ci ha conquistato, sostenuto e addirittura immerso in un unicum eccellente. Una volta all’apice del piacere però, gli scontri coi boss restano quasi inconcludenti. La danza che aveva riempito le prime ore, si infrange contro un muro di spunga che tria ogni elemento a sua portata. Il giocatore si riduce a caricare lo spezza guardia, per stordire il boss e massimizzare poi i danni successivi. Le variabili a questa situazioni si contano sulle dita di una mano e onestamente non capiamo il perché. Il gioco ha continuato ad avvolgerci ogni run. Con questo sali e scendi di felicità e meccanicità. Supportando il tutto con una magnifica colonna sonora.
Commento finale
Kunitsu-Gami: Path of the Goddess è un viaggio mistico tra le note del folklore giapponese. Un kaleidoscopico tuffo nei colori e nei costumi di una cultura affascinante che sa regalare momenti di follia immensa. Eppure se tutto si colloca al punto giusto, nel nostro viaggio c’è stata quella pedina del puzzle con un difetto di fabbrica che ha reso impossibile completare l’opera. Gli scontri con i boss infatti, ci sono risultati fuori dal coro, dissonanti quanto affascinanti per stile. Nonostante ciò, sappiate che Kunitsu-Gami: Path of the Goddess è un’opera che non ha paura e timore di essere se stessa e come tale dimostra che quando si osa volare vicino al sole non sempre si fa la fine di Icaro.
La recensione in breve
Kunitsu-Gami: Path of the Goddess non è un prodotto per tutti. Lo è sicuramente per gli amanti della cultura della terra del Sol Levante. Anche se non è un'opera perfetta però, ci teniamo a sottolineare come un titolo così coraggioso debba essere provato per comprendere quanto la libertà artistica sia un valore importante al giorno d'oggi.
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Voto Game-Experince