L’avvento dell’ultima generazione di console e la relativa mid-gen sviluppatasi negli ultimi anni ha aperto le porte ad una consapevolezza maggiore, seppur sfruttata in termini di puro marketing, nei confronti di quelle che sono le prestazioni tecniche dei videogiochi. Dal resolution-gate all’avvento del 4K prima upscalato e poi nativo, il giocatore medio si affida sempre di più alle caratteristiche tecniche che muovono un videogioco, sia esso per PC o per Console. Troppo spesso si fa affidamento sulla risoluzione come unico parametro di valutazione nei confronti di una produzione, dimenticando l’enormità di funzionalità e valori da tenere in considerazione che possono davvero cambiare la nostra esperienza di gioco. Oggi parliamo del frame-rate e di quanto sia effettivamente importante ai fini di un’esperienza di gioco ben precisa.
Quello dei videogiochi è sempre stato un mondo a cavallo tra l’arte e la tecnologia. L’utilizzo di espedienti informatici che nascono dalla più pura programmazione ( o coding, ndr ) alla stesura di veri e propri colossal narrativi hanno da sempre creato un intreccio magico capace di stupire e meravigliare grandi e piccini. I giocatori più datati, parliamo dai 40 anni in su, ricorderanno il primo impatto con i videogiochi, un impatto decisamente diverso che, al giorno d’oggi, non divertirebbe più di tanto, perché? Perché ci si evolve.
Considerata universalmente una vera e propria forma d’arte, il videogioco è comunque un medium molto giovane se paragonato al cinema o, meglio ancora, alla letteratura, esso è dunque in costante e piena evoluzione. Il cambiamento costante e inarrestabile è frutto però non soltanto della giovane età del medium trattato ma anche e soprattutto della sua natura legata a doppio filo con il progresso tecnologico. I sistemi a 64-Bit hanno aperto per esempio le porte a videogiochi più complessi e profondi ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza lo stesso progresso in campo informatico. Raggiungere nuovi traguardi ed impostare nuovi standard è dunque un avvenimento comune nel mondo dei videogiochi sin dalla loro nascita e la ricerca pioneristica di sistemi di intrattenimento sempre più complessi ed interazioni più profonde hanno fatto si che ci si evolvesse da Pong a quelli che sono i videogiochi come li conosciamo oggi.
Non è dunque il caso di sfoderare il populismo da bar con frasi del tipo “basta che un videogioco sia divertente per essere bello” in quanto gran parte del divertimento generato da un videogioco deriva probabilmente da una serie di standard rispettati per garantire un’esperienza di gioco fruibile al pubblico capace di intrattenere e dunque divertire. Un esempio azzeccato potrebbe essere quello di Diablo, il titolo Blizzard è stato infatti il primo ad introdurre una mini-mappa visibile a schermo nell’HUD laddove prima non era mai stato concepito, da quel momento in poi per i giocatori è normale trovare la mini-mappa in un angolo dell’HUD, definendo così uno standard in termini di game design.
Qual è dunque l’importanza di un elemento come il frame-rate all’interno dell’economia di un videogioco?
Molti diranno che non importa a quanti FPS vada un titolo, l’importante è che sia divertente ed accattivante eppure è chiaro come una determinata gamma di generi dipenda letteralmente dal numero di frame al secondo. Se pensiamo a titoli come Doom, Quake:Champions, Rocket League, Tekken 7, salta subito all’occhio quanto la fluidità e la velocità di azione riescano ad impattare sull’esperienza complessiva del titolo, aprendo una finestra immensa di azioni e reazioni possibili soprattutto in campo esport. Il frame-rate costituisce dunque una grossa porzione di quello che è il divertimento finale dell’utente andando a regolare non soltanto la stabilità nel refresh dell’immagine ma anche la sua fluidità e la conseguente velocità dell’azione. Avere a disposizione non i classici 30 fotogrammi ma il doppio per ogni secondo ci permette di compiere il doppio delle azioni in quella che oggi sarebbe soltanto una fastidiosa sensazione di input lag. I 60 FPS rappresentano dunque uno standard quasi obbligatorio per titoli di generi ben specifici come i picchiaduro, gli FPS ed i Racing Game. Oggi ci si avvicina sempre di più a standard ben più alti con l’avvento di monitor a 144Hz che, pur non essendo pienamente sfruttabili, garantiscono un’esperienza ancora più fluida e reattiva. Immaginate di giocare un titolo frenetico come Titanfall a 30FPS, gran parte dell’adrenalina generata dalla velocità del gioco andrebbe persa e l’azione di dilaterebbe rallentando il corso delle partite e allontanandosi radicalmente dal suo concept originale. Così come Titanfall, sono molti i titoli che affidano gran parte della loro offerta videoludica alla fluidità. Altri titoli invece, come Gears of War, si adattano al corso delle generazioni ed ampliano la loro offerta, basti pensare al concetto di Wall-Bouncing nel 2006 con il primo Gears of War e paragonarlo con la velocità fuori di testa di Gears of War 4 o Gears of War: Ultimate Edition.
L’errore più comune da parte degli utenti è quella di pensare che il raggiungimento dei 60FPS sia una prerogativa dei giochi su PC, bisogna però ricordare che Call of Duty: Modern Warfare adottava già questo tipo di tecnologia nel lontano 2007 anche su Xbox 360 e Playstation 3 accompagnato da una vasta gamma di titoli come Rage, Forza Motorsport, Devil May Cry, Bayonetta e tanti altri. Non si tratta dunque della scoperta dell’acqua calda ma di una scelta consapevole capace di cambiare in modo radicale l’esperienza di gioco e dunque il divertimento finale dell’utente. Inutile dire che la velocità di Devil May Cry è fondamentale al fine della natura stessa del gioco e che le combo sarebbero semplicemente irrealizzabili giocando a 30FPS. Se siete curiosi di sperimentare quanto sia importante il frame-rate nei videogiochi odierni, è possibile provare a confrontare gli stessi titoli su piattaforme diverse con frame-rate differenti. Doom su Nintendo Switch è un esempio lampante di come il frame-rate impatti sull’esperienza finale, lo stesso discorso vale per PUBG su Xbox One e Destiny 2 su console. Provare lo stesso titolo prima a 30 e poi a 60 FPS è il modo migliore per capire e tastare con mano quella che è a tutti gli effetti una differenza abissale che impatta non tanto sulla “bellezza” del gioco quanto sulla sua stessa funzionalità e lo fa molto più di quanto possa farlo Risoluzione e Anti-Aliasing.
Certo esistono titoli e generi immuni a questa “regola”, titoli che si rivelano perfettamente godibili sia a 30 che a 60FPS, basti pensare a giochi come Assassin’s Creed, Uncharted, The Witcher. Titoli che, nonostante il frame-rate bloccato a 30FPS su console riescono comunque a divertire in egual modo a prescindere dal frame-rate. I GdR, gli Adventure e gran parte delle esperienze single player che non siano puramente action non risentono in modo pesante dell’assenza dei 60 FPS sebbene questa, almeno in questo caso, serva semplicemente a rendere il mondo più “vivo” agli occhi del giocatore. Di certo Uncharted 4 non sarà un titolo meno spettacolare se l’erba non dondola a 60FPS e i dialoghi di The Witcher 3 non saranno meno interessanti se Rutilia non galoppa in modo più fluido, resta il fatto che, in casi come questi, il frame-rate costituisce una parte marginale ma comunque importante almeno in termini di stabilità per garantire una buona esperienza di gioco.
Come spesso accade anche e soprattutto al di fuori del contesto videoludico, si commette l’errore di dare per scontato elementi che invece sono frutto di un’evoluzione molto importante, rendendosi conto dell’importanza di elementi come il frame-rate soltanto quando questi viene a mancare. Il frame-rate costituisce dunque una parte molto importante nell’economia di un videogioco e, in certi casi, si rivela essere addirittura fondamentale per garantire il divertimento finale dell’utente.