Dopo lo scoppiettante reveal da parte di Ubisoft del nuovo attesissimo capitolo della saga di Assassin’s Creed, il web è stato, come da copione, assalito dalle più disparate reazioni del pubblico. Se in tanti hanno espresso il proprio stupore e la propria gioia per questo primo assaggio di Assassin’s Creed: Valhalla, un cospicuo numero di utenti della rete hanno invece storto il naso, muovendo critiche, alcune costruttive e altre meno, facendo leva su alcune presunte criticità del titolo Ubisoft. L’aspetto che ha destato più critiche è stato sicuramente il setup del gioco, ovvero quello vichingo, ritenuto fin troppo derivato se non addirittura “copiato” da altri titoli del recente passato, tra i quali spicca l’acclamato God Of War, uscito per PlayStation 4 nel 2018 e anch’esso incentrato sulla mitologia norrena. E’ possibile quindi che queste critiche mosse dal grande pubblico possano avere un fondo di verità? Abbiamo voluto analizzare le informazioni finora diffuse su Assassin’s Creed Valhalla per capire se Ubisoft possa in qualche modo aver copiato o anche solo tratto ispirazione dalle avventure di Kratos e Atreus.
A spasso nel tempo con l’Ordine degli Assassini
A meno che non siate rimasti congelati negli ultimi 12 anni, saprete anche voi certamente che la serie di Assassin’s Creed ha esplorato nel corso dei vari capitoli diverse epoche e luoghi che hanno caratterizzato la storia dell’uomo in maniera parzialmente verosimile. La storia di Assassin’s Creed, infatti, si scinde tra presente e passato, fra l’Animus, una macchina che serve a ripercorrere la memoria genetica di un soggetto umano per poi proiettarla su di uno schermo tridimensionale, e le memorie stesse di vari soggetti esaminati, i cui discendenti furono membri dell’antichissimo Ordine degli Assassini. Ogni capitolo della serie si focalizza quindi su di un determinato luogo in un preciso periodo storico, narrando le vicende di uno dei tanti assassini che hanno assunto tale ruolo in passato. Nel corso della serie abbiamo potuto giocare in diversi contesti e periodi storici, dall’Italia del Rinascimento nei primi due Assassin’s Creed, alla Rivoluzione Americana in AC III, dalle scorribande piratesche del 18° secolo di AC IV: Black Flag fino alla Rivoluzione Francese di AC: Unity, per poi fare un enorme salto indietro nel tempo con AC: Origins prima (antico Egitto) e AC: Oddisey poi (antica Grecia). Dovendo fare una sorta di “celo – manca” le probabilità che la serie avesse toccato prima o poi il tema vichingo erano piuttosto alte. Alternativamente sono stati presi in considerazione altri contesti poi scartati in fase di progettazione del titolo, quali l’Antica Roma e il Giappone Feudale. Se così fosse stato, soprattutto per quest’ultimo, siamo piuttosto certi che, tenendo conto di titoli recenti come NiOh 2, Sekiro o l’imminente Ghost of Tsushima, il polverone sarebbe stato ben peggiore.
AC: Valhallha e God of War, lo stesso gioco?
La vittima designata di questo presunto plagio denunciato dai fan sarebbe quindi l’ultimo God Of War sviluppato dai Santa Monica Studio e uscito ormai due anni fa in esclusiva PS4. Il titolo narra le gesta del buon vecchio Kratos che, compiuta la carneficina di Divinità nel Pantheon greco, decide di spostarsi un po’ più a nord per fare visita a Odino e compagnia bella, questa volta accompagnato dal figlio Atreus. Come da tradizione della serie di God Of War, gran parte della trama si svolge soprattutto nel mondo ultraterreno degli Dei, qui rappresentati con fattezze umanoidi e dai poteri devastanti, in una sorta di universo fantasy che rivisita le mitologie di quell’epoca. In sostanza in God Of War, di vichinghi, non se ne vede nemmeno uno. Diverso il discorso per Assassin’s Creed: Valhalla, ambientato invece in un luogo e in un periodo storico realmente esistito, l’Inghilterra del IX secolo. Il gioco, infatti, riprenderà l’invasione vichinga sul suolo allora governato da Alfredo il Grande e vedrà, tra le varie location, la presenza di Londra, Winchester, York e alcuni territori della Norvegia. In questo caso avremo quindi a che fare con dei vichinghi veri e propri, quei guerrieri norreni simbolo della Scandinavia e della Danimarca nel periodo intercorso fra l’ottavo e l’undicesimo secolo. Interrogato sulla questione circa le presunte similitudini fra questo nuovo Assassin’s Creed e il suo gioco, Cory Balrog, autore della trama di God Of War, ha così risposto alle critiche mosse dal pubblico nei confronti del titolo Ubisoft chiudendo di fatto in modo quasi definitivo la questione:
“Nessuno dovrebbe preoccuparsene. I miti sono in circolazione da parecchio tempo e continueranno ad esistere anche nelle epoche a venire, costituendo così un pozzo infinito a cui i creativi potranno attingere nel tempo. A patto che – parafrasando Odino – siano disposti a sacrificare un occhio per la conoscenza”
Plagio o tributo?
Il fenomeno dei plagi e dei cloni all’interno del mondo dei videogames è diffusissimo e questo non sembra essere (almeno non per quanto rivelato finora) il caso di Assassin’s Creed: Valhalla. La storia riporta numerosissimi casi più o meno eclatanti di cloni di classici del videogame fin dalla prima epoca della loro diffusione. Se lo stesso Pong contava già all’epoca numerosissimi emuli, il primo caso divenuto celebre di scopiazzatura fu quello di Giana Sisters, clone in chiave femminile di Super Mario Bros. uscito nel 1987 per diverse piattaforme. Il gioco si presentava infatti come un’esatta copia del celebre platform Nintendo, tranne che per qualche modifica ai dettagli degli sprites di protagonisti e nemici. Nintendo intentò (e vinse) una causa con Rainbow Arts, sviluppatrice tedesca del gioco, che fu così costretta a rimuovere lo stesso dal mercato a pochi mesi dall’uscita. Le sorelle Giana sono poi tornate nel 2012, a distanza di 25 anni, con Giana Sisters: Twisted Dreams di Black Forest Games, un titolo del tutto inedito (e pienamente legale) con protagoniste le stesse beniamine del gioco oggetto di scandalo. Ma quando si può parlare di similitudini e quando invece si tratta di plagio? Se, per esempio, immagini, loghi, nomi e musiche sono tutti fattori ampiamente tutelabili dal copyright, diverso è il discorso per la componente gameplay. Per questo motivo, soprattutto nel mercato mobile, esistono tonnellate di cloni dei giochi più in voga del momento. Ci sono invece meccaniche ed elementi di gameplay divenuti degli standard nel corso dei decenni, alcune delle quali non hanno una precisa origine e sono tutt’ora oggetto di dibattito come, per esempio, l’utilizzo WASD per il movimento negli FPS su PC, per alcuni riconducibile a Quake. Fortunatamente ci sono casi in cui l’imitazione viene confermata anche dagli stessi sviluppatori, come successo con Star Wars: Jedi Fallen Order, titolo ambientato nell’universo creato da Geroge Lucas con evidentissimi punti in comune con Sekiro: Shadows Die Twice, come confermato dallo stesso Stig Asmussen, game director del gioco:
“Sono un grande fan di From Software fin dai tempi di King’s Field. King’s Field II è uno dei miei giochi preferiti in assoluto. Non è solo una questione di apprezzare un gioco e provare a ricrearlo, ma piuttosto capire cosa possiamo imparare riguardo al divertimento e all’esperienza che può offrire.”
Insomma, così come nel mondo della musica, anche in quello dei videogame ci sono casi di somiglianze più o meno evidente che fanno tanto scalpore tra il pubblico, ma che non smuovono più di tanto le parti coinvolte che invece, con un pizzico di fairplay e spirito cameratesco da colleghi, riescono spesso a rivelarsi più super partes di noi giocatori.