John-117, meglio conosciuto come Master Chief (o anche “Capo”, se vogliamo tornare agli albori), torna nella seconda stagione di Halo su Paramount+ con grandi domande su cosa stia succedendo attorno a sé. Privo del suo inibitore ormonale, la cui assenza è necessaria per permettere uno sviluppo della personalità compatibile con questa forma di intrattenimento, torna a imbracciare il suo fucile d’assalto per combattere la temibile ondata aliena.
L’obiettivo è trovare Halo prima dei Covenant, ma ci sono molte altre variabili in gioco. Gli ingredienti per un buon piatto ci sono, ma senza una ricetta precisa si rischia di buttare tutto alle ortiche. Vi lasciamo alla nostra recensione della seconda stagione di Halo.
Una trama che punta alle stelle, ma resta in orbita
Con la seconda stagione di Halo, l’offensiva Covenant nei confronti delle colonie esterne sorvegliate dall’UNSC continua con scarsa risposta da parte dell’umanità. Il Silver Team capitanato da Master Chief si trova quindi ancora una volta sul campo di battaglia per fronteggiare un’offensiva talmente agguerrita da far pensare che ci sia una difficoltà ben oltre la Leggendaria con tutti i Teschi attivati.
Scherzi a parte, più che mai sembra che la forza dei Covenant sia incontrastabile. Questa Silver Timeline non manca mai di sottolinearlo, facendosi beffe delle vite dei marine. Dall’altra parte c’è infatti un genere umano unito solo nelle apparenze. La seconda stagione di Halo mette ancora più in risalto il lato politico della guerra, con ONI e UNSC che sembrano quasi essere nemici a loro volta dei protagonisti cercando di occultare i dettagli più oscuri. L’umanità torna ad essere la minaccia peggiore per se stessa.
Per quanto questo non traspaia assolutamente nei giochi, è invece più evidente nei libri. “La Caduta di Reach” esplora con numerosi flashback le missioni di Master Chief atte a sedare rivolte nelle colonie e tra i pirati, evidenziando anche quanto sia controverso il programma SPARTAN in tutte le sue versioni. Poco viene invece detto riguardo i Covenant, il loro obiettivo, la visione del Grande Viaggio, l’importanza dei Profeti o di una figura colma di significato come quella dell’Arbiter. Makee stessa diventa una mera spettatrice delle mosse dei Covenant, in una attesa continua del suo giudizio. Sembra quasi che solo Halsey sia in grado di portare sulle spalle il peso della sua narrazione, sempre imprevedibile e coperta di mistero.
Halo va a singhiozzo sul piccolo schermo
Tutto sarebbe molto più godibile se solo questa serie di Halo mantenesse un andamento costante. Nella prima metà della stagione, fino all’Episodio 4, è facile sentire la necessità di volerne sapere di più e continuare a guardare senza sosta. Subito dopo inizia però uno spasmodico tentativo di trattare tutti i temi riguardanti l’universo di Halo nel giro di qualche ora. Il risultato è che non si parla fino in fondo praticamente di nulla, rischiando così di confondere un nuovo fruitore e di non soddisfarne uno veterano.
Anche alcune decisioni legate alla profondità dei personaggi esterni alla serie di videogiochi sono discutibili. È intuibile che Master Chief abbia un rapporto molto profondo col resto del suo team, ma che non viene mai esplorato come dovrebbe. Paradossalmente abbiamo più dettagli sulla sua amicizia con Soren rispetto a quella coi membri attuali della squadra. I personaggi divisi dal Silver Team godono quasi di più attenzioni rispetto ai veri protagonisti, anche se una lancia può essere spezzata in favore di Kwan Ha. Per quanto uscita dal nulla, la sua implicazione con un personaggio ancora non mostrato è praticamente certa e quindi interessante da approfondire nella prossima stagione.
Il lato artistico è all’altezza
La qualità del doppiaggio è migliorata molto rispetto alla stagione precedente e unita alla performance degli attori originali forma un’accoppiata teoricamente vincente. Per fortuna, la scrittura imprecisa e in certi tratti troppo frettolosa non va a sminuire il loro lavoro, ma resta comunque un senso di incompiuto. Ci sono molti aspetti della storia di Halo che solo un giocatore o fan del titolo può intuire tra le trame di questa serie. Un perfetto neofita rischia invece di inciampare malamente nei vari buchi di trama peggiorati dal ritmo forsennato delle battute finali.
In confronto alla prima stagione di Halo, la qualità visiva globale cambia radicalmente. Scompaiono quasi del tutto le visuali POV dall’interno del casco, troppo in stile serie TV alla Power Rangers. Per non ricadere nello stesso errore, la seconda stagione ripensa a questo tipo di inquadratura sfruttandola solo per restituire un senso di ansia e claustrofobia. Il tutto è ben realizzato e in grado di far capire cosa potrebbe passare per la mente di un soldato vedendo i propri compagni sciolti dal plasma.
Anche la CGI sale di livello, eliminando quella sensazione di stacco tra grafica e realtà troppo facilmente percepibile nella prima stagione. La stessa Cortana passa da essere virtuale a “reale” grazie a una nuova attrice, Christina Bennington. Una scelta che può sembrare discutibile, ma a cui Bungie e, in seguito, 343 Industries avevano già abituato i videogiocatori.
A chi è dedicata la serie di Halo?
La seconda stagione di Halo, già visibile per intero su Paramount+, va vissuta con la consapevolezza che ci sono molte differenze con l’universo che abbiamo esplorato finora attraverso gli occhi di Master Chief. Per quanto i personaggi e i ruoli siano condivisi con la trama principale di Halo, i loro destini e comportamenti differiscono in più situazioni. La stessa esistenza di molti di loro è compromessa e, a questo punto, imprevedibile per il prosieguo della serie.
Il ritmo non è costante per tutti gli episodi e prende letteralmente il volo nella parte finale. È indubbio che siano necessari accorgimenti per adattare la narrazione core di Halo alla trasposizione in serie live action, ma è difficile non pensare che si potesse scegliere una gestione più efficace e dilazionata per gli eventi finali. Sembra tutto molto affrettato e senza quelle reazioni genuine dai personaggi che potremmo aspettarci dopo aver assistito a un’autentica apocalisse esplosa nel giro di qualche secondo.
Sono tutti elementi che avrebbero potuto caratterizzare l’inizio di una terza stagione e non la fine della seconda. Un piccolo cliffhanger sarebbe stata l’opzione più indicata. Per chi è quindi questa serie di Halo? Per un conoscitore di Halo che ha idea di cosa significhi tutto ciò che si è visto nel finale e che al tempo stesso sia aperto a nuove versioni dell’universo narrativo che ama. Un neofita invece potrebbe fraintendere determinate scelte narrative e cadere nell’errore pensando che sia tutto un pessimo clichè. Spoiler: non lo è, tutto ha un senso e speriamo che sia quella voce negli ultimi secondi della stagione a raccontarcelo in futuro.
La recensione in breve
La seconda stagione di Halo cade vittima della fretta, volendo trattare troppi temi centrali contemporaneamente. Il risultato è una serie di episodi inizialmente interessante e poi portata a termine superficialmente, anche se il lato artistico è godibile e al passo coi tempi. Per fortuna, le premesse della stagione successiva sono interessanti, proprio perché si basano su accadimenti e personaggi diversi rispetto alla trama principale dei videogiochi. Va visto con cognizione di causa per non rischiare di rimanere delusi.
-
Voto Game-eXperience