Se devo riportare alla mente un gioco che più di tutti mi ha fatto innamorare del media e al tempo stesso ha influenzato profondamente le mie passioni, la scelta ricadrebbe senza esclusione su Baldur’s Gate 2. Il titolo di Black Isle che ad oggi rimane una delle perle rare dei cRPG (insieme a Planescape Torment), ha avuto un erede spirituale gli scorsi anno con l’arrivo di Pillars of Eternity, titolo realizzato in crowfounding da Obsidian e che come un fulmine a ciel sereno scosse il panorama dei giochi di ruolo. Il fascino delle atmosfere vintage, unito ad una resa grafica in linea con i tempi resero il gioco un eccezionale successo sia di critica che di pubblico, tanto da rendere scontato l’arrivo di un seguito. Per questo, dopo aver spolpato il gioco per innumerevoli ore, possiamo finalmente parlarvi di Pillars of Eternity 2 Deadfire, seguito diretto del primo episodio e attesissimo dai fan di mezzo mondo.
Emissari della Morte
La storia di Deadfire è ambientata dopo le vicende del primo capitolo, precisamente anni dopo la sconfitta di Thaos e l’infernale discesa di Caed Nua. Riprenderemo i panni dell’Osservatore, membro di un’antica stirpe di guardiani, stavolta alle prese con l’avvento di Eothas, dio della luce e della rinascita, che una volta risvegliatosi ha seminato caos e distruzione per tutta Eora. A seguito di eventi drammatici, ci ritroveremo come emissari del dio della morte Berath per tentate di salvare il mondo nella spirale di distruzione nella quale sta piombando. La novità principale del gioco riguarda proprio il cambio radicale di setting, in favore di un contesto marittimo nel quale ci ritroveremo ad esplorare l’arcipelago di Mortafiamma a bordo della nostra nave Sprezzante, incontrando culture e civiltà diverse, tutte con i propri ideali e motivazioni. Se da un lato questa scelta può essere interessante in termini di varietà, dall’altra siamo di fronte ad un quantitativo enorme di variabili, dove le scelte dei singoli andranno ad influenzare il singolo contesto e non la totalità. Se infatti nel primo episodio c’era più la percezione di far parte di un mondo vasto ma strutturato, qui ogni isola è un microcosmo a parte, e l’interazione inizia e finisce con la nostra visita. Il risultato è quindi una frammentazione della storia principale, dalla durata di una trentina di ore, in cui non si ha mai la sensazione di pericolo imminente o di legame con qualcosa di superiore. Siamo comunque coinvolti in una trama discreta, abbastanza classica e godibile.
Il dark souls dei Baldur’s Gate dei cRPG
Deadfire ripropone in toto le stesse identiche meccaniche del predecessore, già viste nei cRPG passati, dove i combattimenti esaltano la strategia di gruppo e le abilità del singolo tra pausa tattica e tempo reale. La novità principale è la riduzione del numero di personaggi in party, da sei a cinque, e l’introduzione della meccanica di cambio target anche durante il lancio di magie o abilità. Questo permette di ovviare finalmente al problema del mancato target che affliggeva il primo episodio, con il pericolo di lanciare magie di cura o d’attacco su personaggi già sconfitti. Peccato però che l’innovazione non abbia toccato anche il problema più scottate del gioco, ovvero la gestione dei combattimenti. Pillars of Eternity è un gioco difficile, dove ogni singolo combattimento deve essere pensato e ragionato, pena la distruzione inevitabile del party. Se da un lato questo può fare la gioia dei giocatori veterani, dall’altro la curva di difficoltà più ripida del solito gioca nettamente a sfavore del gioco, dove nuovamente i combattimenti contro più di quattro nemici risultano praticamente impossibili e l’IA alleata non aiuta per niente. È stato ovviato il problema con l’introduzione di una serie di pattern comportamentali per gli alleati, che seguono strategie d’attacco e supporto predefinite, ma non è possibile rendere automatica la gestione dei consumabili, come le pozioni di cura ad esempio, costringendovi di volta in volta a pianificare ogni singola mossa. Di nuovo, il problema non è la difficoltà del gioco, ma come questa viene gestita in rapporto all’evoluzione dei personaggi.
Finché la barca va
La vera protagonista del gioco tuttavia è la nostra nave, La Sprezzante, vera e propria alleata dell’Osservatore. Gestire la nave sarà una delle parti più divertenti del gioco, tra personalizzare gli armamenti, dare ordini all’equipaggio e altre attività collaterali, tutte finalizzate allo spostamento tra i vari isolotti del gioco. Tuttavia dopo le prime ore il ripetere sempre gli stessi spostamenti, con la possibilità di venire attaccati randomicamente lascerà il posto alla noia, dato che ci ritroveremo ad eseguire sempre gli stessi comandi con il pericolo di incappare in combattimenti spropositati. Per il resto, Deadfire rimane comunque un titolo vastissimo dal grande carisma, con tantissime attività secondarie, dungeon da esplorare e decine e decine di linee di dialogo da leggere, tutte finalmente doppiate in italiano. Anche il sistema di gestione dei compagni è cambiato per assomigliare a quello visto nella serie Baldur’s Gate, dove personaggi contrari alle vostre scelte morali potranno lasciare il party o addirittura attaccarvi.
Per quanto riguarda la componente tecnica, Deadfire ripropone il misto tra classico e moderno già visto nel predecessore, con paesaggi incredibili ed una cura nel dettaglio davvero maniacale. Non nascondiamo la presenza di alcuni bug e glitch grafici, ma nulla che non si possa risolvere con una patch correttiva. Se dovessimo cercare il pelo nell’uovo, diremmo che dal punto di vista del level design alcune aree ci sono sembrate nettamente inferiori ad altre, ma vorrebbe dire essere particolarmente critici con la creatura di Obsidian.
PRO:
- Un buon seguito del primo capitolo
- Artisticamente di rilievo
- Nuove interessanti introduzioni come la gestione della nave
- Longevo e rigiocabile
CONTRO:
- Combattimenti ancora troppo ostici
- Alla lunga lievemente ripetitivo
- Per certi versi dispersivo
Versione testata: PC
Voto: 8