Sword of the Necromancer è un roguelike sviluppato dal team spagnolo Grimorio of Games. Negli ultimi anni la moda per i roguelike è inarrestabile, tanto da essere presenti in tutte le piattaforme e modificato per tutti i formati. Un genere che oggettivamente qualche anno fa era piuttosto marginale che è arrivato a catturare l’interesse degli sviluppatori, soprattutto degli studi indipendenti. Era, quindi, inevitabile trovarci in un situazione in piena saturazione del genere, in cui è sempre più difficile non cadere nei soliti clichè. In Sword of the Necromancer, purtroppo, a livello di gameplay è in linea con tanti giochi del genere, un vero peccato visto la scelta della trama, ma soprattutto delle protagoniste per nulla scontato. Per approfondire qui di seguito la nostra recensione.
Taima e Koko
Prima di approfondire le meccaniche del gioco, è bene soffermarci sulla trama , oltre che sulla sua protagonista: Tama. In Sword of the Necromancer assumeremo il ruolo di Tama, una ragazza dura che accetta di assumere il ruolo di guardia del corpo della principessa Koko. Tramite una cut scene, apprendiamo che tra Taima e Koko nasce l’amore, ma quest’ultima perde la vita nel corso di una missione. E proprio qui inizia la nostra odissea, altro non è che cercare di riportare indietro l’anima per l’appunto di Koko. Dovremo per questo attraversare dungeon infestati da mostri di ogni tipo, cosa che abbiamo già fatto fino all’esaurimento in numerosi titoli dello stesso genere.
La loro relazione viene raccontata attraverso flashback mentre avanzeremo nel gioco, ogni singolo aspetto della loro storia , dal loro primo incontro, all’inizio del viaggio, il tutto, però, risulta goffo e poco coinvolgente, ma allo stesso tempo è difficile non fare il tifo per Tama e Koko, anche quando sono legati agli archetipi stanchi, per questo il tutto, a livello di trama risulta essere parzialmente, un’occasione persa.
Roguelike e resurrezioni
In Sword of the Necromancer affronteremo, come abbiamo detto precedentemente, un’avventura in stile roguelike e dungeon crawling che ci incoraggia a passare attraverso un buon numero di dungeon generati in modo casuale e che rimangono nell’oscurità fino a quando non li esploriamo. Il titolo è composto da cinque piani di sotterranei, con un massimo di dieci stanze generate casualmente e l’obiettivo è trovare la chiave per raggiungere il boss, sconfiggerlo e poi passare al piano successivo. La morte nel corso dei livelli implica la perdita di tutti gli oggetti che avremo raccolto e metà dell’esperienza (puoi, tuttavia, disattivare queste funzioni se muori tre volte), e inoltre dovremo iniziare dal primo piano. Puoi lasciare il dungeon senza perdere progressi trovando una corda di fuga o trovando un portale verde nel dungeon, è quindi possibile utilizzare l’hub per archiviare gli elementi preferiti che si ritiene possano tornare utili in un secondo momento.
Questi elementi roguelike non sono una novità, ma c’è una elemento interessante unica che fa risaltare Sword of the Necromancer. Usando la spada principale, Tama può resuscitare qualsiasi mostro sconfitto e reclutarlo per combattere al suo fianco. All’inizio è entusiasmante per il livello di strategia raggiunto dal gioco: reclutare un mostro per eliminare i nemici, consente di esplorare il livello senza preoccuparci dei nemici. L’idea di avere alcune creature che combatto al ostro fianco aumenta le possibilità di creare combinazioni di squadre complementari rispetto alle armi a nostra disposizione.
Ma non avremo mai davvero la possibilità di sperimentare, dato che potremo portare solo quattro oggetti. Gli “oggetti” includono armi, pozioni, equipaggiamento e persino mostri, e questi sono tutti visibili su schermo. In realtà, puoi trasportare solo tre oggetti perché l’omonima spada occupa uno slot. Ciò significa che se trovi un’arma o un oggetto che ti piace l’aspetto, ma tutti i tuoi slot sono pieni, devi scartare una cosa e perderla per sempre. Potrebbe essere un mostro che hai fatto salire di livello o una pozione curativa di cui potresti aver bisogno per il boss. Questa limitazione rende la meccanica unica del gioco invadente e come se fosse scoraggiata. Non aiuta il fatto che, non importa quali mostri recluti, la loro intelligenza artificiale non è eccezionale e spesso vagano senza meta per lo schermo a meno che non ci sia un mostro in vista, o vengono colpiti perché sono impegnati ad attaccare qualcos’altro.
Pixel Art
Anche se questo titolo richiede meno di 20 ore per essere completato, è inevitabile che l’entusiasmo di spenga molte ore prima vista che il gioco dopo poco risulta essere tutto uguale. La varietà dei mostri non migliora fino al quarto o al quinto piano e i boss hanno un livello di difficoltà molto basso. Nello specifico ogni piano sembra visivamente quasi identico, con un semplice scambio di tavolozza dei colori e alcune variazioni extra della stanza, lo stesso vale anche per le armi estremamente simili e il danno prodotto sulla maggior parte non varia molto. Poiché sta diventando anche una norma troppo comune, il titolo è totalmente realizzato in pixel art, ma nulla di visivamente esaltante: il risultato è esteticamente blando e poco entusiasmante. La sezione sonora è alquanto superiore, e melodie meramente ambient che accompagnano bene l’azione.
Versioni disponibili: PC, Xbox Series X/S, PS5, Switch, Xbox One, PS4
Versione provata: Switch
La recensione in breve
Sword of the Necromancer è un titolo in stile roguelike (e dei dungeon crawler) che cerca di offrire un'idea più o meno accattivante su cui ruota il titolo, che altro non è che il fatto di poter evocare creature cadute per combattere al nostro fianco. Tuttavia, non è la prima volta che è possibile combattere al fianco di mostri che usiamo come alleati, e ancor meno finisce per iniettare un po'di freschezza in uno stile troppo visto negli ultimi tempi. La trama è la scelta delle protagonista poteva essere la vera novità e punto forte del gioco, ma il tutto non viene sfruttato dando costantemente l'idea di una occasione persa.
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Voto Game-Experience