Il panorama videoludico è un mondo in costante cambiamento, una fonte di intrattenimento che deve ancora adattarsi al mondo in cui viviamo e che si estende di giorno in giorno ponendosi sempre di più all’apice dell’intrattenimento interattivo. Nel corso degli ultimi mesi abbiamo assistito a diversi episodi che hanno scosso le fondamenta di un sistema che ad oggi fa di tutto per rimanere fermo. Dopo la presa di posizione da parte di Bethesda per quanto riguarda le recensioni dei suoi titoli e le forti dichiarazioni di Take-Two nei confronti della stampa in occasione delle recensioni non sempre positive di Mafia III anche Square Enix / Kotch Media piazza il suo tassello in un puzzle che inizia a prendere una strana e mostruosa forma. Questo è uno di quegli speciali che rimane in cantiere per un po di tempo, per cercare di essere più chiari ed analitici possibili ma è arrivato il momento di fare chiarezza e di capire in che modo il mondo dei videogiochi sta cambiando, in peggio.
Le colpe della stampa
È giusto puntualizzare che non vogliamo puntare il dito contro nessuno, non siamo soliti salire sui piedistalli e proprio per questo ci teniamo a ribadire quanto l’espressione “colpa” nonè altro che uno strumento atto ad analizzare nel modo più scrupoloso possibile una situazione di causa-effetto che non condanna nessuno ma che coinvolge tutti.
Tutti coloro che, come il sottoscritto, erano soliti leggere le riviste videoludiche da bambini, ricorderanno sicuramente il modo in cui la stampa videoludica, compresa l’allora giovane e poco influente stampa italiana, trasmetteva i propri messaggi, sia come unica fonte di informazione che come giudice imparziale e severo che decretava a tutti gli effetti il successo o l’insuccesso di una produzione. Forse un potere troppo grande, sebbene ben gestito, nelle mani di un organo ancora troppo acerbo per poter sostenere delle responsabilità del genere. L’avvento di internet e dei social ha inferto però un duro colpo alla stampa cartacea, sopratutto quella videoludica che, dialogando con un pubblico sempre più tecnologicamente avanzato si è trovata costretta a ripiegare anch’essa sull”elettronico. Le colpe della stampa hanno inizio proprio nel momento in cui si scende a compromessi con l’industria e quando il redattore o il giornalista si sveste del suo ruolo di giudice imparziale per vestire i meno pregiati ma sicuramente più attraenti panni dell’influencer. Se in parte tale fenomeno permette di instaurare un rapporto più intimo e personale con i propri lettori, il ritorno di fiamma va a tradursi in un graduale “ammansirsi” di una figura reputata fino a pochi anni prima come metro di giudizio imparziale. Certo è difficile scherzare e ridere con un PR dopo che il suo gioco ha ricevuto una pesante bocciatura. Da li a modificare, seppur involontariamente, un sistema di valutazione che, nel bene o nel male, è rappresentato da una scala numerica che va da 1 a 10 il passo è molto corto.
Vogliamo evitare di scendere nei particolare di come la valutazione numerica sia in parte un ostacolo per un redattore e in un certo modo torneremo sul concetto più avanti ma ciò che è importante evidenziare in questo momento è il modo in cui la famosa scala da 1 a 10 abbia oggi assunto delle più mitigate vesti di scala da 7 a 10. Qualcuno più saggio di chi vi scrive direbbe che non tutte le produzioni Tripla A escono col buco e che sarebbe giusto “bastonare” quel titolo che non ha soddisfatto le enormi aspettative rimanendo imparziali di fronte all’hype e alle premesse di un titolo magari molto atteso e desiderato. Purtroppo non è così, quasi tutte le produzioni importanti hanno ormai una base minima di voti assicurati e, senza voler puntare il dito contro nessuno, il mondo sembra aver abbracciato quella distorta idea che vede come spazzatura tutto ciò che viene votato dal 7 in giù. È forse questa la più grande colpa della stampa, l’essere scesi a compromessi con i propri colleghi di lavoro, ovvero l’industria, per assicurarsi un futuro in questo mondo che, come Square Enix insegna, punisce tutti coloro che non si attengono a determinate regole.
Le colpe dell’industria
Sebbene la figura delle multinazionali che fanno parte dell’industria videoludica sia sempre dipinta come il grande cattivo che vuole i vostri soldi, è improduttivo dare tutte le colpe ad un’azienda che si limita a fare il proprio lavoro. Come molti di voi sapranno gli studi di sviluppo e i grandi publisher non vanno avanti a caramelle gommose e folletti magici ma, come tutte le aziende di qualsiasi settore hanno lo scopo di fatturare. Ci teniamo anche qui a precisare che questa non è una colpa, non c’è motivo di accusare qualcuno di fare bene il proprio lavoro, siamo qui per analizzare le implicazioni di un lavoro svolto con metodologie che non sempre risultano trasparenti.
Come accennato in apertura, la catena di eventi e dichiarazioni che si è susseguita in seguito alla presa di posizione di Bethesda circa le recensioni dei propri titoli, ha portato inevitabilmente ad eventi di simile natura. Il più grande disappunto nasce da Take-Two che ha espresso il suo astio nei confronti delle recensioni negative di Mafia, puntualizzando come IGN e Forbes abbiano comunque promosso il titolo di Lincoln Clay (trovate la recensione di Forbes dopo l’articolo sulle conseguenze del No al referendum, ndr ) mentre molte altre testate videoludiche internazionali abbiano riservato un tiepido benvenuto al terzo capitolo della serie Mafia, non mancando ovviamente di puntualizzare quanto il gioco sia bello e quanto abbia venduto.
La dichiarazione più forte arriva però quando il CEO di Take-Two inizia a parlare di Metacritic, dichiarando che se il famoso portale avesse meno incidenza sui dati di vendita sarebbe un bene in quanto il successo di un titolo sarebbe nelle mani del marketing di chi lo promuove. Dietro ad una dichiarazione del genere si nasconde forse la più grande bomba ad orologeria che un giorno o l’altro colpirà questo meraviglioso mondo:
“And frankly, if it ( metacritic ) mattered less , that would be a good thing for us. It’s put more efficiency on the need to tell the story ourselves, and put more value in our marketing. “
La parola che più fa paura è Marketing, si parla di mero Marketing. Non si parla di qualità oggettiva o di profondità di un videogioco, si parla di veicolare un messaggio tramite un’influenza puramente commerciale che mette dunque in secondo piano la pura qualità di un gioco a favore di un’efficace campagna pubblicitaria. Non vogliamo parlare di disonestà, vogliamo parlare di trasparenza, di umiltà e di correttezza. La colpa dell’industria si riassume proprio in questo concetto, non si tratta di inseguire il guadagno, si tratta di pretenderlo tramite mezzi che non prendono in considerazione il valore oggettivo di una produzione e il giudizio della stampa di settore affidandosi spesso a influencer e, in alcuni casi Youtubers, che non si limitano a fare pubblicità ma a far confluire le masse per mezzo di un messaggio volutamente distorto che non sempre risulta trasparente.
Siamo dell’opinione che se parte dei fondi riservati al marketing di un titolo, che spesso raggiungono anche cifre a sei zeri, fossero destinati allo sviluppo del titolo stesso allora non ci sarebbe bisogno di pubblicizzare un titolo più del dovuto e tantomeno di assumere influencer o figure di spicco per promuovere qualcosa di qualità.
Le colpe dell’utenza
In questa diatriba che coinvolge stampa di settore e industria videoludica, il collante che tiene insieme la “baracca” è sempre l’utenza. L’espansione di massa del bacino di utenza rilevato negli ultimi anni ha assunto un ruolo chiave nell’evoluzione del panorama videoludico. Analizzare l’utenza da un punto di vista sociologico è un’operazione troppo impegnativa e, francamente, non abbiamo le competenze per farlo. Quello che possiamo fare è analizzare il fenomeno di massa attraverso i risultati e le abitudini di un pubblico che cresce ogni giorno di più. Le colpe, spesso involontarie, dell’utenza risiedono nelle reazioni che il pubblico manifesta nei confronti del lavoro dell’industria videoludica e della stampa specializzata in relazione all’impatto di determinate produzioni sul panorama videoludico. Come accennato nel primo paragrafo di questo speciale, la valutazione numerica di un titolo rappresenta uno degli elementi che più influenzano la considerazione non solo dell’opera in questione ma anche di chi la valuta. L’utenza è ormai abituata a vedere i voti inferiori al 7 come monito per un gioco da evitare oppure, se il titolo in questione incontra i gusti dell’utente stesso, come monito per un redattore o un sito da evitare. L’errore più grande che si può commettere è quello di conferire al voto numerico un’importanza superiore a quella che effettivamente il voto rappresenta mancando spesso e volentieri di leggere le ragioni dietro ad un voto basso dato ad un titolo molto atteso, marchiando il redattore o il sito in questione come incompetente. L’utenza non ha voglia di leggere e l’industria l’ha capito molto bene mettendo sotto i riflettori le “anomalie” di metacritic a discapito dei contenuti delle varie recensioni pubblicate. La colpa dell’utenza che, in quanto massa è difficile da individuare, sta nella presunzione di poter attibuire una valutazione oggettiva non solo al gioco ma anche al professionista che lo valuta, una presunzione che nasce principalmente da una perdità di fiducia causata dalle colpe della stampa che abbiamo esposto poco prima.
Anche in questo caso, forse più degli altri, è praticamente impossibile dare la colpa a qualcuno, non si può puntare il dito contro una massa ed è altrettanto sbagliato fare di tutta l’erba un fascio. L’analisi che stiamo portando avanti fa emergere una critica mirata alla rriluttanza dell’utenza nei confronti di coloro che, almeno in teoria, dovrebbero essere dei giudici imparziali che veicolano l’informazione facendo si che la professionalità di persone che non solo hanno studiato ma hanno anche investito il loro tempo e le loro risorse nel settore venga messsa in discussione.
Siamo di fronte dunque al classico cane che si morde la coda, un circolo vizioso di cause e conseguenze che non individua un solo colpevole ma mette in evidenza le carenze di tutti i settori che coinvolgono la diffusione di un media importante come quello dei videogiochi. Il tempo ha giocato le sue carte in modo distorto lasciando emergere, in alcuni casi, la parte più oscura di una medaglia che non ha due ma ben tre faccie che si confrontano costantemente tra loro e che spesso e volentieri perdono tempo puntando il dito l’uno verso gli altri senza avere il coraggio o la determinazione di cambiare e di impegnarsi per far si che un mondo così bello e variegato prosperi in tutta la sua magnificenza.